di Ferdinando Imposimato [19/03/2013]
Era
inevitabile il disastro della sinistra, ma non mi sarei mai aspettato
che Silvio Berlusconi, benche' sconfitto, riuscisse a recuperare lo
svantaggio giungendo a poche decine di migliaia di voti dal Partito
Democratico. Questo dimostra ancora una volta la potenza enorme
della tv, che riesce a condizionare, secondo dati di credibili studi di
ricerca, il 75 per cento degli elettori, che non va troppo per
il sottile nel dare il voto. Questo ha comportato non solo la mancata
vittoria del Pd al Senato, ma anche la sconfitta di Umberto Ambrosoli in
Lombardia, dove il cavaliere ha vinto nonostante gli scandali, la
condanna in primo grado, il severo giudizio del Tribunale di Milano
sulla pericolosita' del condannato, la catastrofe del sistema del
presidente della Giunta regionale e la presenza di un avversario di
Maroni, Ambrosoli, che riscuoteva il consenso della stragrande
maggioranza degli italiani.
Non e' solo lo smacco in Lombardia, ma
anche la batosta in tutto il Nord e nelle regioni cruciali del Sud, ad
avere sancito il crollo della sinistra, ancora dominata da un Massimo D'Alema,
sempre piu' impresentabile, assieme a un Pier Luigi Bersani che ha
dimostrato di non sapere mantenere neppure le promesse di rinnovamento
annunziate alla vigilia. Hanno sicuramente inciso i silenzi del
segretario Pd su alcune questioni chiave, come la lotta all'evasione
fiscale, la riduzione dei costi enormi della politica, con la perdita
delle somme ingenti versate per rimborsi elettorali inesistenti, la
riduzione delle indennita' parlamentari, la soluzione del conflitto di
interesse, una seria lotta alla corruzione, una maggiore giustizia
sociale, la tutela del diritto al lavoro.
Quei silenzi significavano una sola cosa: il partito democratico non voleva impegnarsi a promettere cose che non avrebbe fatto. Al contrario, Beppe Grillo, pur non essendo presente in Parlamento, dimostrava una concreta volonta' di ridurre i privilegi dei
suoi eletti alla Regione Sicilia, quelli che sarebbero stati eletti al
Parlamento nazionale e nei vari parlamenti regionali, di non volere i
rimborsi elettorali per milioni di euro, non gestiti dal capo del
movimento ma da soggetti esterni alla segreteria, in maniera del tutto
trasparente, come usa in tutte le democrazie degne di questo nome. Del
resto, la stessa assenza dai canali tv, mentre dilagavano persone
squalificate, come Silvio Berlusconi e lo stesso Massimo D'Alema (che
del primo era stato garante per anni), era la prova di una scelta
coraggiosa dei grillini, che dimostrava rispetto dei cittadini e della
loro capacita' di scelta.
A questi requisiti occorre aggiungere, come elemento positivo, il coraggio che ha avuto Grillo di puntare su giovani e adulti del tutto nuovi alla politica,
ma non per questo meno capaci e preparati, mentre il Pd riproponeva i
soliti dinosauri, come Bindi e Zavoli, attaccati alle poltrone e decisi a
difenderle anche con i cannoni.
E fa piacere che Grillo
abbia posto al primo punto del suo programma la soluzione del problema
del conflitto di interessi, assieme a quello della eliminazione dei
rimborsi elettorali e della lotta alla corruzione, nelle sue varie
forme.
LE VIE DELLA CORRUZIONE
Quella
del conflitto di interessi, contrariamente a cio' che pensa Enrico
Mentana, e' una questione centrale della nostra, come di qualunque altra
democrazia. Ed e' bene cercare di spiegare di cosa si parla.
La principale questione morale riguarda il conflitto di interessi
dilagante, fonte di corruzione e criminalita' e di una gestione dissennata delle risorse pubbliche.
Questa e' la situazione apparentemente “legale” in cui viene a trovarsi
un governante, un amministratore, un banchiere, un politico o un
giudice il quale, anziche' fare l'interesse pubblico nella sua attivita'
istituzionale, cura il suo interesse privato o quello di amici e
prestanomi. Questo viola l'articolo 97 della Costituzione che impone alla pubblica amministrazione di agire rispettando i principi del buon andamento e della imparzialita'.
Il conflitto di interessi e' il principale strumento di corruzione diffuso in Italia. Un
cancro che affligge la politica del Governo e le nostre istituzioni da
decenni. E che si aggrava nonostante le denunzie e le accuse che
fioccano per gli scandali ricorrenti. Che interessano varie categorie di
persone: governanti, amministratori, governatori, banchieri,
imprenditori, consulenti, magistrati, soggetti nei quali spesso si
uniscono le funzioni di controllori e controllati. Con il permesso o
nell'assenza della legge.
E' questo conflitto l'anello debole della tangentopoli che ci sommerge, e' la sua
mancata disciplina come delitto autonomo, dopo la depenalizzazione
dell'interesse privato in atti di ufficio (articolo 324 del codice
penale) avvenuta nel 1990 per volonta' della sinistra.
L'eliminazione di tale delitto ha consentito il prosperare di vecchie e
nuove forme di criminalita' che vanno sotto il nome di “colletti
bianchi”.
Ed e' proprio da questo che bisogna partire per capire cio' che di molto complesso sta accadendo.
Il conflitto d'interessi, oltre alla Costituzione, viola i codici deontologici. Ma non viola il codice penale.
