Roma 9 luglio 2015
illustre signor Presidente della Repubblica
so
bene che le possibilità che lei non firmi la legge sulla buona scuola
sono poche. E tuttavia, in un momento grave per le sorti della
democrazia e della libertà, sento il dovere di rivolgermi a Lei, quale
massimo garante della Costituzione, per dare un contributo di conoscenza
sul problema complesso e per richiamare la Sua vigile attenzione
sulla opportunità , prima di promulgare la legge , di chiedere, in
base all'art 74 della Costituzione, con messaggio motivato alle Camere,
una nuova deliberazione che sia conforme alla lettera e allo spirito
della Costituzione repubblicana.
1. La democrazia è un
sistema di regole stabilite inderogabilmente, dalla Costituzione , ex
art 1, e vincolanti per Parlamento e Governo. Ebbene queste regole non
sembrano essere state osservate al Senato con il voto di fiducia sulla
legge. Infatti la fissazione di “linee guida per valutare il premio
dei docenti” , che poi avrà incidenza sulla carriera dei docenti,
premiati e non, è prevista, nella legge approvata al Senato con la
fiducia, entro il 2018, con una delega generica al Governo su
una materia fondamentale. Ciò va contro l'articolo 76 della
Costituzione, per il quale “l'esercizio della funzione legislativa non
può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e
criteri direttivi, e soltanto per tempo limitato e per oggetti
definiti”, principi e oggetti che mancano del tutto nella legge de quo
agitur. Inoltre l'art 72 della Cost prevede che “la procedura normale
di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre
adottata per disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e
per quelli di delegazione legislativa”.
2. Dopo oltre 15
anni di assenza di regole su reclutamento e utilizzo del precariato
istituzionalizzato con la l. 143/2004 e con la l. 128/2013, la Corte di
Giustizia Europea con sentenza 26 novembre 2014, ha condannato
l’Italia per violazione della Direttiva 1999/70/CE, avendo costretto al
precariato 400 mila docenti benemeriti privati del diritto al lavoro e
alla dignità. Situazione non eliminata dalla legge sulla scuola. La
precarietà e gli stipendi inadeguati di docenti precari e di ruolo
violano l'art 36 della Costituzione secondo cui “il lavoratore – tra cui
l' insegnante- ha diritto a una retribuzione proporzionata alla
quantità e alla qualità del lavoro svolto e comunque tale da garantire
una vita libera e dignitosa”. E 600 euro al mese per i precari e 1800
euro per i docenti di ruolo dopo 30 anni non sono tali da garantire
una vita libera e dignitosa.
Il mancato rispetto della sentenza
della corte di Giustizia da parte del Governo viola: 1) l'art 10 della
Costituzione secondo cui “l'ordinamento giuridico italiano si
conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute”, tra le quali rientra la direttiva 1999/70/CE , nonché
2) l'art 117 della Costituzione secondo cui “la potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione
nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali”, tali essendo anche quelli derivanti dalla
Sentenza della Corte di Giustizia europea relativa alla stabilizzazione
dei precari.
3. Nella legge i poteri di gestione della
scuola, prima affidati al solo dirigente scolastico , sono stati poi
affidati a un organo collegiale. A scegliere gli insegnanti più
meritevoli, sarà un “Comitato di sette membri, tra cui il preside ,
tre docenti insediati dal Consiglio di Istituto e per metà dal collegio
dei docenti , un membro esterno, un genitore e uno studente , che
individueranno i migliori e più impegnati tra i docenti da valutare” .
Tutto ciò con conseguenze inaccettabili sulla armonia tra i docenti e
sulla imparzialità nella gestione della scuola. Questa norma si pone
in contrasto con la Costituzione . Infatti i criteri di valutazione del
merito dei docenti vanno stabiliti per legge e non attribuiti a scelte
discrezionali di presidi, dirigenti scolastici o comitati di cui fanno
parte membri esterni, genitori e studenti, che non sono né ben
informati sul rendimento né imparziali . Infatti l'art 97 stabilisce che
“i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge
in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità
dell'amministrazione”. Ma viene violato anche l'art 33 della
Costituzione sulla libertà di insegnamento: un docente che dovrà essere
giudicato da un comitato di cui faranno parte anche i genitori degli
studenti, un rappresentante degli stessi studenti e un membro esterno,
non sarà più libero, ma sarà condizionato da interferenza di soggetti
non imparziali.
