domenica 27 dicembre 2009
Le riforme 2010
di Ferdinando Imposimato [27/12/2009]
La riforma prioritaria è l'assegno di disoccupazione previsto dall'art 38 Cost: “ assicurare ai lavoratori i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria”. Esiste in tutti i paesi civili del mondo; non in Italia. La seconda priorità è la legge che tolga al premier il controllo di tutte le TV pubbliche e private. La terza è l'approvazione di una legge elettorale in cui sia restituito ai cittadini il voto di preferenza.
Il Paese non sente il bisogno delle altre riforme di cui parla il Corriere della Sera : per la maggioranza la riforma prioritaria è il legittimo impedimento. Per noi è una legge su misura per il premier per rallentare i processi a suo carico e consentire nel frattempo l'approvazione di un lodo Alfano bis. Bocciamo come antidemocratiche e antisolidali le altre riforme. E lo diciamo a quelli che possono essere indotti in errore dalla disinformazione. Secondo Aristotele “quelli che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi di timore in modo che i cittadini stiano in guardia e non allentino la vigilanza intorno alla Costituzione” (Aristotele Politica.Laterza Bari 2000, 175). Per noi il senato federale (SF) e il premierato, che intaccano l'equilibrio tra i poteri e i diritti inviolabili dell'uomo . Nel silenzio della stampa , dobbiamo presagire che le riforme minacciate siano quelle annunciate dal Corsera del 22 giugno 2009, all'indomani dei ballottaggi. Obiettivi principali sono il senato federale (SF) e il rafforzamento dei poteri del premier . Su queste riforme sembrano d'accordo PDL PD e Lega. Il PD non può appoggiare queste riforme, ricordando la infausta riforma del titolo V della Costituzione del 2001, voluta dalle commissioni bicamerali di Ciriaco De Mita e Massimo D'Alema, ed attuata dal Governo di Giuliano Amato nel 2001, per ragioni elettoralistiche: la volontà di creare, attraverso le Regioni con una pletora di eletti regionali, nuovi centri di potere e di controllo delle risorse pubbliche dei fondi europei e nazionali.
La nostra Costituzione, varata da spiriti eletti come Aldo Moro, Piero Calamandrei , Giuseppe Dossetti e Palmiro Togliatti, é finita , così, nelle mani di ignoranti e avventurieri , e rischia di subire un colpo mortale con la annunciata riforma federale che accentua la disgregazione derivata dalla riforma del titolo V : Noi ci opponiamo con tutte le nostre forze. Con il Presidente Ciampi dobbiamo riconoscere che la nascita delle Regioni fu una delusione perchè non diede vita al rinnovamento delle amministrazioni locali, ma a una “proliferazione burocratica, dispendiosa e dannosa per lo sviluppo di ogni regione”. Ed una crescita della corruzione e del crimine organizzato , che si sono impossessati di gran parte delle risorse destinate alle regioni del Sud .
Il Senato Federale (SF) sarebbe un istituto ibrido, al SF in certi campi sarebbero dati poteri di scelta più ampi di quelli della Camera. Oltre il potere di eleggere 4 membri della Corte Costituzionale, mentre alla Camera ne resterebbero solo 3 ( art 135 della Cost), (mentre oggi ne spettano cinque al Parlamento in seduta comune), in tal modo, con l'aumento dei giudici di nomina politica, la Corte Costituzionale non sarebbe il giudice imparziale delle leggi, ma diventerebbe un organo controllato dalla maggioranza al Governo.
Con il SF , al Senato spetterebbe un groviglio di competenze , tra cui un potere di veto sugli stessi principi fondamentali concernenti le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ( rapporti internazionali, tutela e sicurezza sul lavoro, istruzione, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, etc art 117 comma 3 Cost), Ciò nonostante l'attribuzione di Camera politica che si darebbe alla sola Camera dei deputati. Un guazzabuglio che porta alla paralisi del Parlamento ed alla disgregazione del Paese.
Occorrerebbe ripristinare il Titolo V artt 114- 117 della Costituzione, aumentando le competenze esclusive dello Stato, in materia di tutela di salute, sicurezza e scuola che con la riforma del 2001 sono state affidate alla competenza concorrente delle Regioni: ricordiamo al Presidente Giorgio Napolitano ciò che disse il 25 novembre 2004 , al convegno promosso dagli ex parlamentari a proposito della riforma federale; egli, dopo avere definito " inaccettabile il dilatare in modo abnorme i poteri del primo ministro, secondo uno schema che non trova l'eguale in altri modelli costituzionali europei e lo sfuggire a ogni vincolo di pesi e contrappesi, di equilibri istituzionali e di regole da condividere ", concluse che bisognerebbe rivedere il titolo V in alcune parti “orripilante”." Oggi non c' motivo per cambiare idea.
No alle riforme ad personam; si alla Costituzione del 1948.
Ferdinando Imposimato
sabato 19 dicembre 2009
La nuova strategia della tensione
...la copertura di altri obiettivi e di altre forze interessate a destabilizzare l'ordine pubblico per stabilizzare altri poteri...
di Ferdinando Imposimato [19/12/2009]
Forse siamo in presenza di una nuova strategia della tensione, simile a quella che ha flagellato l'Italia degli anni 60-80. E degli ani 90, con le stragi di Capaci e di Via D'Amelio. Ne sono un sinistro segnale i recenti attentati del Nord Italia. Credo che abbiano una stessa matrice i pacchi bomba esplosi martedì pomeriggio al Cie di Gradisca e giovedì all’Università Bocconi di Milano. A rivendicare i due attentati, è stata una improbabile Federazione anarchica informale, un gruppo anarco-insurrezionalista che negli ultimi anni avrebbe rivendicato atti terroristici compiuti in varie località italiane. Nel tardo pomeriggio del 17 dicembre un volantino firmato da "Sorelle in armi, Nucleo Mauricio Morales-Fai", inviato al quotidiano Libero, rivendicava l’attentato alla Bocconi e a Gradisca. Nel volantino si parlava di contrasto al capitalismo, di moderne galere e campi di concentramento dove relegare gli ultimi della società, e l'inizio di una attività contro i ricchi e il potere politico. Alla Bocconi l’ordigno, un cilindro metallico di circa 25 centimetri con innesco elettrico, è scoppiato alle 3.30 di notte in un tunnel che collega due edifici dell’università. Dopo la rivendicazione gli inquirenti hanno capito di esser di fronte ad un attentato. Il danno è stato minimo perché il tubo è esploso solo in parte per il cattivo funzionamento del timer dovuto, secondo i primi accertamenti, all’imperizia con la quale il detonatore elettrico è stato fabbricato. Quanto all’esplosivo, nella rivendicazione si parla esplicitamente di "due chili di dinamite", ma i primi esami della scientifica non dicono con certezza di che composto si tratti. La matrice anarchica è stata seguita dagli investigatori che indagano sulla busta esplosiva recapitata al Cie di Gradisca. Nel portafoglio da donna, imbottito di polvere pirica, c’era un volantino di rivendicazione firmato dal gruppo anarchico.
Ed ora riflettiamo su ciò che accade: “Guardare al passato per capire il presente e prevedere il futuro”, dice Tucidide. Il passato può ripetersi. Negli attentati odierni, vedo non gesti isolati e velleitari ma una strategia concreta e realistica, che ripropone una stagione di violenza, simile a quella che seguì gli attentati alla fiera di Milano della primavera 1969, culminati con la strage di piazza Fontana. Mi sembra di tornare indietro a 40 anni fa, al 12 dicembre del 1969 quando, giudice istruttore a Milano, seppi della esplosione delle prime bombe tra cui quella di piazza Fontana, cui fu data una matrice anarchica. Ero al Tribunale di Milano dal 1965 . Anche io fui indotto in errore dalle false notizie propalate da tutta la stampa, compresa quella di sinistra, che accreditarono la pista rossa. Verso la matrice anarchica fu depistato anche il mio amico Vittorio Occorsio, Pubblico Ministero, incaricato della inchiesta su quella strage. La indagine gli era stata affidata dopo una manovra giudiziaria del Procuratore generale di Roma, che sottrasse ai giudici di Milano la inchiesta. Dopo alcuni anni, Occorsio, con cui avevo cominciato a indagare sui rapporti tra criminalità e politica, comprese che era stato ingannato dall'Ufficio Affari Riservati del Viminale: la matrice era massonico-fascista. Quando stava per risalire ai mandanti occulti, fu assassinato da alcuni fascisti tra cui Pierluigi Concutelli: era l'11 luglio 1976, pochi minuti dopo aver parlato con me per dirmi che aveva dato parere contrario ad un uomo che poi si seppe essere della P2.
I colpevoli della strage restarono ignoti. Ma molti ufficiali dei servizi segreti (SID) furono condannati per i depistaggi sulla strage: tra gli altri fu condannato per calunnia il generale Giandelio Maletti, uno dei vertici del SID. Che la settimana scorsa ha ammesso, in una intervista all'Espresso, che la bomba di Piazza Fontana era stata confezionata con esplosivo straniero: parte dell'esplosivo della strage era arrivato da un deposito militare americano in Germania. “Era entrato in Italia dal Brennero, a bordo di uno o più Tir. Fu scaricato a Padova, dove venne affidato agli ordinovisti locali”. L'esplosivo era, secondo Maletti “trinitrotoluene. Ovvero, tritolo”. Era una notizia attribuita dal Sid alla "Fonte Turco", cioè tal Casalini, un militante del gruppo di Freda e Ventura che aveva partecipato agli attentati sui treni dell'8 e 9 agosto '69. “Gli americani fornivano mezzi ed esplosivo,- ha detto Maletti- ma il lavoro lo lasciavano fare agli indigeni. C'era un laissez-faire, un indirizzo generale, poi messo in pratica da gruppi italiani o internazionali. Se ne occupavano i servizi segreti, ma non solo la Cia”. Eppure per anni si seguì la pista rossa. E i responsabili restarono impuniti.
