Dopo sterminati articoli di sostegno di Eugenio Scalfari al Governo Letta, il quotidiano di De Benedetti ha scelto la linea del pentimento sulla linea politica da sostenere. Ezio Mauro ha denunziato la gravità del richiamo del Colle a « elementari principi di democrazia», segnalato «l'emergenza istituzionale in cui siamo precipitati» E ha ammonito; «bisogna fermare per tempo -istituzioni, opposizioni, intellettuali, giornali- la progressione di un'avventura politica che costruiva se stessa come sciolta dalle leggi, dai controlli, dalle norme stesse della Costituzione; disegna nella pratica abusiva, nel potere illegittimo e nella norma deformata secondo il bisogno». Si tratta di un ravvedimento tardivo espresso con un linguaggio tortuoso che non tiene conto della serie di articoli della stessa Repubblica a sostegno delle larghe intese e quindi di Silvio Berlusconi , che di quelle intese era chiaramente il pilastro. Proseguendo nel suo grido di allarme, Ezio Mauro avverte «ora si vedono i guasti, con la disperata pretesa di unire in un unico fascio tragico i destini di un uomo, del governo, del Parlamento e del Paese, nell'impossibile richiesta di salvare dalla legge un pregiudicato per crimini comuni» (Repubblica 27 settembre 2013). Ma solo oggi Mauro scopre fatti allarmanti che erano noti a tutti, dimenticando che il Governo delle larghe intese ha avviato una riforma eversiva della Carta, con un Presidente del Consiglio che avrebbe il potere di scioglimento della Camera, cioè un potere di ricatto permanente sul Parlamento che sarebbe del tutto delegittimato. Era chiaro a tutti che le Larghe Intese sarebbero durate solo se si fosse garantita l’impunità a vita al Cavaliere; questa condizione non è stata valutata adeguatamente, forse, dai dirigenti del PD, che per sei mesi hanno creduto o hanno sperato invano che una parte del PdL potesse rendersi autonoma da Berlusconi e che, nel caso di impazzimento di quest’ultimo, fosse in grado di assicurare al Governo il sostegno dei parlamentari ragionevoli. E la esortazione di Ezio Mauro a “fermarlo subito” ( il Cavaliere nda) rivolta a tutte le forze che si riconoscono nella Costituzione, andava rivolta fin da subito a Eugenio Scalfari e al Presidente d Napolitano, che hanno voluto il Governo in cui uno degli alleati era il condannato a 4 anni. Ma ciò che emerge di tutta evidenza è l'assoluta subordinazione dei parlamentari del PDL al capo, benché definito socialmente pericoloso da un Tribunale della Repubblica. E così i parlamentari del PdL hanno consegnato le dimissioni , nelle mani dei rispettivi capigruppo parlamentari, allo scopo di concorrere con l'ex premier all’ennesimo ricatto contro il Quirinale e Palazzo Chigi: la vita del Governo in cambio di un provvedimento qualsiasi, che eviti a Berlusconi la decadenza dal ruolo di senatore e l'arresto che segue alla condanna definitiva della Cassazione, pronunciata il 1 agosto. Ricatto che è stato respinto, in un rigurgito di orgoglio , dal Capo dello Stato e dal Presidente Letta, perché, qualora il ricatto avesse l'effetto desiderato di evitare la decadenza, sarebbe la fine del principio di legalità, cardine della Repubblica; uno Stato può esistere senza benessere non senza giustizia (Aristotele). E dunque il Governo Letta è destinato a concludere con una disfatta la sua vita breve o, nella migliore delle ipotesi, ad andare avanti continuamente sofferente per la spada di Damocle della rottura dell'alleanza da parte degli uomini del Cavaliere. E non si dica che la colpa di tutto questo è del M5S che non ha accettato una alleanza con il PD, poiché non c'erano le condizioni per un accordo: il partito democratico ha dimostrato nei fatti di non volere nessuna riforma che si ispiri al principio di eguaglianza delle condizioni dei cittadini , intesa come eguale opportunità di tutti i cittadini di fare valere la propria persona nei vari campi dell'attività umana, in modo che tutti siano «ugualmente forti e stimati», consentendo ai «piccoli di diventare grandi» ( Tocqueville ); né la legge sul conflitto di interessi , né quella per la riforma fiscale, né quella per le riduzione dei privilegi della Casta e delle spese per Quirinale, Camera e Senato. Solo così si porrebbero le premesse per la eguaglianza delle condizioni, che eserciterebbe «una influenza prodigiosa sull'andamento della società» ( Tocqueville ). Il PD è andato nella direzione opposta mantenendo gli ingiusti privilegi della Casta, fingendo riforme sul finanziamento pubblico che sono state subito accantonate, omettendo di concludere un accordo con la Svizzera per colpire i capitali all'estero , evitando una riforma fiscale ispirata a equità e certezza che trasferisca il ricavato delle risorse ricavate dalla imposizione fiscale dai ricchi ai poveri , «contrastando l'accumularsi della ricchezza dei pochi e la miseria dei molti che dipendono principalmente dallo sfruttamento imposto con la forza dai primi a danno dei secondi , e facendo prestiti ai poveri in condizioni agevolate per aiutarli ad avviare attività anche modeste» (Paolo Sylos Labini)
Ferdinando Imposimato
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