sabato 14 luglio 2007

Il sismi gate: il caso Pollari

Il sismi gate: il caso Pollari

Il sismi gate ha tenuto banco sulle prime pagine dei giornali per molti giorni. L'impressione che si ricava dalle dichiarazioni dei leader di maggioranza e di opposizione é che si cerchi di insabbiarlo, non essendo interesse di nessuno dei due poli di conoscere la verità. Quale é l'essenza di questa storia? Semplice. Il Sismi, servizio segreto militare italiano, é sospettato di avere indagato e schedato abusivamente su magistrati e giornalisti, tra cui anche quelli che dirigono e scrivono sulla Voce della Campania accusata di essere “collegata al fondamentalismo islamico” ( Corriere della Sera dell'8 luglio 2007): si tratta di due categorie di persone che per mestiere sono impegnate nella ricerca della verità al servizio dei cittadini. La schedatura da parte di una sede distaccata del Sismi di Niccolò Pollari di 250 magistrati di 13 paesi rappresenta un vulnus grave alla magistratura ed alla sua indipendenza: un modo per condizionarne l'azione e la tutela della legalità secondo il principio fondamentale che “la legge é uguale per tutti”, anche per i politici che governano. Secondo notizie giunte al Consiglio Superiore della Magistratura, le schedature sarebbero avvenute ad opera di Pio Pompa, uomo del Sismi, per ordine dei servizi.

La Procura ha chiesto ai servizi segreti se le informazioni raccolte illecitamente dall'Ufficio distaccato di via Nazionale, trasmesse a Niccolò Pollari, ex capo del Sismi, siano state effettivamente ricevute e catalogate. La risposta finora é mancata: il che accresce il dubbio che il Sismi fosse d'accordo sulla operazione di Pio Pompa. Intanto da un appunto del 2002 sequestrato dai pubblici Ministeri di Roma é certo che “molti dati raccolti sui giudici provenivano da ambiti qualificati di elevata affidabilità che anticipavano iniziative mediatico giudiziarie in danno del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi”. Negli atti si parla di “una struttura anti Berlusconi – da disarticolare - composta da magistrati e politici”. Il principale sospettato di questa operazione é il generale Niccolò Pollari, ex capo del Sismi, che ha negato ogni responsabilità; finora egli ha sempre goduto della fiducia e della protezione non solo di Berlusconi ma anche di Massimo D'Alema, persino dopo gli attacchi a ripetizione di “La Repubblica” al generale Pollari sulla manipolazione del dossier Niger- Iraq uranio gate, contenente la falsa notizia dell'acquisto da parte di Saddam Hussein delle armi di distruzione di massa dal Niger. Dal quale scaturì la guerra all'Iraq.

Uguale fiducia viene a Pollari anche da Romano Prodi se é vero che il generale Pollari ricopre l'incarico – ma sui giornali se ne parla poco- di “consigliere speciale del Presidente del Consiglio”. Vale la pena ricordare che il Governo Prodi, di cui D'Alema e Rutelli sono autorevoli esponenti, andando oltre le decisioni del Governo Berlusconi, ha imposto illegittimamente il segreto di Stato1 e bloccato i giudici di Milano che indagano sul ruolo di Pollari e del Sismi nella vicenda del sequestro di Abu Omar. Sembra emergere evidente un venire a patti tra i vecchi ed i nuovi governanti ed il generale Pollari, probabilmente in possesso di verità scottanti che riguardano la maggioranza e l'opposizione. Sicché appare una mera finzione la proposta di istituire una Commissione di inchiesta parlamentare sulla vicenda delle schedature illecite; la inchiesta parlamentare, come dice Emanuele Macaluso, non ha mai prodotto risultati utili all'accertamento della verità ed ancora una volta non approderebbe a nulla; anzi intralcerebbe le indagini dei giudici, come é sempre avvenuto con tutte le inchieste parlamentari, le ultime delle quali riguardano Telekom Serbia e il dossier Mitrokhin. induce ad una speranza di verità e di giustizia l'eventuale inchiesta del Copaco (comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti), che ha scagionato Pollari da tutte le accuse che riguardavano la creazione di un falso dossier sull'acquisto dell'Uranio da parte dell'Iraq, che fu alla base della decisione degli Stati Uniti di scatenare una illegittima guerra sanguinosa contro l'Iraq. Oggi l'indagine é stata affidata al Copaco: non si vuole la verità che il generale Pollari si é dichiarato pronto a rivelare. Oltre tutto il Copaco ha l'obbligo della segretezza sulla propria attività: i cittadini non potranno mai sapere ciò che il generale Pollari dichiarerà al Copaco. Il Copaco non funziona e non ha poteri di indagine penetranti.