Oggi si ripropone uno scenario simile: ma non vogliamo attendere 40 anni per sapere la verità. La formazione anarchica informale (FAI) costituisce verosimilmente la copertura di altri obiettivi e di altre forze interessate a destabilizzare l'ordine pubblico per stabilizzare altri poteri .
Certo è che colpisce la coincidenza degli attentati con l'ennesimo attacco alla Costituzione, baluardo della democrazia. Si vuole una Repubblica presidenziale , come quella auspicata da Licio Gelli. Si vuole distruggere la Corte Costituzionale, colpevole di avere bocciato il lodo Alfano. Essa è accusata di essere formata da giudici comunisti scelti da Presidenti filocomunisti. Non mi risulta che Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi fossero comunisti. La Costituzione, approvata da popolari, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali e monarchici, non va cambiata in nessuna parte. Non eravamo e non siamo d'accordo con chi, non avendola mai letta, auspica riforme come il premierato e il federalismo. Qualunque dialogo con il centro destra sarebbe assurdo. Stupisce che non lo abbia compreso il segretario del PD, che insiste nel volere riforme condivise (Corsera 11.12.2009).
La maggioranza non vuole riformare la Costituzione, vuole farla a pezzi, è un ostacolo a precisi disegni egemonici. E' un momento buio per la democrazia: il solo argine a mire eversive è la nostra Costituzione: il testamento spirituale di 100.000 morti. Il progetto plebiscitario non è utopistico: la maggioranza degli italiani, annichilita dalle TV di regime, lo sosterrebbe. Per il Paese sarebbe la rovina. Noi ribadiamo un fermo no al federalismo, al premierato, al plebiscitarismo alla delegittimazione della Consulta. Deploriamo l’eccesso dei poteri al Presidente del Consiglio. E rammentiamo che la Corte Costituzionale, con l’aumento dei giudici designati dal Parlamento federale, diventerebbe organo della maggioranza e perderebbe il ruolo di giudice indipendente delle leggi. La Corte deve restare l’estrema barriera contro il tentativo di attentare all’essenza della democrazia.
martedì 15 dicembre 2009
No al plebiscito, No al dialogo e No a elezioni anticipate. Si a un governo per la difesa della Costituzione.
di Ferdinando Imposimato [12/12/2009]
La Costituzione è il baluardo della democrazia; e, con nostra gioia, resta l'incubo del premier. Essa non va cambiata in nessuna parte. Non eravamo e non siamo d'accordo con il Presidente della Repubblica, che auspicava riforme come il premierato e il federalismo. Oggi Berlusconi ripropone un lodo Alfano bis, la separazione delle carriere dei magistrati e la riforma del CSM: gli obiettivi di sempre. Qualunque dialogo con tale eversore sarebbe assurdo. E stupisce che lo abbiano compreso Fini e Casini, ma non Pierluigi Bersani, che insiste nel volere riforme condivise (Corsera 11.12.2009). Il premier non vuole riformare la Costituzione, vuole farla a pezzi, è un ostacolo ai suoi disegni egemonici.
Tuttavia, attenzione, il disegno del tirannello è preciso: spingere a nuove elezioni, vincerle ed essere legittimato dal popolo a stravolgere la Carta Costituzionale. Il progetto plebiscitario non è utopistico: la maggioranza degli italiani, annichilita dalle TV minzoliniane, lo sosterrebbe. Per il Paese sarebbe la rovina. Mente il premier quando dice che non vuole le elezioni: lo hanno capito Gianfranco Fini, Bruno Tabacci e Ferdinando Casini. Il leader dell'UDC propone un governo per la democrazia per scongiurare il rischio di elezioni anticipate. Pur di evitare un plebiscito in favore del tiranno, siamo d'accordo per un governo istituzionale in difesa della Costituzione. Per arginare l'attacco del premier alla Costituzione che non ha soste. E' la sola strada percorribile in questo momento.
Il primo atto del disegno eversivo è una legge che proroga fino a 78 anni le alte cariche delle tre magistrature: Presidente della Cassazione, della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato. Costoro dovrebbero garantire al premier collegi giudicanti compiacenti. Il progetto di legge esiste . Non a caso il Premier difende i giudici di grado elevato, che lo hanno sempre assolto. Su questo punto la opposizione tace e la gente non sa nulla. Questo accade per i persistenti patti scellerati sottobanco tra PDL e PD. Di cui un segnale preciso sono i voti di parte del PD assieme a quelli del PDL contro l'arresto del sottosegretario Nicola Cosentino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa dalla Procura di Napoli. Cosentino ha ricevuto 51 voti in più rispetto a quelli della maggioranza. E' la prosecuzione di accordi risalenti al tempo dell'elezione al parlamento di Silvio Berlusconi. Quando furono ignorati i richiami di talune delle coscienze più sensibili- come Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca e Vito Laterza- sull'esistenza di un decreto presidenziale 30 marzo 1957 n 361 che all'articolo 10 contemplava esattamente il caso Berlusconi: “Non sono eleggibili coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...”. Quando Berlusconi fu eletto, Giovanni Sartori ammonì: “ io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine perché così lui vince sempre ed io perdo sempre”. Questo era prevedibile: i soli a non prevederlo furono D'Alema e Prodi, con l'assurda giustificazione che il conflitto di interessi non interessava al Paese. Ma interessava alla democrazia, perché democrazia vuol dire competizione alla pari tra i partecipanti alla contesa elettorale, come vuole l'articolo 51 della Costituzione. Questa “furbizia” suicida- dobbiamo ripeterlo a quelli dalla memoria corta- fu il risultato di accordi tra Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, bisognoso del sostegno dell'opposizione, e Silvio Berlusconi; egli disse che Mediaset era un patrimonio nazionale. Il problema non era toccare Mediaset, ma applicare la legge. La storia si ripete con il voto di parte del PD a favore di Nicola Cosentino.
Noi diciamo : no alla legge che mantiene in servizio i magistrati di vertice prossimi alla pensione. Bisogna prevenire il piano eversivo. Che prevede riforme che distruggerebbero in un sol colpo gli equilibri democratici tra i vari poteri: quelli che reggono i rapporti tra maggioranza e opposizione; e servono a scongiurare il pericolo che ci sia un potere capace di sovrastare tutti gli altri.
Noi ribadiamo un fermo no al federalismo, al premierato, al plebiscitarismo. Deploriamo l’eccesso dei poteri al Presidente del Consiglio dei Ministri. E rammentiamo che la riforma federale metterebbe in pericolo la unità del Paese . E la indipendenza della Corte Costituzionale, accusata dal premier di comunismo. La Consulta , con l’aumento dei giudici designati dal Parlamento federale, diventerebbe un organo della maggioranza e perderebbe il ruolo di giudice indipendente delle leggi incostituzionali. La Corte deve restare l’estrema barriera contro il tentativo di attentare all’essenza della democrazia.
Ferdinando Imposimato
venerdì 20 novembre 2009
La prescrizione breve
La legge sulla prescrizione breve lede il principio di legalità (art 25 Cost) e di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art 3 Cost). Essa non accelera i tempi del processo, ma avvantaggia i delinquenti più pericolosi e punisce i più deboli.
di Ferdinando Imposimato [13/11/2009]
La legge sulla prescrizione breve apparentemente tende a realizzare il principio della ragionevole durata del processo penale, in attuazione dell'art 111 della Costituzione.
Ma così non è.
Essa non accelera i tempi del processo: non è prevista alcuna riforma organizzativa o legislativa, come una nuova distribuzione territoriale dei Tribunali (che risale a 150 anni fa), il loro potenziamento con cancellieri e segretari, la eliminazione degli uffici inutili, lo snellimento delle notifiche.
La legge, invece, avvantaggia i delinquenti più pericolosi e punisce i più deboli.
Ledendo il principio di legalità (art 25 Cost) e di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art 3 Cost); sicchè, con il pretesto di abbreviare i tempi del processo, la legge crea una specie di impunità per i responsabili di delitti gravissimi.
Essa prevede, infatti, la estinzione dei reati – prescrizione- puniti con una pena fino a 10 anni, se uno dei tre gradi del processo durerà più di due anni. Siccome per quasi tutti i reati di corruzione e le truffe colossali in danno dei risparmiatori,- i bond Cirio e i titoli argentini, con miliardi di euro bruciati, le bancarotte, il riciclaggio e il falso in bilancio-, le istruttorie dibattimentali sono lunghe e complesse coinvolgendo paesi stranieri, rifugio dei soldi sporchi, i due anni di un grado del processo saranno sempre superati.
E si estingueranno i processi Mills e Mediaset contro il premier. E le frodi Parmalat e Cirio contro squali della finanza e politici corrotti. Non solo.
