giovedì 10 aprile 2008

Il voto e la questione morale

Il voto e la questione morale

di Ferdinando Imposimato
(Articolo pubblicato su La Voce delle Voci - Marzo 2008)

Walter Veltroni ha cominciato male la sua battaglia scegliendo come candidati persone senza alcun merito, come Matteo Colaninno che, quale presidente dei giovani industriali, si oppone all'assunzione dei precari dopo 36 mesi. E' figlio di quel Roberto Colaninno che con Emilio Gnutti acquisto' Telecom creando alla societa' un grosso debito che non riusci' a risanare; nel 2001 Colaninno vendette Telecom a Pirelli provocando una notevole plusvalenza nelle casse di Bell, che fu indagata per evasione fiscale e pago' una multa di 156 milioni di euro alle agenzie delle entrate. Generico e molto simile a quello di Silvio Berlusconi il programma di Veltroni e dei suoi. I punti principali vanno dalle infrastrutture alla tutela dell'ambiente, dall'attenzione ai giovani alla sconsiderata promessa di creare 100 campus universitari entro il 2010, dal lavoro femminile al problema della casa per i meno abbienti, dal salario minimo di 1000 euro per i precari alla stabilita' del lavoro. Ma questo non basta: la priorita' per il centrosinistra dovrebbe essere di assicurare ai lavoratori salari dignitosi tali da fare fronte all'inflazione crescente, ed ai disoccupati «mezzi adeguati alle loro esigenze di vita» (articolo 38 della Costituzione). Il rialzo del 4,8% del prezzo dei beni di prima necessita' va a gravare in termini drammatici su quei nuclei familiari che devono far quadrare i loro conti con salari e stipendi di poco superiori ai mille euro mensili. Ma Veltroni non affronta concretamente il problema del lavoro, e pensa anzi di potere conciliare gli interessi del capitale con quelli del lavoro.


IL NODO LEGGE ELETTORALE

Nel programma del Partito Democratico mancano inoltre due punti cruciali: il conflitto di interessi e la legge elettorale. Cominciamo dalla legge partorita dal centro destra: e' una vera e propria truffa, che lede la Costituzione e la convenzione europea. Tra i diritti inviolabili dell'uomo rientra il diritto di voto che deve essere “personale, uguale e libero” (articolo 48 della Costituzione). Ma come si puo' chiedere al cittadino italiano una scelta politica personale, uguale e libera, con una legge elettorale che, escludendo la preferenza, lo esautora del proprio diritto di voto trasferendolo nella volonta' delle segreterie di partito? Il voto non e' libero: non consente la scelta dei candidati ma e' vincolato alle decisioni dei partiti, associazioni senza regole guidate da pochi oligarchi. E non e' uguale: i gerarchi delle segreterie scelgono i rappresentanti del popolo indipendentemente dalla qualita' e dal valore. In Italia la democrazia e' di tipo elettivo, vale a dire che che la pubblica opinione si esprime eleggendo i rappresentanti in Parlamento. Quando votiamo per eleggere, non decidiamo singole questioni di governo. Il vero potere dell'elettorato e' nello scegliere chi lo rappresenta e, attraverso lui, chi lo governa (Giovanni Sartori, “Democrazia”). Qualunque sia l'opinione dei politologi sul voto, e' del tutto evidente che la preferenza e' l'essenza stessa della democrazia elettorale. Una cosa e' scegliere Tizio che e' un pregiudicato o un proprietario di concessioni governative in conflitto d'interessi con il bene comune, uno che persegue il suo interesse privato uccidendo la democrazia, altra cosa e' scegliere Caio che invece persegue l'interesse pubblico. Eleggere viene da eligere, che esprime l'idea non di scegliere a caso, ma di scegliere selezionando attraverso il voto di preferenza. L'elezione coincide con la selezione, il cui scopo finale e' il buon governo. Dal che risulta essenziale che i cittadini possano scegliere la parte piu' valente in una molteplicita' di candidati; non dimenticando che in politica a proporsi come candidati al governo non sono sempre i migliori ma i piu' spregiudicati e ambiziosi, interessati solo a fare il loro tornaconto personale. Se si elimina la preferenza, si abbandona il criterio del merito e del valore posto a base della Costituzione, e della par condicio tra i candidati.


