lunedì 28 gennaio 2008

Sistema elettorale.

Sistema elettorale, elezioni o governo tecnico ?


Il sistema maggioritario e il sistema proporzionale

Il dibattito sulla riforma della legge elettorale é, per sua stessa natura , tra i più difficili che una classe politica possa affrontare: il motivo é che dalla legge elettorale dipende la sorte stessa dei partiti. Non esiste una legge elettorale in grado di accontentare tutti i partiti, così come non esiste una riforma elettorale in senso maggioritario che non peggiori la posizione di qualche partito. Sicché la difficoltà di giungere ad una riforma in Parlamento é nel puntuale dissenso, spesso decisivo, di chi non ha interesse ad attuarla. Come é avvenuto nella recente crisi di governo, dovuta alla defezione di due pseudopartiti, l'Udeur con due senatori, e i liberaldemocratici, con un senatore. Che hanno messo in crisi il governo solo per sopravvivere.

L'essenza delle legge elettorale é nel metodo: un criterio di trasformazione di voti in seggi. Il sistema proporzionale trasforma i voti in seggi in proporzione: a tanti voti corrispondono altrettanti seggi. Il sistema maggioritario attribuisce il seggio, in ogni collegio (l'ambito territoriale in cui si vota per eleggere una o più candidati), al più votato, secondo il principio che il primo piglia tutto e il secondo niente. Si vede subito l'enorme differenza tra i due sistemi ed i loro rispettivi limiti . I sistemi proporzionali soddisfano l'esigenza della rappresentatività dei cittadini, e producono parlamenti che rispecchiano la distribuzione dei partiti e delle opinioni. I sistemi maggioritari mirano alla governabilità: eliminano i piccoli partiti per avere governi efficienti.

Con il sistema maggioritario puro, la maggioranza del 51 % può prendere tutti i seggi, lasciando senza rappresentanza l'opposizione. Il che sarebbe assurdo. La opposizione che dissente é l'essenza stessa della democrazia, é parte integrante della volontà popolare e non può essere sacrificata sull'altare della governabilità. Una maggioranza senza opposizione si trasforma in regime, che é la dittatura della maggioranza.

D'altra parte un sistema proporzionale in cui la frammentazione produce ingovernabilità deve preoccupare, rischiando di portare alla paralisi ed alla impossibilità di fare le scelte necessarie.


E dunque il dilemma sistema maggioritario o proporzionale resta e deve essere risolto con una precisa scelta di campo, rispondendo a questa domanda cruciale. Si vuole un paese in cui si contendono il campo due soli partiti, come in Inghilterra ed in America? o un sistema in cui siano rappresentati più partiti e fino a che punto i singoli partiti devono essere ammessi?

A questa domanda non é facile dare una risposta senza avere dato qualche dato storico.


Quale sistema per l'Italia?

Bisogna dire subito che la realtà italiana é ben diversa da quella anglosassone; e che la legge elettorale è pregiudiziale a tutte le altre riforme: una cattiva legge elettorale può fare saltare un intero sistema istituzionale. Il sistema elettorale da scegliere non é un fatto astratto: dipende da ciò che esiste nel mondo dei partiti e dai problemi che ogni paese deve affrontare. In Inghilterra, che da sempre funziona con un sistema bipartitico, con una legge elettorale uninominale ad un turno, molti chiedono la proporzionale per aumentare la rappresentatività dei diversi interessi esistenti nel Paese nel Parlamento. In Italia il problema si rovescia. Come nella Francia della Quarta Repubblica, noi abbiamo troppi partiti: ma alcuni di essi , in realtà, sono partiti solo di nome: in effetti sono oligarchie che perseguono l'auto riproduzione di pochi individui, amici, parenti e talvolta amanti. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Questi pseudopartiti a carattere familiare tengono sotto ricatto il governo in permanenza, con richieste di seggi sicuri in numero superiore a quelli spettanti in base agli elettori di ciascun partito. Questi piccoli partiti si alimentano prevalentemente con il sistema delle clientele, degli appoggi delinquenziali e dei finanziamenti non trasparenti. Sicché una legge proporzionale pura, in cui siano rappresentati tutti i partiti, anche quelli dell'1 per cento o dello 0, 50 %, sarebbe una legge devastante. Infatti la scelta della proporzionale pura fu nefasta per la Repubblica di Weimar (1919-1939), e fu il preludio della frammentazione partitica tedesca che sfociò nella tragedia del nazismo. Ciò impone di trovare un sistema in cui sia ridotta la frammentazione e sia favorita l'aggregazione dei partiti, in modo da garantire una maggiore governabilità: per affrontare, decidere e risolvere i problemi ispirandosi all'interesse generale del Paese.