Saranno prescritti gli omicidi colposi commessi da criminali imprenditori ai danni di migliaia di operai morti per amianto (Eternit) o violazione delle norme sulla sicurezza (Thyssen). Per colmo dei colmi, non beneficeranno della legge gli immigrati clandestini- come ha chiesto la lega- e i recidivi; sicchè i condannati per un furto al supermercato saranno processati e puniti, mentre corrotti e corruttori, peculatori di pubblico denaro per milioni di euro, speculatori selvaggi, devastatori dell'ambiente e truffatori internazionali si salveranno. E continueranno a delinquere.
La legge è coerente con una politica criminogena fondata sulla depenalizzazione dei falsi dei bilanci, sulla legittimazione dei fondi neri, sui condoni, sulle evasioni fiscali, sulla legge ex Cirielli che prevedeva la prescrizione breve di delitti gravissimi.
Il disegno di legge sulla prescrizione dovrebbe essere censurata dal Capo dello Stato per palese incostituzionalità. Essa, inoltre, è emanata in una situazione di grave e intollerabile conflitto di interessi in cui versa il premier, che mira non al bene comune ma al proprio interesse personale. Una legge sul conflitto di interessi che il presidente della Repubblica, come garante della Costituzione, e l'opposizione, organo della sovranità popolare, devono perseguire costantemente.
Ferdinando Imposimato
Mobilitazione popolare contro le riforme annunciate dal Governo
martedì 11 agosto 2009
La libertà di stampa declina e con essa la democrazia
La libertà di stampa declina e con essa la democrazia
Il Quirinale si è detto stupito e amareggiato per la rottura tra Sky e Rai, per la quale la RAI perderà circa 60 milioni di euro l'anno. L'accordo prevedeva che gli abbonati Sky avessero la visione dei sei canali Raisat. Il fallimento della trattativa ha comportato che dal primo agosto dalla piattaforma sono spariti i sei canali, tra cui RAI 1 RAI 2 e RAI 3 . Ma non solo questa è la conseguenza delle scelte del direttore generale della RAI, ex segretario generale della Presidenza del Consiglio. Il Presidente Napolitano mostra “disappunto”, il che è un po' poco, essendo non solo danneggiato economicamente il servizio pubblico, ma in pericolo la libertà di stampa che è l'essenza stessa della democrazia. In quanto custode a garante della Costituzione, il Presidente della Repubblica non può disinteressarsi di quel servizio pubblico, finora bistrattato da Berlusconi, su cui si imperniano principi fondamentali come il pluralismo e la libertà di informazione, sanciti solennemente dall'art 21 della Costituzione. O interessarsene tardivamente. Il Presidente del Consiglio, dopo essere sopravvissuto politicamente alle nefandezze delle squillo a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa, alcune delle quali assurte agli onori del Parlamento per i favori concessi al principe , sta distruggendo, nella disattenzione generale , quel minimo di libertà di informazione che era concentrata in RAI 3. Non può passare sotto silenzio il richiamo minaccioso a RAI 3 del Presidente del Consiglio, secondo cui non può essere consentito ad una tv pubblica, finanziata con i soldi pubblici, di attaccare il governo. E' una pretesa assurda: RAI tre non attacca nessuno; si limita a dare con grande equilibrio notizie precise sui comportamenti disdicevoli del Capo del Governo. E', invece, RAI 1 del servo Minzolini a venire meno al suo diritto-dovere di informare compiutamente la pubblica opinione, pur essendo pagata per questo. Non può essere consentito ad un Presidente del Consiglio di avere il silenzio-omertà sui favori sessuali di una serie di prostitute, favori ottenuti sfruttando la qualifica di Presidente del Consiglio ed usando aerei dello Stato per il loro trasporto. Né può essere permesso che la scelta di alcuni parlamentari avvenga non per meriti personali in qualche campo ma come retribuzione per più o meno eccellenti prestazioni erotiche a favore del Presidente del Consiglio o dei suoi ospiti . Non è politicamente, moralmente e forse anche penalmente indifferente che siano decise candidature-nomine di squillo o mignotte al Parlamento nazionale , ( ma la legge elettorale porcata con liste bloccate fu voluta in funzione della “nomina” delle squillo?) o al Parlamento europeo solo o prevalentemente per meriti erotici. E che questo attacco alla dignità delle istituzioni repubblicane sia denunziato dalla moglie del Presidente del Consiglio, che si è servito della TV pubblica per fare la propria difesa imperniata su una serie di bugie spudorate, tutte venute alla luce del sole. Mi chiedo sommessamente: se un Sindaco offre la poltrona di assessore o di consulente ad una prostituta per i favori concessi a letto, viene incriminato per abuso in atti di ufficio o per corruzione per atto di ufficio ? Non c'è dubbio! E se un magistrato, che ottiene i favori di una prostituta in cambio di una decisione favorevole, viene non solo incriminato per corruzione e cacciato dalla magistratura, perché per il presidente del Consiglio , analogo comportamento diventa titolo di merito, ed anzi accresce la sua arroganza, al punto che egli si permette di distruggere la TV pubblica per impedire che parli delle nefandezze commesse? E la Unione Europea che fa di fronte a queste violazioni dei diritti inviolabili dell'uomo e delle libertà fondamentali? E il paese perché si disinteressa di queste nefandezze? Giovanni Valentini su Repubblica riconosce che un intervento più tempestivo del Colle sarebbe valso forse ad impedire i provvedimenti liberticidi attuati in RAI, che erano ampiamente previsti. Oggi serve a poco mostrare delusione. Oggi occorre che gli italiani consapevoli scendano in piazza , sostenendo la iniziativa di Dario Franceschini, segretario del PD- relegata in un trafiletto in 11° pagina del Corriere-, che a settembre ha promosso una mobilitazione in difesa della libertà di stampa, presidio della democrazia.
Non solo si sta verificando una grave limitazione alla libertà di stampa, ma anche un danno grave allo Stato : il prossimo bilancio RAI si impoverirà di una cospicua entrata finanziaria. Sicché un intervento della Corte dei Conti – che si è inutilmente tentato di trasformare in organo di Governo- contro il direttore generale della RAI e i singoli consiglieri di amministrazione, che hanno dato il loro voto favorevole, sarebbe doveroso. La RAI , oltre a perdere l'audience , e quindi la pubblicità raccolta attraverso la Pay TV, dovrà sostenere una quota dell'onere della nuova piattaforma TV di Tivusat. E tutto questo per fare un favore a Mediaset nella sfida della concorrenza con Sky, come ha riconosciuto- tardivamente - il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza Sergio Zavoli. Del resto inesistente era stata la risposta di Zavoli , durante tre legislature, rispetto al problema del conflitto di interessi; é troppo comodo limitarsi, come fa Zavoli, ad esortare Mauro Masi, direttore generale della RAI, a riprendere la trattativa RAI-SKY poiché ciò sarebbe conforme “all'interesse nazionale”. E ad affermare che “riportare i canali RAI e Raisat su Sky gioverebbe a criteri di utilità imprenditoriale e industriale, considerando che i canali RAISAT non sono più ricevibili altrove” . Questi appelli non servono a nulla, sono ipocriti! Ben altro, che una questione economica, è il danno al Paese da ciò che sta accadendo nella ignoranza generale. Zavoli finge di reagire ad una situazione che era prevedibile , essendo diretta conseguenza della mancata soluzione del conflitto di interessi, del quale l'ineffabile Zavoli , amico di Gianni Letta , non si è mai curato. Ma lo scempio delle TV pubbliche, iniziato con la nomina di Augusto Minzolini al vertice di RAI 1, è proseguito con le nomine di Bruno Socillo alla Direzione Radio, di Antonio Preziosi al posto di Antonio Caprarica, al GR e a Radio 1, di Flavio Mucciante a radio 2 , di Marino Sinibaldi a radio 3, tutti uomini fidati del despota della informazione pubblica e privata.
Dissente Paolo Garimberti, Presidente della RAI, che critica le nomine, ma, come Sergio Zavoli, resta attaccato alla poltrona , senza un minimo di dignità. Nel frattempo la RAI perde share e introiti pubblicitari calcolati nell'ordine di 150 milioni di euro. Intanto Mediaset agisce per fagocitare la tv pubblica su audience e raccolta pubblicitaria. Se nella primavera del 2006 il distacco era di 3,9% di share a favore di Mediaset, ora quel divario è aumentato del 7%, dati presentati da Mediaset agli analisti finanziari. La libertà di informazione esiste solo se vi é pluralismo della informazione; se invece vi è concentrazione degli organi di informazione nelle mani di pochi gruppi o persone, o addirittura di una sola persona, che non sono è editore puro ma affarista, la libertà di stampa é apparente.
Albert Einstein, dall'America profetizzò 65 anni fa lo scenario odierno, dicendo: “ Le moderne democrazie , che mascherano regimi tirannici, utilizzano i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di disinformazione e di stravolgimento delle coscienze degli uomini”. “Nelle condizioni attuali, i capitalisti privati controllano inevitabilmente in modo diretto o indiretto , le principali fonti di informazioni ( stampa radio)” ( all'epoca non c'era la TV nda). “Per cui é estremamente difficile, e nella maggior parte dei casi impossibile, che il singolo cittadino possa arrivare a conclusioni oggettive e avvalersi in modo intelligente dei propri diritti politici”. La stessa analisi può valere per l'Italia ove esiste un pensiero unico dominante nella informazione monopolizzata da cinque testate TV che brillano per la falsificazione delle notizie e i loro silenzi su questioni cruciali, come quelle che riguardano le condotte scellerate del Presidente del Consiglio.