DOSSIER CORRUZIONE

L'Italia vive un'emergenza morale che investe tutti i settori della vita pubblica e dilaga anche in Europa. Ma Veltroni sembra ignorarlo e parla di “uso migliore delle risorse di Bruxelles”. In realta' finora le risorse comunitarie sono servite soprattutto a finanziare crimine organizzato, politici e burocrati corrotti e imprenditori al soldo della mafia. Basta leggere le relazioni della Corte dei Conti e della Direzione Nazionale Antimafia per rendersene conto; e concludere malinconicamente che in Unione Europea vi e' molta tolleranza verso il malaffare, la corruzione e l'infiltrazione mafiosa nel finanziamento di progetti; le frodi comunitarie dilagano e gli scandali ricorrenti vengono insabbiati. La Corte dei Conti ha denunciato, nel febbraio 2008, «il numero sempre piu' elevato di frodi comunitarie e di illecita fruizione di contributi», con l'avvio di numerose istruttorie da parte della Procura Generale della Corte. Le violazioni di diritto comunitario commesse dalle Amministrazioni pubbliche italiane (Regioni, Provincie e Comuni) gia' accertate dalla Corte di Giustizia della Comunita' Europea, che ha comportato gravi sanzioni pecuniarie per milioni di euro a carico dello Stato italiano, hanno portato per il solo anno 2006 a ben 13 sentenze di condanna, dato che colloca il nostro Paese al secondo posto nella graduatoria negativa degli Stati membri evidenziata dalla Corte di Giustizia. Al primo posto, con 19 sentenze di condanna, e' il Lussemburgo. Lo stesso numero di condanne (13) sono state pronunciate dalla Corte di Giustizia, nei primi mesi del 2007, nei confronti dell'Italia, per violazioni di vario genere, molte delle quali legate alla mancata applicazione delle normative europee in materia di rifiuti: i finanziamenti comunitari sono stati sperperati dalle Regioni senza che sia stato risolto il problema; e sara' lo Stato a pagare i danni, a rimetterci saranno i cittadini. Il Procuratore Generale denunzia che le «ripetute violazioni di regole comunitarie da parte del nostro Paese sono segnale che merita la piu' attenta considerazione ed una assunzione precisa di responsabilita' per i notevoli danni, patrimoniali e non, che vengono arrecati all'intera collettivita' nazionale». Vediamo qualche caso. Vi e' un processo per illecita percezione di contributi comunitari con un danno di 31.281.000 di euro in favore di privati beneficiari non aventi diritto (relazione del procuratore regionale Luigi Mario Ribaudo del 12 febbraio 2008). Il Procuratore Generale della Corte ha messo in evidenza che esistono diversi casi di indebiti finanziamenti a favore di soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali. La Guardia di Finanza, nel 2007, ha denunciato frodi comunitarie, tra gli anni 2001-2005, di 343 milioni di euro. Tra le frodi per le quali e' in corso un giudizio davanti alla sezione giurisdizionale della Corte, una riguarda l'indebita erogazione di contributi comunitari per 845.000 euro a societa' di fatto non operative, a carico di cinque soggetti nell'ambito della gestione dell'IPI; un'altra riguarda un danno per 1.935,812 euro provocato al Dipartimento Politiche Comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per indebita percezione di finanziamenti comunitari. C'e' da dubitare della correttezza della Presidenza del Consiglio nel controllo della regolarita' dei finanziamenti comunitari. Ancora una volta sorge il dubbio che lo Stato sia complice e non vittima della frode comunitaria. Il quadro diventa ancora piu' fosco leggendo le analisi della Direzione Nazionale Antimafia. Secondo l'ultima relazione della DNA, le frodi comunitarie commesse da Cosa Nostra si sono trasformate in uno strumento pianificato di “politica economica mafiosa”. Il motore principale dell'azione mafiosa e' l'uso distorto della legge 488 del 1992: secondo la relazione, ci sarebbe un progetto raffinato e capillare per ottenere finanziamenti pubblici. I gruppi criminali seguono sul campo l'iter dei progetti con rilevamenti dei piani industriali inoltrati alla UE e di quelli che vengono finanziati, per realizzare un «sistema esattoriale mafioso, con la iscrizione al registro mafioso del pizzo, degli imprenditori finanziati dalla UE». Ma non basta: la mafia riesce a realizzare addirittura forme di partnerariato tra imprese taglieggiate e Cosa Nostra, in grado di perseguire obiettivi comuni tra estorto ed estorsore. La mediazione politico-amministrativa della mafia sui fondi della 488 e' assidua. In sintesi, «siamo di fronte ad un mercato protetto di beni e servizi criminali che prendono il posto di quelli legali». In questo groviglio di interessi, esiste una circolazione incredibile di certificazioni, attestazioni e omologazioni che sono mere comparse, prestanomi al servizio di Cosa Nostra. Ma questa non e' una novita' per l'Italia. Anni fa scoprimmo in commissione antimafia l'uso sistematico da parte del crimine organizzato di imprese pulite per riciclare il denaro sporco. Cosa Nostra e' riuscita a contaminare l'Unione Europea nei suoi traffici illeciti, senza che vi sia una risposta adeguata al dilagare della corruzione e del riciclaggio. Non si tratta di supposizioni ma di quasi certezze: la relazione solleva dubbi sui reali controlli svolti in fase di erogazione dei finanziamenti europei. A fare da protagoniste del grande business criminale sono alcune imprese ex insospettabili che fanno parte di una lista nera, la black list, che chiedono contributi, poi passano sotto il controllo di gruppi criminali, e si trasferiscono in luoghi dove godono di protezioni e omerta' Parlando di appalti e forniture, la Corte riscontra «il ripetersi di fattispecie di mancata o incompleta realizzazione di opere pubbliche, mancata utilizzazione di progetti, illecito ricorso alla revisione prezzi, danni conseguenti alla indebita sospensione dei lavori, interessi passivi per mancati pagamenti, acquisti o locazioni a prezzi maggiorati, non utilizzazione di beni. Frequenti i casi di irregolarita' nell'affidamento degli appalti collegati a fatti di corruzione e concussione con condanne per danno all'immagine della Pubblica Amministrazione». Il quadro dei fenomeni di corruzione e concussione abbraccia tutto il territorio nazionale: dalla Lombardia al Piemonte, dalla Calabria alla Campania, dalla Sicilia al Veneto. dalla Toscana alla Liguria. Vittime di questo disastro sono gli ignari cittadini che forse pensano che i soldi sperperati sono patrimonio comunitario, mentre in realta' vanno a carico dello Stato e quindi dei cittadini italiani. Bisogna riconoscere che oggi il fenomeno corruttivo ha trovato forme piu' sofisticate. A partire dalla approvazione di norme aberranti come quella che prevede il condono contabile (la legge 256 del 21 dicembre 2005), cosi' come aberrante e' la norma di sostanziale sanatoria di illeciti tributari approvata alla fine del 2007 da parlamentari che avevano interessi propri, o di gruppi consociati, da tutelare. E cioe' di persone che versavano in conflitto di interessi.