Una cosa sembra certa: nulla é cambiato dai tempi del Sifar di De Lorenzo. Con la riforma del 1977, che istituì il Sismi ed il Sisde, i primi atti del Presidente del Consiglio Giulio Andreotti e del Ministro dell'Interno Francesco Cossiga furono la nomina ai vertici dei servizi segreti di Giuseppe Santovito e Giulio Grassini , due generali affiliati alla Loggia di Licio Gelli, uomo della CIA legato a Totò Riina, il capo di Cosa Nostra. Sono stati diversi mafiosi a rivelare questo collegamento tra Gelli e Riina. I legami di Gelli con la Cia sono documentati dalle inchieste della commissione P2 e dalle indagini della magistratura.

I servizi segreti di quel tempo non persero tempo: strinsero patti scellerati con Pippo Calò e la banda della Magliana, contro la quale, senza rendermene conto, fin dal 1975 avevo cominciato ad indagare assieme a Vittorio Occorsio: con questi istruivo alcuni processi per sequestri di persona, tra cui quelli di Ortolani, figlio di uno dei capi della P2, di Gianni Bulgari e di Angelina Ziaco; sequestri che vedevano coinvolti esponenti della Magliana e della Loggia Propaganda 2, tra cui un noto avvocato penalista, che poi venne stranamente assolto dopo che Occorsio aveva espresso parere contrario alla sua scarcerazione. Di quella banda facevano parte uomini come Danilo Abbruciati, legati alla loggia di Gelli, alla mafia ed ai servizi segreti. Occorsio, che aveva scoperto l'intreccio stragi – eversione nera e massoneria indagando da anni sulla strage di Piazza Fontana-, venne assassinato l'11 luglio 1976. Per l'attentato venne condannato Pier Luigi Concutelli, che risultò iscritto alla loggia Camea di Palermo, perquisita da Giovanni Falcone. La mia condanna a morte fu pronunciata dalla stessa associazione qualche tempo dopo. A raccontarlo fu il mafioso Antonio Mancini; costui disse al giudice Lupacchini che verso la fine del 1979 o i primi del 1980, avendo fruito di una licenza dalla Casa di lavoro di Soriano del Cimino, non era rientrato nella casa di lavoro; in occasione di un incontro conviviale in un ristorante di Trastevere, l'Antica Pesa o Checco il carrettiere, cui partecipò assieme a Danilo Abbruciati, a Edoardo Toscano, i fratelli Pellegrinetti, Maurizio Andreucci e Claudio Vannicola, mentre si discuteva del controllo del territorio del Tufello per il traffico di stupefacenti, si parlò di un attentato alla vita del giudice Ferdinando Imposimato. “Dal discorso si capiva che non si trattava di un'idea estemporanea: era evidente, cioé, che erano stati effettuati dei pedinamenti nei confronti del magistrato e della moglie; che erano stati verificati i luoghi nei quali l'attentato non avrebbe potuto essere eseguito con successo; si era stabilito che comunque non si trattava di un obiettivo impossibile, per carenze della sua difesa nella fase degli spostamenti in auto: il luogo dove l'attentato poteva essere realizzato era in prossimità del carcere di Rebibbia dove la strada di accesso all'istituto si restringeva e non vi erano presidi militari di alcun genere”.

