[7/5/2014] di Ferdinando Imposimato
La decisione del CSM di precludere ai Pubblici Ministeri di Palermo
Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene , di
proseguire le indagini sulla trattativa Stato- mafia e sulle stragi
del 1992 e 1993, e le funzioni requirenti nel processo in corso a
Palermo e ormai al termine, con una semplice circolare emanata il 5
marzo 2014 , appare sorprendente e in contrasto con la Costituzione.
La quale garantisce l'indipendenza non solo dei giudici ma anche dei
Pubblici Ministeri, soggetti solo alla legge. Non sembra che tra le
funzioni del CSM sia anche quella di creare, in una fase delicata e
conclusiva delle loro funzioni, delle preclusioni ai magistrati i quali
sono inamovibili , secondo l'articolo 107 della Costituzione. “I
magistrati non possono essere dispensati o sospesi dal servizi né
destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del
Consiglio Superiore della Magistratura adottata o per i motivi e le
garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o col loro
consenso”. Lascia perplessi il constatare che il CSM abbia adottato il 5
marzo 2014 la circolare che ordina che tutti i nuovi fascicoli
d'inchiesta sulla mafia debbano essere affidati esclusivamente a chi fa
parte della DDA, direzione Distrettuale Antimafia, e Di Matteo è
formalmente scaduto, e ricordi solo oggi di applicarla ,senza tenere
conto degli effetti devastanti sull'andamento del processo sulla
trattativa in corso a Palermo, il cui esito interessa a tutti gli
italiani. In casi del genere, si intacca la indipendenza dei Pubblici
Ministeri, che non credo siano d'accordo sul loro spostamento. Quello
in corso rappresenta, dopo l'istanza di ricusazione contro il GUP di
Palermo e la recente istanza di spostamento da Palermo, respinto dalla
Cassazione, l'ennesimo tentativo di impedire alla magistratura di
Palermo di portare a termine un processo che riguarda anche le stragi di
Capaci e via D'Amelio , oltre a quelle di Firenze Roma e Milano del
1993 e 1994. Sarebbe come vanificare il principio della
professionalità e stabilità del pool antimafia, creato da Giovanni
Falcone, Paolo Borsellino , Antonio Caponnetto e altri magistrati proprio
per assicurare la continuità di indagini complesse sulla mafia che
sarebbero vanificate dalla improvvisa sostituzione o dalla eliminazione
fisica dei singoli magistrati operanti per via di azioni omicidiarie
da parte della mafia. Pensiamo che il CSM debba prevedere una deroga alla applicazione di questa circolare del 5 marzo 2014, per consentire ai magistrati di Palermo di portare a termine il loro compito, di ricerca imparziale della verità, premessa indispensabile per evitare l'errore giudiziario. Proprio questo compito differenzia nettamente il p.m. italiano dal prosecutor
dei sistemi anglosassoni, ove il p.m. deve sostenere sempre e solo la
tesi accusatoria, anche quando si trova di fronte ad una persona
innocente. Questa regola abominevole é dovuta anzitutto al fatto che i
meriti professionali del prosecutor e la sua conferma alla
scadenza del mandato – essendo essi eletti ogni 4 anni- sono legati
unicamente al numero delle condanne, indipendentemente dalla innocenza o
colpevolezza degli accusati.
Nell'ordinamento italiano, il
pubblico ministero non é di nomina politica, come é nei sistemi
anglosassoni; il pubblico ministero viene, come previsto dalla
Costituzione (articolo 106), scelto mediante un concorso pubblico.
Legato al problema della imparzialità é quello della funzione che
l'ufficio del pubblico ministero può e deve svolgere nella vita pubblica
e quindi nel senso più elevato del termine. A questo riguardo é utile
risalire - malgrado l'evoluzione che ha assunto rispetto al significato
originario - al principio della separazione dei poteri, enunciato da
Montesquieu; il quale ammoniva che “non vi é libertà quando il potere giudiziario non é separato da quello legislativo e da quello esecutivo”, perché diversamente “ il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore”.