IL SILENZIO DEI DUE LEADER

L'anello debole del programma di Veltroni e' proprio il silenzio su questo nodo cruciale. Il conflitto e' la situazione apparentemente “legale” in cui viene a trovarsi un governante, un amministratore, un banchiere, un politico o un giudice, che anziche' fare l'interesse pubblico nella sua attivita' istituzionale, cura il suo interesse privato o quello di amici e prestanomi. Esso viola l'articolo 97 della Costituzione che impone alla Pubblica Amministrazione di rispettare i principi del buon andamento e dell'imparzialita'. Viola codici deontologici. Ma non viola il codice penale. Ed oggi e' divenuto il principale strumento di corruzione. Un cancro che affligge la politica, parte della magistratura e le istituzioni pubbliche e private da decenni. E non si riesce a debellare. Proprio perche' chi dovrebbe debellarlo - in primis il governo - versa in clamorosi conflitti di interessi e non puo' percio' risolvere il problema. Non vogliamo fare un favore a Silvio Berlusconi, contro cui siamo schierati da sempre e saremo sempre schierati, ma neppure possiamo fare finta di niente. Ci rattrista dover costatare che si siano spente malinconicamente le luci chiassose dei media sul problema della corruzione e della criminalita' organizzata. Che potrebbe andare al potere con nuovi governanti, interessati ad abrogare la legge Rognoni-La Torre del 1984 sulla confisca dei patrimoni illeciti. Sarebbe opportuno che la Sinistra Arcobaleno ponesse nel suo programma il ripristino dell'articolo di interesse privato in atti di ufficio per sanzionare la valanga di conflitti d'interesse che sono la forma piu' grave di corruzione, oggi del tutto impunita. Le consulenze sono prive di qualunque giustificazione, servendo a creare solo clientele. Esse sono una copertura legale alle tangenti e restano impunite.


Ferdinando Imposimato

07 Marzo 2008


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