Quando sentimmo il discorso che si fece a tavola, io e Toscano pensammo che l'attentato dovesse essere una sorta di vendetta per l'impegno profuso dal magistrato nei processi per sequestri di persona da lui istruiti e che avevano visto coinvolti i commensali, i quali parlavano del giudice Imposimato definendolo “quel cornuto che ci ha portato al processo” . “Successivamente, - disse Antonio Mancini - parlando dell'attentato ai danni del giudice Imposimato-, Danilo Abbruciati mi spiegò che, al di là delle ragioni personali che pure aveva, aveva ricevuto una richiesta in tal senso “da personaggi legati alla massoneria”, dei quali il giudice Imposimato aveva toccato gli interessi”. (dichiarazione di Antonio Mancini; ordinanza di rinvio a giudizio n 1154/87A GI del 13 agosto 1994 contro Abatino Maurizio p 230)

In seguito, durante le indagini per l'omicidio di Mino Pecorelli, il procuratore della Repubblica di Perugia accertò che alla riunione nel corso della quale si parlò dell'attentato a me, parteciparono anche due uomini dei servizi segreti militari italiani che furono incriminati e rinviati a giudizio per favoreggiamento; il processo era a carico di Giulio Andreotti per l'omicidio Pecorelli. Senonché i due funzionari dei servizi mi avvicinarono dicendomi che “loro due non c'entravano niente con quella riunione” e che “evidentemente c'era stato uno scambio di persone da parte di Mancini, altri due uomini del servizio erano coloro che avevano preso parte a quell'incontro in cui venne annunciata la mia condanna a morte”.

Ma nessuno si preoccupò di stabilire chi dei servizi aveva partecipato al summit in cui era stato annunciato l'assassinio del giudice che in quel momento si stava occupando del caso Moro in cui la presenza della massoneria e della mafia erano state determinanti della uccisione di Moro.

In quel periodo, io mi occupavo non solo di sequestri di persona , ma anche del falso sequestro di Michele Sindona, anche lui uomo della P2, e dell'assassinio di Vittorio Bachelet, del giudice Girolamo Tartaglione, del giudice Riccordo Palma e , naturalmente, del sequestro Moro; ed avrei accertato , dopo anni, che della gestione del sequestro Moro si erano occupati, nei 55 giorni della prigionia, i vertici dei servizi segreti che erano affiliati alla P2 e legati alla banda della Magliana: ma tutto questo io all'epoca non lo sapevo. Ciò che é certo é che Giuseppe Santovito, uomo della P2, era nelle mani di uomini della Magliana, articolazione della mafia a Roma. E dunque il racconto di Mancini era verosimile .

Era dunque evidente che i servizi segreti democratici (sisde) e militari (sismi) erano tutt'uno con la mafia della quale si servivano per compiere operazioni sporche di ogni genere, compresa quella del Lago della Duchessa, eseguita per provocare una reazione contro Moro. In quel tempo ero diventato un pericolo pubblico per Cosa Nostra e la Massoneria ma confesso che lo ignoravo.

Quando, durante le indagini che io a Roma, Falcone a Palermo, Turone e Colombo a Milano, venne fuori a Castiglion Fibocchi, in possesso di Gelli, l'elenco degli iscritti alla P2 che comprendeva i capi dei servizi segreti italiani e del CESIS, l'organismo che coordinava i servizi, venne decisa la epurazione degli uomini di Gelli; ma non fu così. La Loggia del venerabile maestro mantenne il controllo sui servizi segreti, come ebbe modo di scrivere la Commissione parlamentare sulla P2; e le deviazioni continuarono con la complicità dei vari governi che si susseguirono. La corruzione dei politici con versamenti di ingenti somme di denaro da parte dei vari capi dei servizi segreti, le intercettazioni abusive su avversari politici, giornalisti e magistrati, i ricatti fondati su notizie personali sono stati una costante della vita dei servizi segreti, senza che mai i responsabili abbiano pagato per le loro colpe, in virtù della protezione da parte dei governanti. E così siamo arrivati al caso Pollari con l'ennesima sceneggiata dell'inchiesta del Copaco che non approderà a nulla. E intralcerà l'azione dei giudici. La sola soluzione é un ricambio totale della classe politica con l'innesto delle giovani generazioni, se si vuole salvare l'Italia dalla bancarotta e dall'avvento di un nuovo fascismo.