Abbiamo il dovere di ripetere che il declino della informazione risale a precise responsabilità di Massimo D'Alema. L'inizio della fine del pluralismo risale al 1994, con l'elezione al parlamento italiano di Silvio Berlusconi. Fu la furbizia gravemente censurabile di Massimo D'Alema a compiere il primo di una serie di errori, che hanno portato il paese sull'orlo del baratro oltre il quale sta la fine della nostra democrazia. La furbizia consistette nel volere ignorare, a dispetto dei richiami di talune delle coscienze più sensibili- come Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca e Vito Laterza- l'esistenza di un decreto presidenziale 30 marzo 1957 n 361 che all'articolo 10 contempla esattamente il caso Berlusconi: “Non sono eleggibili coloro che, in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...”. Quando Berlusconi fu eletto, la giunta delle elezioni , dovendo decidere sulla sua eleggibilità , concluse, errando , per la eleggibilità di Berlusconi, in base ad un'assurda interpretazione della legge.
Giovanni Sartori ammonì: “ io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine perché così lui vince sempre ed io perdo sempre”. E ciò é vero: si tratta di un non risolto problema di fondo della nostra democrazia, perché democrazia vuol dire competizione alla pari tra i partecipanti alla contesa elettorale, come stabilisce l'articolo 51 della Costituzione. E se questa regola cardine non é rispettata, questa é una minaccia per la nostra democrazia.
Questa “furbizia” suicida fu il risultato di una serie di accordi basati sul compromesso illusorio della Bicamerale. L'allora Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, bisognoso del sostegno parlamentare anche dell'opposizione, disse che Mediaset non si toccava perché era un patrimonio nazionale. Ma il problema non era toccare Mediaset, ma applicare la legge. Mediaset sarebbe sopravvissuta, ma il suo proprietario non era eleggibile. Ed il governo di centro sinistra si pronunciò per l'eleggibilità di Berlusconi solo per una cieca ambizione di D'Alema che si illuse di avere i voti di Berlusconi per stravolgere la Costituzione. Luciano Violante avrebbe poi spiegato che c'era stato un vero e proprio impegno formale occulto di Massimo D'Alema a non toccare le TV di Mediaset. E questo ha segnato per sempre il futuro della nostra democrazia in senso negativo con la rassegnazione di tutti, tranne che di Paolo Sylos Labini, che nel frattempo é morto. Oggi dobbiamo sperare che il congresso del PD porti una ventata di rinnovamento e di trasparenza. Che non può essere D'Alema , lo stesso che aprì la strada alla riforma del Titolo V . Che ha portato come conseguenza “legittima” “Le Ronde”, il “dialetto padano” nella scuola, le gabbie salariali , la scuola per gli immigrati separata da quella dei cittadini. Una serie di disastri che gli italiani debbono conoscere. Oggi D'Alema sta condizionando il congresso del PD anche con il sostegno a personaggi discussi e discutibili. Un suo successo, sia pure per interposta persona, sarebbe esiziale per la democrazia.
Ferdinando Imposimato
10 Agosto 2009
La riforma federalista e l’emergenza democratica
La riforma federalista e l’emergenza democratica
La Costituzione e la democrazia secondo Aristotele
Aristotele, nel V secolo AC, si occupò della Costituzione democratica. Egli, nel suo trattato sulla Politica, disse che “base della costituzione democratica è la libertà, che è il fine di ogni democrazia”. “Una prova della libertà consiste nell'essere governati e nel governare a turno: in realtà in democrazia la massa è sovrana e quel che i più decidono ha valore di fine, indipendentemente dal merito di ciascuno. Nelle democrazie i poveri sono più potenti dei ricchi perché sono di più e la decisione della maggioranza è sovrana”. (Aristotele politica Laterza ed Bari 2000 p.203)
Oggi in Italia non c'è democrazia ma regime, cioè dittatura della maggioranza, con il pericolo che la opposizione resterà tale per decenni e non governerà mai.
Parlando di Costituzione e riforme, è bene ricordare alcuni insegnamenti di Aristotele. In questo modo capiremo meglio i pericoli incombenti sulla nostra democrazia con altre riforme che intaccano la Costituzione.
Il primo insegnamento è che nello Stato “ è preferibile che governi la legge (la Costituzione nda) più che un qualunque cittadino e anche se governino alcuni, costoro bisogna costituirli guardiani delle leggi e subordinati alle leggi”. “Chi raccomanda il governo della legge (Costituzione), raccomanda il governo di dio e della ragione, mentre chi raccomanda il governo dell'uomo, vi aggiunge anche quello della bestia , perché il capriccio è questa bestia e la passione sconvolge, quando sono al potere, anche gli uomini migliori”. “Quelli che stanno al governo sono soliti fare molte cose per dispetto o per favore” ( Aristotele Politica. Laterza, Bari 2000 p.108-109)
Nessuno può disconoscere l'attualità ed il valore di questa analisi, ricordando scandali e arbitri di certi governanti con leggi che non si ispirano al bene comune. Al contrario Ciampi fu un guardiano della Costituzione, rifiutando la ricandidatura alla Presidenza della Repubblica.
Il secondo precetto è di “non esaltare troppo qualcuno (che governa nda) oltre le debite proporzioni, perché questo corrompe gli uomini e non è da tutti sopportare una grossa fortuna. Ma la cosa più importante in ogni Costituzione è provvedere mediante le leggi affinché le magistrature (le cariche pubbliche) non abbiano a diventare fonte di guadagno” ( Aristotele ,ib p.176) . “Bisogna con leggi impedire che nessuno raggiunga posizioni troppo preminenti per possibilità di ricchezze, se no si devono allontanare costoro mediante l'espulsione”.
Da qui la necessità di non dare poteri eccessivi al premier e di stabilire casi di ineleggibilità rigorosi evitando che persone che monopolizzano l'informazione con concessioni TV o in altro modo siano eletti in parlamento. Questo viola il principio della uguale possibilità di tutti i cittadini di accedere alle cariche pubbliche ( art. 51 Cost). Questo obiettivo di prevedere la ineleggibilità dei titolari, anche per interposta persona, di concessioni TV, pur enunciato dai governi di centro sinistra, non è mai stato perseguito; di qui il dominio assoluto di Silvio Berlusconi nelle campagne elettorali.
Il terzo precetto di Aristotele è che “quelli che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi di timore in modo che i cittadini stiano in guardia e non allentino la vigilanza intorno alla Costituzione” (Aristotele Politica. Laterza Bari 2000, p.175)
Da ciò la necessità, per chi crede nella difesa della Costituzione come pilastro della democrazia, di sensibilizzare i cittadini e soprattutto i giovani sul pericolo che corre la democrazia con le riforme costituzionali, tra cui il senato federale e il premierato, che intaccano l'equilibrio tra i poteri e i diritti inviolabili dell'uomo .
I requisiti dei capi dello Stato, dei legislatori e dei governanti
Aristotele scrisse che “tre requisiti devono avere quelli che si apprestano a coprire le magistrature supreme”, che corrispondono oggi al Capo dello Stato, ai legislatori ai governanti e ai magistrati. Il primo - disse- è “il rispetto della Costituzione in vigore, poi estrema capacità nei doveri della carica, terzo avere virtù e giustizia”. ( Aristotele, Politica. Laterza, Bari 2000 p.177)
Guardando all'Italia, dobbiamo riconoscere che questi requisiti mancano a gran parte dei politici investiti di cariche pubbliche in Parlamento e al Governo, molti essendo quelli che non rispettano la Costituzione vigente, violandola con leggi incostituzionali come quelle che prevedono un trattamento sanzionatorio preferenziale o addirittura la impunità per coloro che rivestono cariche pubbliche, leggi che tendono a ridurre il potere di repressione dei crimini più pericolosi come quelli contro la Pubblica Amministrazione: molti parlamentari e uomini di governo sono privi delle conoscenze essenziali che ciascun politico dovrebbe avere in materia di Costituzione e di trattati internazionali; carenti son infine i requisiti della virtù e della giustizia in molti parlamentari e persino in molti governanti che si abbandonano a comportamenti immorali e diseducativi, essi che dovrebbero essere esempio di virtù civiche e morali per tutti i cittadini.
Le riforme annunciate
Il Corsera del 22 giugno 2009, all'indomani dei ballottaggi, ha rilanciato il tema delle riforme costituzionali volute dal governo da realizzare al più presto. Obiettivi principali sono il senato federale e il rafforzamento dei poteri del premier. Su queste riforme sembrano d'accordo PDL, PD e Lega, Il PD non ha tratto alcun insegnamento dalla infausta riforma del titolo V della Costituzione del 2001, voluta dalle commissioni bicamerali di Ciriaco De Mita e Massimo D'Alema, ed attuata dal Governo di Giuliano Amato nel 2001, per ragioni elettoralistiche: erano legate alla volontà di creare, attraverso le Regioni con una pletora di eletti regionali, nuovi centri di potere e di controllo delle risorse pubbliche derivanti dai fondi europei e nazionali.
La nostra Costituzione, varata da spiriti eletti come Aldo Moro, Piero Calamandrei , Giuseppe Dossetti e Palmiro Togliatti, é finita, così, nelle mani di ignoranti e avventurieri, e rischia di subire un colpo mortale con la annunciata riforma federale che accentua la disgregazione derivata dalla riforma del titolo V.