L'ideale é una legge proporzionale che lasci in vita i partiti medi . Ci sarebbe dunque una sorta di struttura bipolare fondata non su due partiti ma su quattro o cinque partiti che abbiano una certa consistenza numerica minima. A questo scopo risponde la bozza Bianco che ha ricevuto in commissione affari costituzionali il voto della maggioranza di centrosinistra e l'astensione della opposizione di centro destra. Cancellare un partito come Rifondazione o come i Verdi sarebbe impossibile oltre che ingiusto e lascerebbe senza rappresentanza milioni di lavoratori e ambientalisti. Essi rappresentano vaste aree di elettori che non si sentirebbero rappresentanti dal Partito Democratico. Per l'Italia andrebbe bene una legge proporzionale, come la bozza Bianco, che introduca il voto di preferenza, una quota di sbarramento del 5% e il divieto di alleanze elettorali tattiche destinate a scomparire dopo le elezioni. Ma questa bozza é stata bocciata da Silvio Berlusconi , che deve riconoscere a Mastella ed al suo nanopartito, il prezzo del tradimento . Il rischio concreto é che si andrà al voto con la legge vigente, voluta da Berlusconi, che fa comodo anche ad altri partiti perché consente la scelta arbitraria dei candidati per l'abolizione del voto di preferenza. Intanto, tramontata la bozza Bianco , le nuove elezioni vanificherebbero anche il Referendum a causa del possibile scioglimento anticipato della Camere.


L'impossibilità del bipartitismo coatto

Una cosa é certa: l'esperienza italiana insegna che il corpo elettorale rifiuta il “bipolarismo coatto”, fondato sulla alternativa tra due partiti, tanto per usare la efficace definizione di Gianni Ferrara sul Ponte del marzo 2007. E non accetterà mai manipolazioni della rappresentanza politica per trasformare la rappresentanza popolare in due soli soggetti politici, che siano espressione della volontà di tutti gli elettori. Una legge elettorale non può andare contro gli schieramenti e gli interessi esistenti nella realtà . Il bipartitismo sarebbe una mistificazione della democrazia moderna. Che é un ideale , una teoria, una pratica politica , un patrimonio istituzionale dalle molte varianti. Una democrazia che ha sempre più bisogno di forme rappresentative convincenti perché espressioni della pluralità, della varietà, della complessità e della autenticità dei bisogni e delle aspirazioni delle associazioni umane da rappresentare e non riassumibile in un solo partito ed in una sola persona. Occorre dunque una legge elettorale che invece di irrigidire la forma di governo parlamentare, ne confermi il carattere fondamentale della fluidità. E non comprima la forza variegata della rappresentanza costringendola in due partiti secondo una paratia stagna. In aderenza ad una democrazia che , se legittima l'emergere di un partito che aggrega la parte più consistente della popolazione , non può, sulla base della ragion d'essere del pluralismo , permettere che tale partito assuma ed esaurisca il ruolo sociale e politico di tutti gli interessi. Insomma il popolo non accetterebbe un bipolarismo che esclude la vasta gamma della sovranità popolare, in nome di una governabilità che sarebbe contraria alla democrazia perché lascerebbe vaste aree del popolo senza rappresentanza parlamentare. Insomma il pluralismo é una ricchezza da preservare e richiede un sistema proporzionale. Ma il pluralismo non significa frammentazione per fini di potere di gruppi o individui, come é nel caso dell'Udeur e del partito liberaldemocratico di Dini.



Il bipolarismo non scompare

La classe politica italiana ha davanti a sé due strade.


Una é la legge vigente, varata dal centro destra per provocare l'ingovernabilità del paese . Essa , sotto sotto, é desiderata da molti partiti, poiché l'assenza del voto di preferenza conferisce alle oligarchie che controllano i partiti il potere assoluto nella scelta dei candidati. A scapito degli elettori che non contano più nulla.


L'altra é la bozza Bianco ed il ritorno al sistema proporzionale. Che la bozza Bianco segni un parziale ritorno al passato risulta non solo dalle sue regole ma anche dal preambolo della proposta di legge quando si fa riferimento al sistema elettorale del Senato ove si richiama il sistema elettorale esistente fino al 1993 modificato da un voto referendario. Tuttavia ci sono differenze migliorative da quel sistema elettorale. Ci sono i collegi uninominali. C'é una soglia di sbarramento a livello nazionale alla Camera al 5%, che é la più alta mai vista in Italia: un fattore di riduzione della frammentazione.