Ferdinando Imposimato

14 Luglio 2007



Dopo queste brevi note, é esplosa sulla stampa, per pochi giorni la storia legata alla morte di Paolo Borsellino, subito silenziata dai mass media. La magistratura di Caltanissetta ha riaperto un vecchio processo che collega la tragica morte di Paolo Borsellino e della sua scorta a moventi inconfessabili legati a menti raffinate delle stesse istituzioni. L'ipotesi investigativa prospetta la possibilità che Borsellino sia rimasto schiacciato nell'ingranaggio micidiale messo in moto da Cosa Nostra e da una parte dello Stato in contatto con la mafia allo scopo di trattare la fine della violenta stagione stragista in cambio di concessioni ai mafiosi responsabili di crimini nefandi, tra cui la strage di Capaci. Si trattava di una autentica vergogna , un'offesa a Giovanni Falcone ed ai cinque poliziotti coraggiosi morti per proteggerlo. Salvatore Borsellino dice che le prove di questa ricostruzione erano nell'agenda rossa sparita di Paolo Borsellino. Si ritiene che Paolo, informato di questa infame proposta, abbia reagito con sdegno e rabbia: ma egli sapeva che lo Stato voleva scendere a patti con gli assassini. Di qui la decisione di accelerare la sua fine.

Ricordo che in quel tragico luglio del 1992 ero alla Camera dei deputati dove le forze contigue alla mafia erano ancora prevalenti e rifiutavano di approvare la legge voluta da Falcone , da me e da molti altri magistrati antimafia: l'approvazione dell'articolo 41 bis sull'isolamento rigoroso dei mafiosi in carcere per evitare che questi continuassero a dettare legge dall'interno del carcere ordinando omicidi e stragi. Quella legge, nonostante la morte di Falcone, non aveva la maggioranza. Fu necessaria la morte di Borsellino per il varo di quella legge, che oggi si vorrebbe abrogare.

L'aspetto più inquietante riguarda il ruolo di un ufficio situato a Palermo nei locali del Castello Utveggio a Monte Pellegrino riconducibile ad attività sotto copertura del servizio segreto civile, il SISDE, entrato prepotentemente nelle indagini per la stage di via D'Amelio, dopo la rivelazione della sua esistenza avvenuta durante il processo di Caltanissetta ad opera del tecnico Gioacchino Genchi. Al numero di quell'ufficio dei servizi giunse la telefonata partita dal cellulare di Gaetano Scotto, uno degli esecutori materiali della strage di via' D'Amelio. Mi pare ce ne sia abbastanza per ritenere un coinvolgimento di apparati dello Stato nella strage di via D'Amelio . Il dubbio é che uomini politici al potere abbiano fatto un uso deviato di quegli apparati: e non che si tratti di semplici servizi deviati.


Ferdinando Imposimato

25 Luglio 2007



1Segreto di stato: La legge 24/10/1977 n.801 ha introdotto la categoria unitaria del segreto di Stato. Sono coperti da segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione possa recare danno alla integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri stati, alla sua difesa militare. In nessun caso possono però essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale. Nella realtà il segreto di stato viene eccepito per fini diversi da quelli previsti dalla legge, per coprire nefandezze di ogni genere.

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Difesa collettiva della Costituzione contro i demagoghi