Disse Aldo Moro- è bene ricordarlo- : “La Costituzione contiene nella sua struttura un pericolo abbastanza grave: che individui o gruppi, avversando in tutto o in parte le norme essenzialmente politiche della seconda parte, siano indotti ad avversare tutta la Costituzione in blocco, compresi quei principi di altra natura che vi sono inseriti”, cioè i diritti inviolabili (art 1-12). ( A Moro 1948 ed Cinque Lune).
Il pericolo si profila oggi proprio nei termini in cui lo paventò Moro. Perché la riforma federalista – dei guasti del premierato abbiamo detto più volte- non solo modificherebbe l'organizzazione politica dello Stato, ma violerebbe i principi di solidarietà ( art 2), unità, indivisibilità ( art 5), e l'equilibrio dei poteri - che sono immodificabili.
Il federalismo secondo Ciampi
Carlo Azeglio Ciampi condivide l'idea federalista come fattore di sviluppo, affermando che ogni apparente cessione di sovranità alle regioni si rivela, in realtà, come conquista di una maggiore, più vera e più forte sovranità comune (Padova 19 marzo 2002). Ma ritiene che il federalismo accettabile è solo il federalismo solidale, che non provochi spaccature nel tessuto connettivo della società italiana (Sondrio 1 luglio 2003). Come avverrebbe con le gabbie salariali proposte dalla Lega, con la divisione tra i lavoratori.
Ciampi riconosce che la nascita delle Regioni fu un passo avanti ma anche una delusione perché non diede vita al rinnovamento delle amministrazioni locali. “Con il federalismo dovrà crescere- dice Ciampi- la capacità dei governi locali di lavorare insieme, oltre che con i governi nazionale ed europeo, ponendo attenzione ad evitare costosi doppioni”. Ed invece si è verificata con le Regioni una “proliferazione burocratica, dispendiosa e dannosa per lo sviluppo di ogni regione”. Ed io aggiungo, una crescita della corruzione e del crimine organizzato, che si sono impossessati di gran parte delle risorse destinate alla Regione campana e alle regioni del Sud. Basti ricordare la confessione ai PM di Napoli di Gaetano Vassallo, ex ministro dei rifiuti di Francesco Bidognetti, capo clan della zona dei Mazzoni ( Caserta), Vassallo disse “Per venti anni ho contaminato il suolo, il cibo, le acque e l'aria della Campania, complici, sindaci, politici , boss e contadini, ciascuno interessato ad arricchirsi sulla pelle dei cittadini”. Nell'articolo di Gianluca De Feo ed Emiliano Fittipaldi sull'Espresso si fanno i nomi dei politici di governo, dei funzionari del Commissariato di Governo e dell'agenzia regionale dell'ambiente stipendiati dalla camorra per coprire il traffico di rifiuti tossici provenienti dal nord, si parla della complicità di “uomini delle forze dell'ordine a disposizione”, di “decine di sindaci prezzolati”, gli stessi che scendono in campo contro i termovalorizzatori, di “ funzionari della provincia di Caserta che firmano licenze per siti che sono fuori dei loro territori”. Mentre un fiume inarrestabile di tangenti scorre e alimenta da sempre la corruzione e l'ascesa di politici e amministratori corrotti. A completare il quadro desolante di una terra senza speranza, in mano ad avventurieri e criminali, di un meridione senza prospettive di crescita, è la serie di processi contro amministratori locali e regionali, che restano al loro posto nonostante le accuse di abusi e corruzione. I nomi sono comparsi su tutti i giornali locali e nazionali. Sono loro i principali alleati di Bossi e del federalismo egoista e non solidale che la Lega persegue, con buone ragioni di successo : evitare di far pagare ai cittadini del nord gli sperperi delle Regioni del Sud
Il Senato Federale
Sul piano dei rapporti tra Camera e Senato, preoccupa il progetto di Senato Federale (SF), omologo a quello approvato dal Parlamento con due deliberazioni il 20 ottobre 2005 e subito dopo bocciato dal referendum popolare: Vassalli lo definì una scimmiottatura del bundesrat della Germania. E lo criticò per il predominio del Senato federale sulla Camera, e la vasta competenza che ad esso rimane sui provvedimenti della Camera dei Deputati , la cui rappresentanza è invece nazionale.“Un istituto ibrido, incomprensibile in più punti”: conclude Vassalli.
Al SF in certi campi sarebbero dati poteri di scelta più ampi di quelli della Camera. Oltre il potere di eleggere 4 membri della Corte Costituzionale, mentre alla Camera ne resterebbero solo 3 ( art 135 della Cost), (mentre oggi ne spettano cinque al Parlamento in seduta comune), in tal modo, con l'aumento dei giudici di nomina politica, la Corte Costituzionale non sarebbe il giudice imparziale delle leggi, ma diventerebbe un organo controllato dalla maggioranza al Governo.
Con il SF , al Senato spetterebbe un groviglio di competenze, tra cui un potere di veto sugli stessi principi fondamentali concernenti le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, (rapporti internazionali, tutela e sicurezza sul lavoro, istruzione, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ecc art. 117 comma 3 Cost), Ciò nonostante l'attribuzione di Camera politica che si darebbe alla sola Camera dei deputati. Un guazzabuglio che porta alla paralisi del Parlamento ed alla disgregazione del Paese.
Impressionante è la farraginosità del sistema escogitato per disciplinare i rapporti tra Camera dei Deputati e Senato federale nella formazione delle leggi. In tale sistema si annida il pericolo di una grave stasi legislativa: una riforma per aumentare i conflitti, mentre compito della democrazia è di evitare i conflitti, di comporli, di sedarli.
Osserva efficacemente Augusto Barbera che il Senato federale indebolisce la funzione nazionale di Governo. “Eletto in un periodo non coincidente con la elezione della Camera politica, e con sistema elettorale diverso, potrebbe avere una composizione politica diversa da quella della Camera e non sarebbe legato ad un rapporto fiduciario con il Governo e non soggetto a scioglimento anticipato. In materie rilevanti come i principi fondamentali il Senato federale sarebbe chiamato a decidere in via definitiva mentre la Camera potrebbe solo proporre emendamenti. In nessun paese a regime federale sono attribuiti alla seconda Camera poteri di condizionamento della funzione di Governo paragonabili a quelli costruiti per il Senato Federale Italiano. Esso dovrebbe occuparsi in via definitiva di “armonizzare i bilanci pubblici e di coordinare la finanza pubblica ed il sistema tributario. L'esperienza ci dice l'impossibilità di distinguere tali materie e l'importanza che esse assumono per la politica dei governi””.
Che fare?
Che fare per arginare questo progetto disgregatore dello Stato? Occorre in primo luogo contrastare il progetto di Senato Federale, anche se su di esso fossero di accordo maggioranza e opposizione.
Occorrerebbe inoltre, dice Giuliano Vassalli, riformare il Titolo V artt 114- 117 della Costituzione , aumentando le competenze esclusive dello Stato , in materia di tutela di salute, sicurezza e scuola che con la riforma del 2001 sono state affidate alla competenza concorrente delle Regioni: la competenza concorrente ha dato luogo ad una serie di conflitti disgregatori. Della stessa idea è il Presidente Giorgio Napolitano che il 25 novembre 2004 , al convegno promosso dagli ex parlamentari a proposito della riforma federale, dopo avere definito “inaccettabile il dilatare in modo abnorme i poteri del primo ministro, secondo uno schema che non trova l'eguale in altri modelli costituzionali europei e lo sfuggire a ogni vincolo di pesi e contrappesi, di equilibri istituzionali e di regole da condividere”, concluse che bisognerebbe rivedere il titolo V riformato che ha definito in alcune parti “orripilante”, come l'art 114.
Egli disse a proposito del senato federale, “non resta che fare appello ai cittadini perché impediscano la promulgazione di una legge di riforma sconvolgente, contraddittoria, produttrice di conflittualità e di paralisi nei rapporti con le istituzioni.”
La degenerazione federalista e la secessione morbida.
Una conferma della incidenza negativa delle Regioni con maggiori poteri sullo sviluppo del Paese viene dal Procuratore Generale della Corte dei Conti che ha denunziato, nel giugno 2009, nella relazione sul rendiconto generale dello Stato per il 2008, che “la corruzione è una tassa immorale e occulta pagata dai cittadini pari a 50-60 miliardi di euro all'anno. Rispetto alla quale è insufficiente l'azione repressiva che si limita a prendere atto di danni già verificati” . “Un fenomeno che ostacola soprattutto nel Sud, gli investimenti esteri”. Nella classifica della corruzione , tra le prime cinque regioni, ce ne sono quattro proprio nel sud : la Sicilia (13% del totale delle denunzie), la Campania (11,46%) , la Puglia ( 9,44 ), la Calabria (8,19) preceduta dalla Lombardia con il 9,39 del totale delle denunce. A tutto questo si aggiunge l'aumento della spesa corrente del 4,5% ( aumenti di stipendi e pensioni ). Questo sperpero delle risorse pubbliche è dovuto anche a scelte errate di corrotti e criminali assurti a cariche pubbliche elettive locali e nazionali.
A ciò si aggiunga la mancata soppressione delle province, enti inutili che costano 10-13 miliardi di euro l'anno, la cui abolizione era nel programma del PDL , del PD e dell'UDC. Ed invece la Lega si è opposta con l'avallo del PDL e del PD, per controllare tutti insieme i miliardi di euro degli enti inutili controllati dalle Province e mantenere il proprio potere con poltrone e prebende.
