sabato 23 gennaio 2010

La politica e la giustizia


di Ferdinando Imposimato [22/01/2010]

Il processo breve è solo l'inizio di un'ondata di leggi personali che ci travolgerà senza rimedi. Ovviamente varata in una situazione di conflitto di interessi tra il bene privato perseguito dal premier e il bene pubblico alla legalità e al ristoro dei danni di milioni di cittadini, che vedranno vanificate le loro attese di giustizia. Una legge che salva i governanti e i politici dai reati contabili: una legge che non abbassa le tasse, non provvede al reddito sociale, ma rinuncia a 500 milioni di euro dovuti da politici e amministratori responsabili di reati contabili. La legge avvantaggia i delinquenti più pericolosi e punisce i più deboli. Ledendo il principio di legalità (art 25 Cost) e di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art 3 Cost). Con il pretesto di abbreviare i tempi del processo, la legge crea una specie di impunità per i responsabili di delitti gravissimi. Siccome per quasi tutti i reati di corruzione e le truffe colossali in danno dei risparmiatori, e gli omicidi colposi,- i bond Cirio e i titoli argentini, con miliardi di euro bruciati, le bancarotte, il riciclaggio e il falso in bilancio-, le istruttorie dibattimentali sono lunghe e complesse coinvolgendo paesi stranieri i due anni di un grado del processo saranno sempre superati. E si estingueranno i processi per corruzione contro il premier. E le frodi Parmalat e Cirio contro squali della finanza e politici corrotti. Non solo. Saranno prescritti gli omicidi colposi commessi da criminali imprenditori ai danni di migliaia di operai morti per amianto (Eternit) o violazione delle norme sulla sicurezza (Thyssen). Per colmo dei colmi, non beneficeranno della legge gli immigrati clandestini e i recidivi; sicchè i condannati per un furto al supermercato saranno processati e puniti, mentre corrotti e corruttori, peculatori di pubblico denaro per milioni di euro, speculatori selvaggi, devastatori dell'ambiente e truffatori internazionali si salveranno. E continueranno a delinquere. Mentre non si prevede nulla fare funzionare la giustizia; non si prevede di assicurare personale mezzi e risorse per garantire che i processi siano portati a termine, e consentire allo Stato di recuperare ingenti risorse alla mafia e alla corruzione per destinarle e fini sociali. Ma si farà in modo che le ricchezze depredate allo Stato e ai cittadini restino nelle mani dei criminali e dei loro protettori. Qui i processi non saranno giusti; non ci saranno per nulla, perchè si estingueranno in breve tempo. Ma qui bisogna ricordare ciò che dicevano alcuni grandi dell'antichità rispetto alla crisi della legalità e della giustizia, che sembra non interessare gli italiani.

Molti cittadini pensano che ciò che accade non li riguardi; che sia in corso un duello tra il premier e i giudici. I media alimentano questa menzogna spudorata, facendo credere che il premier è perseguitato da magistrati faziosi. Non è così: il conflitto è tra la democrazia e la tirannide bianca. Che si serve dello scudo della maggioranza, asservita al premier. Ma restare assenti e inerti è un errore. La battaglia ancora una volta riguarda la nostra libertà e lo stato di diritto . Che per alcuni non esiste ed è un involucro vuoto.

Smith diceva che "talora l'interesse del governo e l'interesse di particolari gruppi di uomini che tiranneggiano il governo, fanno allontanare le leggi positive di un paese da ciò che la giustizia naturale prescriverebbe". Nessuna società- diceva Adam Smith, il padre dell'economia classica- può esistere senza la giustizia, intesa come applicazione della legge positiva secondo i principi di eguaglianza e di legalità. La beneficenza per Smith è meno essenziale della giustizia alla esistenza della società. "La società può esistere senza beneficenza, pur non nello stato più confortevole: ma il prevalere dell'ingiustizia la distrugge totalmente". E noi stiamo andando verso l'autodistruzione. Secondo Smith la beneficenza è l'ornamento che abbellisce l'edificio, non il fondamento che lo sostiene. La giustizia, invece, è il principale pilastro che sorregge l'intero edificio della società. Se viene rimosso il pilastro giustizia, la società umana in un attimo si sgretolerà in singoli atomi. La società non può esistere se le leggi della giustizia non vengono osservate a sufficienza. L'ingiustizia tende necessariamente a distruggere la società. Noi siamo in questa fase che ci può portare verso la disgregazione e la richiesta di un “uomo forte” che ristabilisca l'ordine pubblico e la legalità , ma di marca fascista.