4. Un aspetto centrale del ddl sulla
“Buona Scuola” riguarda il corretto finanziamento delle scuole private,
cd paritarie , e statali. Primo punto La riforma prevede (art 17)
per i contribuenti italiani la possibilità di donare il 5 per mille
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche alle scuole statali o
alle scuole private. Il punto in questione ha portato plurime novità
negative. E ciò per l'aumento dei beneficiari privati idonei ad
ottenere le donazioni. Passati da 50.000 a quasi 96.000 . Questo metodo
di distribuzione di risorse pubbliche premia le scuole pubbliche o
private che hanno non solo più sostenitori, ma anche sostenitori più
abbienti rispetto a scuole dislocate in zone povere , andando così ad
accentuare diseguaglianze già esistenti tra le scuole. Ad esempio,
riceverà un maggior finanziamento la scuola che si trova ai Parioli a
Roma, rispetto alle scuole che si trovano a Centocelle , al Tiburtino
e al Prenestino, per non parlare degli istituti scolastici di paesini
poveri le cui scuole avrebbero un beneficio ancora minore.
5.
Appare evidente che con l'art 17 della legge si viola 1) l'art 3 1 c
della Costituzione che afferma eguaglianza sociale dei cittadini: ci
sarebbero cittadini e studenti di zone benestanti, avvantaggiati dal 5
per mille, rispetto a genitori e studenti, che frequentano scuole di
zone con cittadini con redditi minimi o privi di reddito, che del 5 per
mille non fruiranno; 2) l'art 3 2 comma della Cost, perché la
Repubblica , sottraendo una parte delle imposte alla scuola pubblica ,
viene meno, per mancanza di risorse, al dovere di “rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale , che limitando di fatto la
libertà e l'eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana” , specie dei più poveri. Questi infatti non fruirebbero della
donazione del 5 per mille a differenza dei più abbienti, e del
diritto dovere dello Stato di istituire scuole statali per tutti gli
ordini e gradi ex art 33 3) l'art 34 della Costituzione sulla
gratuità della scuola pubblica dell'obbligo.
6. Articolo 18 Il
cosiddetto School bonus prevede benefici fiscali per chi versa denaro
alle scuole. La norma contrasta con almeno tre articoli della
Costituzione. Anzitutto con l'art 53 perché i più ricchi godranno di
benefici fiscali previsti a favore di coloro che in cambio di
“erogazioni liberali in favore di istituzioni scolastiche” anche
private. Invero l'art 53 della Costituzione, prevede che “tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche – tra cui quelle per la scuola
pubblica- in ragione della loro capacità contributiva”; i più abbienti
fruiscono di benefici fiscali a scapito della scuola pubblica. Se tali
fruitori pagassero le somme dovute a titolo di imposta, lo Stato
potrebbe dare attuazione all'articolo 33 della Costituzione, secondo
cui “la Repubblica istituisce scuole statali per tutti gli ordini e
gradi”. La norma viola anche il principio di eguaglianza dei cittadini
di fronte alla legge ex art 3, esistendo lavoratori che vivono in zone o
paesi ove queste erogazioni liberali – che tali non sono- non si
verificano. Con l'ulteriore paradosso che se i cittadini benestanti
pagano al fisco interamente le somme dovute , le scuole pubbliche non
fruiscono di “strutture , manutenzione e potenziamento “, di cui godono
i paesi e le zone in cui vivono evasori fiscali.