D'altro canto e' stato vano l'appello di Ciampi a “intensificare il metodo di concertazione e di cooperazione tra autonomie locali, organizzazioni produttive, centri di ricerca e di educazione, associazioni di volontariato. A intensificare un più produttivo uso delle risorse a disposizione”. “ Non ci facciamo illusioni- disse Ciampi- il nuovo modello di governo democratico che sta nascendo in Italia ed in Europa, proprio perché più articolato, si annuncia più complesso. Per realizzare la grande ambizione di diffondere dappertutto in Europa un maggiore generale benessere, una maggiore diffusa giustizia sociale, un più alto livello di democrazia e di partecipazione, il federalismo richiede un più alto livello di cultura politica, un accresciuto impegno civile di amministrati ed amministratori, insomma un nuovo patriottismo, al tempo stesso regionale, nazionale ed europeo. La nuova Italia di ispirazione federalista non potrà non essere una Italia europea” ( Ciampi 19 .9.2001 Potenza)
“ La struttura politica che stiamo creando non ha precedenti nella storia. Comporta una duplice devolution, un trasferimento di compiti e di poteri verso il basso e verso l'alto, cioè verso un nuovo centro di governo comune europeo. In questa struttura democratica a tutti i livelli, ogni apparente cessione di sovranità si rivela , in realtà, quale conquista di una maggiore , più vera e più forte sovranità comune”. ( Padova 19 marzo 2002)
Un ultima considerazione riguarda il federalismo fiscale, che Massimo D'Alema, dopo averlo votato, ha definito sul Corriere della Sera del 29 giugno 2009, un far west; e che dovrebbe dare la possibilità alle Regioni di imporre tasse e imposte a carattere locale in sostituzione a quelle dello Stato centrale.
Il disegno di legge delega sul federalismo fiscale è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri del 3 ottobre 2008. Il disegno di legge contiene una delega per dare attuazione all’articolo 119 della Costituzione, come modificato nel 2001 dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, con cui è stata stabilita l’autonomia di entrata e di spesa di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, con l’attribuzione a tali enti di tributi propri e di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, oltre ad un fondo perequativo statale, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. L'attuazione del federalismo fiscale punta – secondo il relatore ministro Raffaele Fitto- sulla responsabilizzazione dei centri di spesa, la trasparenza dei meccanismi finanziari e il controllo democratico dei cittadini nei confronti degli eletti e dei propri amministratori pubblici nel quadro di un armonico funzionamento del sistema secondo l’articolo 119.
Il nostro timore è che, con il federalismo fiscale, le Regioni saccheggiate da politici e amministratori- secondo la relazione 2009 del Procuratore Generale della Corte dei Conti - da amministratori di centro destra , di centrosinistra e della lega, ( basta fare riferimento alle cinque regioni con il maggior livello di corruzione occulta ) , invitate a pagare gli ingenti debiti contratti per via delle tangenti, faranno pagare ai poveri contribuenti i loro misfatti finanziari. E mi chiedo come sia stato possibile affidare a Raffaele Fitto, già governatore delle Puglie, il compito di partecipare alla elaborazione del disegno di legge sul federalismo fiscale, con un chiaro conflitto di interessi. Né ci tranquillizza il fatto che il ddl sia stato approvato alla unanimità, poiché sappiamo il pactum sceleris che avvince maggioranza e opposizione a livello regionale.
Il nostro timore è che la Lega tenda non ad un federalismo solidale, rispettoso del principio della unità e indivisibilità dell'Italia, ma alla secessione morbida del Nord dal resto dell'Italia pensata e voluta dal prof. Miglio. A questa secessione noi ci opporremo con tutte le nostre forze.
Chi decide di fare politica, deve essere pronto anche a dissentire dalle scelte sbagliate dei propri compagni di partito e dei cittadini ignari.
Ferdinando Imposimato
sabato 21 marzo 2009
L'assalto alla democrazia - Final cut
L'ASSALTO ALLA DEMOCRAZIA - FINAL CUT
Il taglio drastico alle intercettazioni. L'attacco portato a magistrati e investigatori da quegli stessi personaggi oggetti delle loro indagini, e che oggi siedono su alte poltrone istituzionali. Infine l'assalto a Costituzione e democrazia.di Ferdinando Imposimato
(Articolo pubblicato su La Voce delle Voci - Marzo 2009)
Il disegno neofascista della maggioranza di governo sta andando avanti
a pieno ritmo senza ostacoli: nessuno si accorge che le nuove leggi su
giustizia e stampa sono incostituzionali e rappresentano un duro colpo
alla democrazia. Il loro scopo recondito e' quello di ridurre i
controlli di legalita' e la capacita' investigativa della magistratura.
E quello di evitare il controllo delle indagini su questioni scottanti
da parte della pubblica opinione. La gente - distratta dalla vicenda
Englaro, che ci distoglie dalla gravissima crisi in atto - non deve
sapere nulla dei rapporti tra mafia e politica, ne' della corruzione
che coinvolge il presidente del Consiglio nel processo che ha visto la
condanna dell'avvocato britannico David Mills.
L'attacco alla residua liberta' di stampa e' in pieno sviluppo con la
connivenza dei maggiori organi d'informazione, i quali fingono che
tutto sia normale. Eppure persino il Sole 24 ore, quotidiano di
Confindustria, parla di «censura della informazione», dopo la
previsione della reclusione dei giornalisti per la pubblicazione di
notizie non pertinenti alle indagini.
COLPO SU COLPO
Il primo passo dell'offensiva fu la legge sulle Pay Tv, che tendeva a
penalizzare Sky. Silvio Berlusconi, in palese conflitto di interessi,
essendo presidente del Consiglio e proprietario di Mediaset, tutelo' se
stesso e non il diritto collettivo ad una informazione libera e senza
costi eccessivi. E diede il primo colpo alla liberta' d'informazione di
milioni di cittadini, oggi garantita praticamente solo da Sky,
imponendo una tassa a carico dei piu' poveri, che non potranno essere
piu' informati sui loro diritti e sul malaffare dilagante.
Il secondo colpo lo ha inflitto con la legge sulle intercettazioni,
prevedendo limiti temporali anche per delitti gravi come omicidi e
sequestri, con un serio pericolo per la sicurezza e la civile
convivenza. Eppure l'esperienza dovrebbe insegnare qualcosa. Negli anni
settanta riuscimmo a debellare i sequestri di persona proprio grazie
alle intercettazioni telefoniche, mediante le quali fu possibile
colpire gruppi criminali internazionali affluiti a Roma da ogni parte
del mondo; e riuscimmo a liberare ben dieci ostaggi neutralizzando
delinquenti pericolosi che avevano diramazioni in ogni parte d'Italia.
Prevenimmo inoltre alcuni sequestri di persona gia' sul punto di essere
eseguiti: tra le vittime designate c'erano la figlia di Maria Sole
Agnelli, che era pedinata da mesi, ed il figlio dell'allora presidente
della Lazio Lenzini. Individuammo alcune prigioni in cui erano detenuti
da mesi bambini di 10 anni. Mai saremmo stati in grado di scoprire gli
autori dei sequestri e le prigioni, per via dell'omerta' e del terrore
che impedisce di trovare testimoni in grado di dare notizie. Lo stesso
accadde per il traffico internazionale di eroina, debellato grazie ad
intercettazioni protrattesi per mesi e anni. Nessuna indagine
tradizionale avrebbe portato alla scoperta di associazioni
transnazionali impegnate nei traffici di esseri umani che spesso hanno
avuto risvolti corruttivi nelle ambasciate e nel ceto politico.
Ancora. La pubblica opinione non sa che e' stata varata una legge di
riforma del Consiglio di presidenza della Corte dei Conti, che viene
privato dei poteri di governo dei magistrati contabili in favore del
presidente, passato al servizio del premier, in vista della imminente
pensione. E di questo colpo di mano che anticipa l'attacco al Csm
nessuno, tranne Antonio Di Pietro, si e' accorto. E dove sono tutti i
soloni al servizio di D'Alema, Veltroni e compagnia cantando? Una volta
ottenuta la poltrona in parlamento, sono scomparsi!
In questi scenari devastanti, la pubblica opinione e' assente poiche'
non correttamente informata del pericolo per la propria sicurezza e
della minaccia per la democrazia. I cittadini sono ignari di cio' che
accadra' per il deficit di informazione e di giustizia. D'ora in poi
sara' ben difficile, per non dire impossibile, che i singoli cittadini
riescano ad avvalersi in modo consapevole dei propri diritti politici.
TUTTI I TRUCCHI
Per complicare le cose e' stato escogitato un altro espediente. Che
riguarda la vanificazione delle intercettazioni con diversi sotterfugi.
Prima della nuova legge il pubblico ministero chiedeva al giudice per
le indagini preliminari (il gip) l'autorizzazione ad intercettare su
determinate persone tutte le utenze (casa, cellulari), quindi il gip
valutava ed autorizzava l'intercettazione, che poteva durare quindici o
venti giorni al massimo; se necessario, poi, lo stesso gip vagliava
ulteriori circostanze e, sussistendo gli elementi, concedeva la
proroga. Poteva concederne di diverso tipo: se un'indagine dura sei
mesi era assurdo che le intercettazioni non potessero durare
altrettanto, anche perche' molto spesso i reati si protraggono nel
tempo. Non c'e' nessun criminale che si dia un termine ultimo per un
reato. Puo' essere che la progettazione di una strage vada avanti per
mesi, che un sequestro di persona continui anche per anni. Si puo'
mettere per iscritto la durata di una intercettazione? No, perche' i
criminali non mettono per iscritto la durata del loro reato.