Ed oggi e' divenuto il principale strumento di corruzione. Un cancro
che affligge la politica e le istituzioni pubbliche e private da
decenni. E non si riesce a debellare. Proprio perche' chi dovrebbe farlo
- in primis il governo - versa in clamorosi conflitti di interessi e
non intende quindi risolvere il problema. Anzi, la legislazione varata
va nella direzione opposta, che e' quella di favorire operazioni
societarie sotto copertura, che nascondono spesso il riciclaggio di
capitali sporchi di provenienza la piu' svariata. Sotto silenzio e'
passata la notizia del varo della legge contro la corruzione, che si e'
risolta in una maggiore apertura a questi fenomeni criminosi, con la
riduzione assurda della pena per il delitto di concussione fraudolenta.
Il caso piu' clamoroso del conflitto di interessi riguarda certamente l'ex presidente del Consiglio Berlusconi.
Il quale ha approvato leggi che favoriscono i suoi interessi
patrimoniali - vedi leggi sul falso in bilancio, sulla esportazione di
capitali e sul condono agli evasori - o gli interessi giudiziari propri e
di amici, come la legge ex Cirielli, una forma di indulto ad personas;
ma anche gli interessi politici, come le leggi che alterano la par
condicio nell'uso dei mezzi di informazione, condizione indispensabile
per una corretta competizione democratica, senza che intervenga alcuna
sanzione.
Un altro fenomeno grave ha riguardato per anni i conflitti di interesse della Banca di Italia, in violazione dell'articolo 47 della Costituzione,
per il quale «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte
le sue forme e disciplina, coordina e controlla l'esercizio del
credito». La mancata soluzione dei problemi emersi in materia di
risparmio (i casi Monte Paschi di Siena, Cirio e Antonveneta), derivo'
da situazioni confliggenti della Banca d'Italia. Che da un lato svolge
compiti di vigilanza e di controllo sugli istituti di credito;
dall'altro e' in parte di proprieta' degli stessi istituti di credito
che avrebbe dovuto controllare (ex banche pubbliche divenute private); e
dall'altro e' organo di tutela dei risparmiatori, cui la Costituzione
assegna speciale protezione.
A questo si aggiunga un altro paradosso, che il Cicr (comitato
per il credito e il risparmio), organo che doveva controllare la
regolarita' della condotta del Governatore della Banca d'Italia, era
composto non solo dallo stesso Governatore, ma anche dai rappresentanti
delle banche controllate, comproprietarie della Banca d'Italia, e da
ministri che avevano interesse a favorire finanziamenti localistici,
aperture di sportelli, prestiti a gruppi di clientes e roba del genere.
Un guazzabuglio reso possibile da leggi-non leggi e carenza di leggi.
Le
operazioni truffaldine sono state compiute con l'avallo formidabile di
una politica criminogena fondata sulla depenalizzazione dell'interesse
privato in atti di ufficio, sulla legittimazione dei fondi neri, sui
condoni con il rientro dei capitali illeciti, sulle evasioni fiscali. Ma
le operazioni sono state anche il risultato di controlli pressoche' inesistenti di Banca d'Italia, in primis. E anche di Consob,
Borsa, sindaci, revisori dei conti e agenzie di rating, che non hanno
funzionato e non hanno garantito, come dovevano, un reticolo di
trasparenza e affidabilita'.
Gli organi di controllo sono
stati un costosissimo apparato di supporto per una miriade di delitti
(insider trading, truffa, falso in bilancio, bancarotta, riciclaggio) al
confronto dei quali i reati del crimine organizzato appaiono ben poca
cosa. La gravita' dell'imbroglio e' nel fatto che esso e' stato reso
possibile dalla complicita' o dalla connivenza di soggetti istituzionali e di banche.
Ancora una volta, prima della politica, sono arrivati i magistrati, che
hanno fatto il loro dovere senza guardare in faccia nessuno.
Vi e' stato l'intervento rapido, esemplare e competente della magistratura inquirente. Quella stessa magistratura
che, sottoposta da anni agli attacchi forsennati dei vari Governi in
carica, e' oggi l'unica funzione pubblica italiana che, in questo
momento, tiene alto il prestigio del Paese. La magistratura
dimostra, con il caso Mps, di andare avanti senza strumentalizzazioni e
senza guardare ne' a destra ne' a sinistra.
Venendo alle
prospettive politiche immediate, i segnali sono contrari alla ipotesi di
un accordo tra Pd e M5S. Non credo che il Partito Democratico sia
d'accordo nel varare una legge sul conflitto di interessi, o sulla
eliminazione dei rimborsi elettorali o del finanziamento dei partiti,
che invece sono obiettivi primari di Grillo. Se questi dovesse giungere a
un compromesso, sicuramente perderebbe gran parte dei consensi
conquistati.
D'altra parte il Pd lascia intendere di non potere
rinunziare al rimborso delle spese elettorali, anche della parte che
eccede di 5 volte le spese reali. Ne' sembra d'accordo nel ridurre le
indennita' parlamentari, che sono quintuple rispetto a quelle di tutto
il resto d'Europa.
Quanto alla legge elettorale
voluta da Calderoli, ma mantenuta dal Pd e dall'Italia dei Valori, che
pensavano alla scelta dei candidati amici e parenti, essa si e' risolta
nell'eterogenesi dei fini. Gli stessi Bersani e di
Pietro ne sono stati travolti, ed ora diventa difficile cambiarla,
perche' tutte le maggioranze la ritengono conveniente ai loro scopi.