La legge sul processo breve è coerente con una politica criminogena fondata sulla depenalizzazione dei falsi dei bilanci, sulla legittimazione dei fondi neri, sui condoni , sulle evasioni fiscali, sulla legge ex Cirielli che prevedeva la prescrizione breve di delitti gravissimi. Intanto è in gestazione anche una amnistia per i bancarottieri soprattutto delle grandi imprese , che godrebbero di un trattamento di favore rispetto ai piccoli e medi imprenditori.

Il rimedio del referendum abrogativo sarebbe poca cosa; esso non arriverebbe mai, e se giungesse in porto, non rimedierebbe alle gravi ingiustizie consumate nel frattempo. Intanto si preparano altre riforme: la separazione delle carriere e la riforma del CSM per consentire al Governo di nominare magistrati asserviti al potere politico. Molti non hanno compreso che la indipendenza della magistratura non è un privilegio dei magistrati ma una garanzia dei cittadini.

Ferdinando Imposimato

sabato 2 gennaio 2010

Appello a Giorgio Napolitano

Illustre signor Presidente della Repubblica,

mi consenta di esprimere pubblicamente la mia perplessità circa il Suo appello a riforme istituzionali condivise, di cui però si ignorano i contenuti. Se le riforme riguardano materie bocciate dal referendum 2006, - senato federale, premierato e Consulta- credo sia legittimo chiedere che non siano riproposte. D'altra parte una riforma prioritaria concerne il conflitto di interessi, che riguarda la libertà e il pluralismo della informazione (art 21 cost), di cui nessuno parla. Mi sarei aspettato che la riforma proposta dalla opposizione riguardasse il superamento del controllo di tutte le TV da parte del Premier. Talune delle coscienze più sensibili del nostro Paese- Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca, Giovanni Sartori e Vito Laterza- fin dal 1994 lamentarono la violazione del decreto presidenziale 30 marzo 1957 n 361 che all'articolo 10 contempla il caso Berlusconi: “Non sono eleggibili coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...”. Quando Berlusconi fu eletto, il Parlamento concluse per la sua eleggibilità, in base ad un'assurda interpretazione della legge. Sartori ammonì: “io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine perché così lui vince sempre ed io perdo sempre”. Ed è ciò che accade da anni. Non credo che questo si possa tollerare oltre.

La preoccupazione aumenta perché in base alle ricerche del Censis e dell'Unione Stampa cattolica siamo il Paese in cui la popolazione guarda la TV per tre ore e quaranta minuti al giorno, la media più alta d'Europa. Mentre il consumo di carta stampata si è di molto ridotto. Gli italiani sono videodipendenti. La TV costituisce il mezzo di (dis)informazione fondamentale di questo paese. Si può parlare di dittatura mediatica, nonostante le apparenze di libertà. Cinque delle sei TV sono direttamente o indirettamente controllate dal premier per ragioni di proprietà (mediaset) e di controllo politico (RAI). Al Presidente del Consiglio non può essere consentito di promuovere riforme esiziali per la democrazia solo perché ha subito una aggressione deprecabile le cui conseguenze non devono riflettersi sui cittadini. Albert Einstein, dall'America profetizzò 65 anni fa: “ Le moderne democrazie mascherano regimi tirannici: utilizzano i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di disinformazione e di stravolgimento delle coscienze degli uomini”. La stessa analisi vale per l'Italia ove esiste un pensiero unico dominante nella informazione monopolizzata che brilla per la falsificazione delle notizie e i silenzi su questioni cruciali, come i rapporti mafia-politica. Per questo occorre uscire dal vago: democrazia è trasparenza e controllo. E la chiarezza e il controllo mancano nella partita delle riforme.


Ferdinando Imposimato
01 Gennaio 2010

Difesa collettiva della Costituzione contro i demagoghi