L'intercettazione, insomma, deve durare almeno quanto dura il reato e
magari di piu', visto che ci sono persone che parlano del reato molto
tempo dopo averlo commesso.
Da oggi non bastera' un gip: per poter disporre intercettazioni ed
eventuale proroga ci vorra' un collegio di tre giudici. Certo, se
avessimo cinquantamila giudici, si potrebbe fare. Ma ne abbiamo
diecimila, e ci sono molti tribunali - ottanta, quelli piccoli - con
meno di venti magistrati. E qui sorgono altri gravi problemi: se un
magistrato e' giudice per le indagini preliminari, non puo'
contemporaneamente fare anche il gup, cioe' il giudice per l'udienza
preliminare, per il rinvio a giudizio o per i riti abbreviati. Poi ci
sono i giudici del riesame, che sono tre e decidono su arresti,
sequestri, perquisizioni. E ancora, ci sono i giudici che portano
avanti i processi in composizione collegiale. Se esistono trenta
magistrati in tutto un tribunale, e' evidente che cresceranno fino alla
paralisi le catene delle incompatibilita'. «Non puo' decidere sulle
intercettazioni di Tizio chi lo ha gia' arrestato». «Non si puo'
pronunciare sul sequestro delle carte chi ha gia' deciso sulle
intercettazioni». «Non puo' giudicare in aula se era il gip».
Ma il ministro della Giustizia anziche' occuparsi del funzionamento dei
tribunali, vara riforme per ostacolare le indagini e cambiare le
carriere dei giudici, attaccare i magistrati e lasciare le cose come
stanno sulle circoscrizioni giudiziarie, risalenti a 180 anni fa. Con
la vergogna di una citta' come Caserta senza tribunale. E di piccoli
centri come Sant'Angelo dei Lombardi e Barcellona Pozzo di Gotto sedi
di tribunale.
Il ministro Angelino Alfano dovrebbe far funzionare la giustizia: dare
le stampanti, la carta, le fotocopiatrici, le volanti alla polizia
giudiziaria, gli uffici, le sedie, mettere i puntelli dove crolla il
tribunale. E dovrebbe dare i soldi per le intercettazioni. Il bilancio
del ministero e' positivo, sia per spese di giustizia che gravano sui
cittadini e sia per le grandi quantita' di beni confiscati alla
criminalita' organizzata: si tratta di miliardi di euro provenienti
dalla mafia e dalla camorra.
Un ministro indipendente, autenticamente impegnato nel risanamento,
rivoluzionerebbe la geografia dei tribunali italiani, prenderebbe
quelli piccoli, li cancellerebbe e li accorperebbe almeno nei
capoluoghi di provincia, per evitare di avere microtribunali dove i
giudici dovrebbero fare tutto e invece non possono fare niente perche'
risultano incompatibili. Speriamo che nessuno faccia emendamenti
migliorativi, perche' peggio e' questa legge, piu' abbiamo speranze che
venga incenerita dalla Corte Costituzionale.
spie e microspie
Altra anomalia. Le intercettazioni ambientali d'ora in poi potranno
essere disposte solo se si ha il fondato sospetto che si stiano
commettendo dei reati. Una pura assurdita': come fai a sapere prima se
in un certo luogo si commettono reati? L'importante e' invece poter
seguire un individuo sospetto che frequenta certi luoghi dove parla al
telefono o con degli amici. Un capo mafia a casa sua non strangola la
gente, a casa sua magari riceve qualcuno e insieme a lui parla di
appalti da truccare o negozi da taglieggiare. Pensate a quante volte
viene messa la microspia dentro l'auto di un tizio: mica quello
commette delitti dentro la macchina! C'e' la speranza che parli con
qualcuno. E riveli notizie utili alle indagini.
In un'autoscuola di Palermo furono scoperti uomini di Bernardo
Provenzano che facevano gli istruttori di guida e si chiudevano dentro
le auto per parlare di cose riservate, senza sapere che dentro c'erano
le “cimici”. In auto non commettevano reati, ma parlavano di come
dovevano sostenere alle elezioni Marcello Dell'Utri, candidato alle
europee nel 1999. Bene, d'ora in poi se non si ha un elemento concreto
che in un certo posto sta per svolgersi un crimine, non si potra' piu'
piazzare una microspia.
Ma la cosa piu' grave di questa legge riguarda le condizioni per
disporre le intercettazioni. Quali sono i requisiti, quali sono i
limiti? Oggi il gip le dispone su richiesta del pubblico ministero
soltanto se ci sono elementi che fanno ritenere quella misura
indispensabile per il proseguimento delle indagini. Da domani
occorreranno fin da subito “gravi indizi di colpevolezza” a carico
della persona da intercettare. Vuol dire che devi gia' avere prove
contro di lui. In un'indagine di omicidio o sequestro di persona, devi
insomma gia' conoscere il colpevole; e puoi intercettare soltanto lui.
Ma l'intercettazione e' sempre servita per scoprire il colpevole! Ora
non piu': prima devi scoprire il colpevole, poi puoi fare
l'intercettazione. E se hai scoperto il colpevole lo arresti, non lo
intercetti!
RUTELLI IN CONFLITTO
La demonizzazione di Gioacchino Genchi, consulente di Luigi De
Magistris, non ha senso. Genchi e' stato convocato dal Copasir, il
comitato di controllo sui servizi segreti guidato da Francesco Rutelli,
uno che avrebbe almeno due motivi per non presiedere - o almeno per
astenersi in questo periodo dal presiedere - il Copasir: era in
contatto telefonico con Antonio Saladino, principale indagato di Why
Not, e a Napoli risultano suoi contatti attraverso il rutelliano Renzo
Lusetti con Alfredo Romeo, l'imprenditore che sta in carcere per gli
appalti della Global Service.
Placidamente Rutelli, invece, giorni fa ha interrogato come capo del
Copasir De Magistris e Genchi. De Magistris ha indagato su Saladino
scoprendo fra l'altro i rapporti telefonici con Rutelli. Ma De
Magistris e' anche lo stesso giudice oggi in forze al tribunale del
riesame di Napoli che ha confermato gli arresti per Romeo, scrivendo
quello che risulta nell'indagine: Romeo aveva rapporti, ancora tutti da
chiarire, con Francesco Rutelli.
Tutti i giornali avevano raccontato di questi rapporti fra Romeo, la
Margherita, Lusetti e anche un incontro con Rutelli. Non dimentichiamo
che Romeo, pur essendo gia' stato arrestato e condannato in primo e
secondo grado per corruzione negli anni Novanta, finanziava la
Margherita ed Europa, il giornale della Margherita. Rutelli aveva
accettato, o forse non l'avevano informato, il che sarebbe molto grave,
che il suo partito prendesse soldi da uno che era noto come un
corruttore di politici, gia' nella Prima Repubblica. Dopo che Rutelli e
gli altri del Copasir hanno torchiato De Magistris e Genchi a proposito
dell'archivio dei tabulati telefonici, i giornali invece di segnalare
il grave conflitto di interessi hanno scritto che erano emersi fatti
gravissimi...
Il vero problema e' che se non si puo' piu' intercettare nessuno (a
meno non si sia gia' scoperto che e' colpevole), noi cittadini saremo
molto piu' esposti ai crimini. Ed alla corruzione. Anzi, quando i
criminali sapranno che la nuova legge e' questa, commetteranno molti
piu' delitti perche' non avranno piu' nemmeno quel po' di paura che
hanno oggi di essere presi.
STUPRI, SEMAFORO VERDE
Questo e' quello che succedera'. Pensate al caso degli stupri nel Lazio
negli ultimi giorni: hanno scoperto molti dei violentatori
intercettando le comunicazioni telefoniche e incrociando i tabulati,
esattamente quello che fa Genchi. Se il gip, per intercettare i
presunti stupratori, avesse dovuto aspettare che il pm gli desse la
prova o il grave indizio di colpevolezza a carico di quei soggetti, non
sarebbero stati sotto intercettazioni e sorpresi. In piena liberta',
avrebbero gia' colpito altre ragazze.
Come non sospettare che decine di parlamentari della maggioranza,
essendo stati condannati, siano diventati nemici acerrimi dei
magistrati e rifiutino il controllo di legalita', seguiti a ruota da
quelli della fasulla opposizione, anche essi accusati di gravi crimini?
Il problema e' che esiste un accordo trasversale per neutralizzare le
intercettazioni. E delegittimare i magistrati.
LE LEGGI CRIMONOGENE
L'attacco alla legalita' va avanti anche in materia finanziaria. Dopo
che le banche ne hanno combinato di tutti i colori truffando
impunemente milioni di ignari cittadini, in violazione della legge
penale e della Costituzione, che impone alla Repubblica di tutelare il
risparmio; dopo la vergogna delle scalate bancarie che ha visto
coinvolti centro destra e centro sinistra in un assalto banditesco ai
risparmiatori, la risposta di questo Governo e' una legge che permette
di depredare i cittadini. E come sempre l'opposizione tace. Parliamo di
un provvedimento destinato a provocare migliaia di esecuzioni forzate
contro i piu' deboli ed indifesi, che saranno privati delle loro case.