7. Articolo 19 (Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica)
Ultima
modifica in materia di agevolazioni fiscali consiste nelle detrazioni
IRPEF, in favore delle famiglie che iscrivono i propri figli in scuole
appartenenti al sistema nazionale di istruzione, per le spese sostenute
per la frequenza delle scuole sopra indicate. La disposizione de quo
riguarda di fatto solo le spese sostenute per la frequenza di scuole private e
prevede una detrazione dall’IRPEF pari al 19% delle spese sostenute per
la frequenza delle scuole sopra indicate. In tal caso vi è il
finanziamento delle scuole private grazie alle somme versate dai
contribuenti soggetti all'IRPEF, con una evidente violazione dell'art
33 terzo comma della Costituzione secondo cui “ enti e privati hanno i
diritto di istituire scuole e istituiti di educazione senza oneri per
lo Stato”, mentre in questo caso gli oneri per lo Stato sono
rappresentati dalle detrazioni IRPEF che vanno a favore della scuola
privata per le quali non si applica l'art 34 della Costituzione, essendo
esse scuole non gratuite. E sarebbe violato anche l'art 53 della
Costituzione sul principio che tutti sono tenuti a concorrere alle
spese pubbliche in proporzione della loto capacità contributiva.
8.
Per contro , nessun beneficio va alle scuole pubbliche e alle famiglie
non abbienti dall'art 19. In realtà i senza reddito o quelli con
reddito minimo hanno comunque il dirittodovere di inviare i figli a
scuola pubblica che è gratuita , in base all'art 34 della Costituzione
che stabilisce “l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni,
è obbligatoria e gratuita”. Le sole scuole che fruiranno del
finanziamento sono le scuole private. Che non sono gratuite. La norma
(art 19) comporta come conseguenza che ingenti risorse pubbliche
sono sottratte alla scuola pubblica, sicché la Repubblica, ancora una
volta , non adempie, per mancanza di fondi, al dovere di “rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e privato che limitando di fatto la
libertà e l'eguaglianza , impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla
organizzazione politica economica e sociale del Paese”.
9.
Individuate le principali novità introdotte in materia di agevolazioni
fiscali dalla legge non ci resta che analizzare la scelta politica
portata avanti dal governo : le presunte agevolazioni mostrano la
volontà di riformare sensibilmente il modello di scuola italiano, non
solo da un punto di vista strutturale, ma soprattutto da un punto di
vista culturale, sociale ed economico. E' evidente la spinta sempre più
netta verso un sistema di finanziamento pubblico della scuola privata e
un finanziamento privato della scuola pubblica, in netta
contrapposizione con l’idea di istruzione pubblica, di qualità e
accessibile a tutti così come previsto dalla Costituzione agli articoli 3
, 9, 33 e 34. Nel nostro caso sarebbe violato l'art 9 della
Costituzione, secondo cui la Repubblica promuove lo sviluppo della
cultura e la ricerca scientifica e tecnica, poiché la destinazione
delle risorse alla scuola priva non lo consentono.
10. Il
nostro appello ad agire ai sindacati confederali è caduto nel vuoto: una
sterile e inutile critica è l'ultimo atto di una sostanziale inerzia
di fronte alla legge. Si può pensare di difendere la scuola pubblica
con discorsi moralistici come “la legge non risolve il problema del
precariato, mortifica la partecipazione e la collegialità, non rispetta
la libertà di insegnamento, propone una idea distorta di valutazione e
di merito” ? Mentre nessuna iniziativa decisiva contro la legge vi è
stata da parte dei sindacati? Le parole sono e restano vacui suoni, e la
strada per la perdizione è stata sempre accompagnata a finte
proclamazioni di devozione a un ideale: la libertà e l'eguaglianza dei
diritti sociali non si attuano con quello che si dice , ma con
l'applicazione e l'azione, mancate nel momento più grave dell'attacco
alla Costituzione, il cui nome e le cui violazioni non compaiono nel
manifesto dei sindacati.
Queste osservazioni affido alla
Sua attenzione, signor Presidente, segnalando i molteplici profili di
incostituzionalità della legge nella speranza che Ella, in base agli
artt 54 e 74 della Costituzione, possa chiedere alle Camere una nuova
deliberazione sul disegno di legge sulla Buona Scuola.
Con i sensi della più alta considerazione
Ferdinando Imposimato
9 luglio 2015