martedì 15 dicembre 2009

No al plebiscito, No al dialogo e No a elezioni anticipate. Si a un governo per la difesa della Costituzione.


di Ferdinando Imposimato [12/12/2009]

La Costituzione è il baluardo della democrazia; e, con nostra gioia, resta l'incubo del premier. Essa non va cambiata in nessuna parte. Non eravamo e non siamo d'accordo con il Presidente della Repubblica, che auspicava riforme come il premierato e il federalismo. Oggi Berlusconi ripropone un lodo Alfano bis, la separazione delle carriere dei magistrati e la riforma del CSM: gli obiettivi di sempre. Qualunque dialogo con tale eversore sarebbe assurdo. E stupisce che lo abbiano compreso Fini e Casini, ma non Pierluigi Bersani, che insiste nel volere riforme condivise (Corsera 11.12.2009). Il premier non vuole riformare la Costituzione, vuole farla a pezzi, è un ostacolo ai suoi disegni egemonici.

Tuttavia, attenzione, il disegno del tirannello è preciso: spingere a nuove elezioni, vincerle ed essere legittimato dal popolo a stravolgere la Carta Costituzionale. Il progetto plebiscitario non è utopistico: la maggioranza degli italiani, annichilita dalle TV minzoliniane, lo sosterrebbe. Per il Paese sarebbe la rovina. Mente il premier quando dice che non vuole le elezioni: lo hanno capito Gianfranco Fini, Bruno Tabacci e Ferdinando Casini. Il leader dell'UDC propone un governo per la democrazia per scongiurare il rischio di elezioni anticipate. Pur di evitare un plebiscito in favore del tiranno, siamo d'accordo per un governo istituzionale in difesa della Costituzione. Per arginare l'attacco del premier alla Costituzione che non ha soste. E' la sola strada percorribile in questo momento.

Il primo atto del disegno eversivo è una legge che proroga fino a 78 anni le alte cariche delle tre magistrature: Presidente della Cassazione, della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato. Costoro dovrebbero garantire al premier collegi giudicanti compiacenti. Il progetto di legge esiste . Non a caso il Premier difende i giudici di grado elevato, che lo hanno sempre assolto. Su questo punto la opposizione tace e la gente non sa nulla. Questo accade per i persistenti patti scellerati sottobanco tra PDL e PD. Di cui un segnale preciso sono i voti di parte del PD assieme a quelli del PDL contro l'arresto del sottosegretario Nicola Cosentino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa dalla Procura di Napoli. Cosentino ha ricevuto 51 voti in più rispetto a quelli della maggioranza. E' la prosecuzione di accordi risalenti al tempo dell'elezione al parlamento di Silvio Berlusconi. Quando furono ignorati i richiami di talune delle coscienze più sensibili- come Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca e Vito Laterza- sull'esistenza di un decreto presidenziale 30 marzo 1957 n 361 che all'articolo 10 contemplava esattamente il caso Berlusconi: “Non sono eleggibili coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...”. Quando Berlusconi fu eletto, Giovanni Sartori ammonì: “ io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine perché così lui vince sempre ed io perdo sempre”. Questo era prevedibile: i soli a non prevederlo furono D'Alema e Prodi, con l'assurda giustificazione che il conflitto di interessi non interessava al Paese. Ma interessava alla democrazia, perché democrazia vuol dire competizione alla pari tra i partecipanti alla contesa elettorale, come vuole l'articolo 51 della Costituzione. Questa “furbizia” suicida- dobbiamo ripeterlo a quelli dalla memoria corta- fu il risultato di accordi tra Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, bisognoso del sostegno dell'opposizione, e Silvio Berlusconi; egli disse che Mediaset era un patrimonio nazionale. Il problema non era toccare Mediaset, ma applicare la legge. La storia si ripete con il voto di parte del PD a favore di Nicola Cosentino.

Noi diciamo : no alla legge che mantiene in servizio i magistrati di vertice prossimi alla pensione. Bisogna prevenire il piano eversivo. Che prevede riforme che distruggerebbero in un sol colpo gli equilibri democratici tra i vari poteri: quelli che reggono i rapporti tra maggioranza e opposizione; e servono a scongiurare il pericolo che ci sia un potere capace di sovrastare tutti gli altri.

Noi ribadiamo un fermo no al federalismo, al premierato, al plebiscitarismo. Deploriamo l’eccesso dei poteri al Presidente del Consiglio dei Ministri. E rammentiamo che la riforma federale metterebbe in pericolo la unità del Paese . E la indipendenza della Corte Costituzionale, accusata dal premier di comunismo. La Consulta , con l’aumento dei giudici designati dal Parlamento federale, diventerebbe un organo della maggioranza e perderebbe il ruolo di giudice indipendente delle leggi incostituzionali. La Corte deve restare l’estrema barriera contro il tentativo di attentare all’essenza della democrazia.

Ferdinando Imposimato

Difesa collettiva della Costituzione contro i demagoghi