Il 28 gennaio scorso e' stato infatti ridotto per legge a soli 5.000
euro il limite (precedentemente fissato a 8.000) per l'attivazione
delle procedure di esproprio immobiliare a carico di coloro che sono in
debito col fisco. La norma, denominata “Misure di contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria”, porta un titolo menzognero e demagogico: si da' in
pratica la possibilita' agli agenti riscossori di espropriare gli
immobili per un importo piu' basso di prima. Bastera' un debito di 5000
euro per esseri privati di un bene primario come la casa. E si
dimentica che il diritto alla casa e' inviolabile e come tale va
tutelato assai piu' delle banche usuraie e truffatrici.
E che dicono i giornali e le tv, impegnati a narcotizzare la pubblica
opinione con i reality e i festival, su questa ennesima vergogna?
Nulla. Tacciono e, cosi' facendo, assentono.
martedì 10 marzo 2009
Dario Franceschini e la Costituzione
Salutiamo con rinnovata speranza l'avvento di Dario Franceschini al vertice del PD per il suo convinto richiamo alla Costituzione repubblicana che egli ha dimostrato di conoscere e di amare , a differenza dei suoi predecessori. A noi piace che egli abbia, come primo atto di neo segretario del PD, giurato sulla Costituzione, mettendo in evidenza il pericolo per la democrazia a causa della concentrazione del potere nelle mani del capo del Governo. Costui sta realizzando di fatto quel regime presidenziale vanamente perseguito dalla riforma costituzionale bocciata dal referendum. Il premier, colpito nel segno dalle parole di Franceschini, ha affermato di essere un difensore della Costituzione. Che aveva tentato di cambiare nella bicamerale presieduta da Massimo D'Alema ma non da solo. Solo pochi giorni fa l'ineffabile bugiardo disse che la nostra Carta risentiva della influenza del comunismo sovietico e che cambiarla non era disdicevole.
Ma è bene ricordare a quelli che sono di memoria corta quali sono stati gli atti e i provvedimenti liberticidi del premier nel corso di questi anni. Il primo vulnus della Carta fu il tentativo di realizzare nel presidente del consiglio, definito “Primo Ministro”, una concentrazione di poteri assai superiore a quella di cui dispongono tutti i capi di Stato e di governo dei paesi democratici, a cominciare dal Presidente degli Stati Uniti. Sarebbe stata quella riforma che Franceschini teme come violatrice della Costituzione. Oggi, il Presidente del Consiglio fa un continuo ricorso alla decretazione di urgenza su questioni fondamentali come la giustizia, la libertà di stampa e l'economia, senza che si sappia, da parte dei parlamentari di maggioranza e opposizione, cosa votano.
Giuliano Vassalli, denunciò l’eccesso “sbalorditivo” dei poteri che venivano attribuiti al Presidente del Consiglio, fornito di un potere di ricatto nei confronti della Camera dei deputati, i cui membri sarebbero stati sottoposti alla minaccia di scioglimento anticipato.
In realtà secondo la riforma fallita, ma sempre perseguita, il premier nominava e revocava i Ministri e scioglieva il Parlamento. Mentre tendeva a modificare la composizione della Corte Costituzionale aumentando i membri di nomina delle regioni. Con la conseguenza che la Corte Costituzionale sarebbe divenuta un organo della maggioranza di governo. Oggi l’iniziativa legislativa del Parlamento è stata drasticamente ridimensionata, sia per ciò che concerne la funzione legislativa che per quanto riguarda il controllo politico, funzione indispensabile per evitare le degenerazioni autoritarie.
Il federalismo fiscale, che si vuole oggi, violerebbe il principio di solidarietà stabilito dall'art 2 Cost. . Già la improvvida riforma del titolo V della Costituzione voluta del centrosinistra diede luogo ad un sovraccarico di conflittualità fra i diversi livelli istituzionali. L'accusa del Presidente del Consiglio al centro sinistra di avere operato una riforma federale sciagurata è purtroppo fondata. Ricordava Giorgio Napolitano in un convegno di qualche anno fa che il varo della Commissione che giunse alla riforma del titolo V avvenne su impulso “solenne dell’appena eletto Presidente della Repubblica” Oscar Luigi Scalfaro. Che rivolse “un rispettoso ma fermo invito al Parlamento perché procedesse alla nomina di una Commissione bicamerale con il compito di una globale e organica revisione della Carta Costituzionale nell’articolazione delle diverse istituzioni” ( G Napolitano Convegno del 25 Novembre 2004). Con il federalismo voluto da Bassanini si stravolse l’equilibrio dei poteri indebolendo il nostro Paese nella realtà europea e internazionale.
Un altro colpo alla democrazia è stato inflitto dalla legge elettorale che ha eliminato il voto di preferenza , il principale diritto politico dei cittadini (art 48 Cost.), privati della libertà di scegliere i loro rappresentanti in parlamento. Questo sconcio è avvenuto ad opera del centro destra, ma con l'accordo della sinistra e del PD, tutti preoccupati di garantire la sopravvivenza dei loro logori esponenti.
Ma gli errori del centro sinistra non giustificano altri stravolgimenti della Costituzione, quali quelli perseguiti in passato che è bene ricordare agli italiani dalla memoria corta. Oggi Berlusconi finge rispetto per Napolitano. In realtà un duro attacco venne portato da Berlusconi al Presidente della Repubblica nel recente passato. Nei disegni del Presidente del Consiglio, il Capo dello Stato doveva essere privato della funzione di garanzia perdendo il potere di filtro delle leggi e di scioglimento delle camere essendo ridotto a una mera funzione notarile di ratifica delle scelte del Premier cui quei poteri dovevano passare.
Il parlamento nazionale, che legifera su diritti e libertà fondamentali dei cittadini, sul lavoro, sulla indipendenza dei magistrati, sul pluralismo della informazione, sui sistemi elettorali e sui conflitti di interesse, doveva perdere la sua centralità e la sua libertà perché condizionato dal perverso congegno che univa voto bloccato e questione di fiducia posta dal primo ministro. Ed è ciò che di fatto sta accadendo oggi con una violazione sostanziale della Carta. Il Parlamento non esiste.
L’indipendenza della magistratura sarebbe stata compromessa dallo svuotamento del potere del CSM poiché la selezione, nomina e carriera dei magistrati, sarebbero state esercitate dal Ministro della Giustizia attraverso speciali commissioni controllate dall’esecutivo con organi esterni alla magistratura. Il Governo poteva nominare capi di uffici giudiziari a sua scelta, ed avere giudici subalterni al potere politico, come avveniva una volta, ai tempi delle stragi di piazza Fontana e di Portella delle Ginestre. Oggi questo obiettivo è stato raggiunto con la riforma silente della Corte dei Conti, trasformando la composizione del Consiglio di Presidenza in cui i membri di nomina politica diventeranno la maggioranza. Mentre in capo al Presidente della Corte, di nomina governativa, con decreto legge 112 del 2008 sono stati trasferiti funzioni di controllo dell'attività del Governo.
Il colpo finale alla informazione è venuto dalla nomina di Sergio Zavoli, amico di Gianni Letta, che ha varato - ha perfettamente ragione Antonio Di Pietro - una commissione di vigilanza su misura per gli interessi di Berlusconi. La Rai sarà al servizio esclusivo del Governo. E coloro che, nel PD, hanno voluto Zavoli sono serviti. Le possibilità di una riscossa del centro sinistra sono pari a zero.
In conclusione, le riforme del Governo bocciate dal referendum ci vengono di fatto imposte con la decretazione di urgenza di cui tutti ignorano la portata devastante, il lodo Alfano che assicura la impunità del Presidente del Consiglio per i delitti di corruzione, la legge sulle intercettazioni telefoniche per limitare la libertà di stampa, decreti di sostegno alle famiglie che invece le danneggiano gravemente, la liquidazione del potere di controllo della Corte sugli atti del Governo. Nel frattempo la situazione è aggravata dal controllo sempre più intenso da parte del governo dell’istruzione pubblica e della formazione dei giovani, con una intollerabile umiliazione della scuola pubblica .
Infine, con la legge che pretende di equiparare i repubblichini che sostennero il nazifascismo delle stragi ed i partigiani che lottarono per la Costituzione, si viola apertamente la Carta che nella XII disposizione transitoria vieta la ricostituzione del partito fascista. Nella relazione alla proposta di legge presentato da postfascisti si invoca la pari dignità dei seguaci di Salò, che se avessero vinto, ci avrebbero riconsegnati nelle mani di Hitler e Mussolini, e definiscono i partigiani come coloro che, agendo da traditori, si schierarono “con la parte avversa”, cioè con gli americani; i repubblichini, “cresciuti nella temperie culturale guerriera e imperiale del ventennio, ritennero onorevole la scelta a difesa del regime” restando fedeli alla patria fascista, invocandosi “la possibilità di riconoscere socialmente i meriti di coloro che hanno combattuto consapevolmente per il tricolore”, cioè per il nazifascismo. Un vero e proprio stravolgimento della verità e della storia, preludio del rinascente fascismo. Il Presidente della Repubblica non può avallare una simile offesa alla memoria dei partigiani.
Moro, Calamandrei, Dossetti e tutti i padri costituenti vollero la Costituzione “antifascista” come il frutto - disse Moro nel 1947 all’assemblea costituente - “della comune opposizione di tutti i democratici”, cattolici popolari, comunisti, socialisti, repubblicani, azionisti di G e L e liberali, di fronte a quella lunga oppressione fascista dei valori della personalità umana e della solidarietà sociale” .
Siamo alla tirannia del Presidente del Consiglio; a qualcosa di molto peggio del regime.
Ferdinando Imposimato