E' bene ricordare che il sistema proporzionale non comporterebbe la scomparsa del sistema bipolare della competizione politica. Infatti, come nota Giovanni Sartori, il bipolarismo non si uccide per effetto di una legge proporzionale. Il bipolarismo a livello elettorale lo abbiamo da sempre, dal 1948 in poi, e resta radicatissimo. Per tutto il corso della Prima Repubblica, in cui vigeva il sistema proporzionale, gli italiani si sono divisi elettoralmente tra comunisti ed anticomunisti. Era un bipolarismo senza alternanza, non per via della legge proporzionale, ma perché non esisteva la possibilità di un governo con i comunisti . La distribuzione dualistica dei voti si é trasferita anche nella Seconda Repubblica, con limitati passaggi di voti tra destra e sinistra. I tentativi di coinvolgere i comunisti in governi alternativi a quelli DC portarono alla reazione degli Stati Uniti , che non volevano a nessun costo il partito comunista al governo del paese: di qui la lunga stagione delle stragi.

La bozza Bianco, assicurando ad ogni partito una rappresentanza parlamentare tendenzialmente proporzionale ai voti ottenuti, non solo scoraggerebbe bipolarismi forzosi, ma incentiverebbe la naturale formazione di un bipolarismo “virtuoso”, basato sulla distinzione tra programmi omogenei, capace di dare vita a maggioranze organiche di appoggio al Governo. Questa legge risponderebbe anche ad una esigenza di armonia con la nostra Costituzione , che non tollera la elezione diretta del premier e del governo. Il nostro sistema é nato parlamentare ed il Governo deve essere “emanazione” del Parlamento, fulcro del sistema.

La verità é che il bipolarismo é fisiologico in tutti le democrazie europee , e non dipende dalla legge elettorale. Quasi tutti i Paesi europei sono contemporaneamente proporzionalisti e bipolari. Ciò dimostra che non occorre un sistema maggioritario per salvare una struttura di voto bipolare. Per cui se cade il maggioritario, come noi speriamo, non cade il bipolarismo.

Altra cosa é il bipolarismo a livello di Governo, che significa l'alternanza tra governi di centro destra e governi di centro sinistra. Con il sistema proporzionale si possono verificare distribuzioni di voto tali da provocare il perfetto equilibrio tra le forze antagoniste in campo; ciò spinge a ricorrere alle grandi alleanze tra forze antagoniste , o a governi istituzionali per fare fronte alle emergenze economiche e sociali e di difesa della democrazia.




La situazione oggi

Venendo all'Italia di oggi, ciò che colpisce , dopo una sconfitta drammatica, preludio di scenari cupi per la nostra democrazia, é l'assenza di una analisi politica incentrata sull'autocritica per i molti errori commessi. Il governo Prodi ha trascurato di fare una legge sul conflitto di interessi e non risolto i problemi dei lavoratori, dei disoccupati, dei precari, delle famiglie senza reddito, dei giovani alla ricerca di spazi. Oggi Veltroni e D'Alema sembrano non volere prendere atto del fatto che la crisi non é dovuta alla presenza della sinistra cd radicale ma alle forze conservatrici come quelle di Mastella e Dini e di una parte del PD. Mentre lo spettacolo tragicomico della Campania , addebitabile al centrosinistra, ci ha ridicolizzato in tutto il mondo. Scrive Giorgio Bocca sull'Espresso del 31 gennaio 2008: “il disastro dei rifiuti napoletani é prima di tutto un disastro della corruzione dei dirigenti della pubblica amministrazione e della criminalità. In questi anni hanno ricevuto dal governo centrale decine di miliardi di euro per risolvere la raccolta e la collocazione della spazzatura, e se li sono spartiti e mangiati. I soldi sono finiti nelle tasche dei funzionari e dei politici ” . Ma c'é stata anche una politica di potere per il potere: il primo messaggio é stato quello della moltiplicazione del numero dei posti di governo, ministri e sottosegretari. Ed infine un programma pletorico che trascurava quattro obiettivi prioritari: il lavoro dignitoso, la difesa dei senza reddito, il conflitto di interessi, le legge elettorale .

Siamo stati quotidianamente sbertucciati in più lingue. Il New York Times titolava: “nessuna sorpresa . In Italia cade il Governo” La rivista Times racconta; “come cade un governo italiano tra urla, sputi, citazioni poetiche sbagliate”. Le Monde dedica poche righe ad un Paese immobile e diviso mentre tutto il resto del mondo é cambiato. I giornali britannici aspettano con ansia il ritorno a Palazzo Chigi del Cavaliere, che stimola il loro umorismo.

Al di là della sconfitta, all'orizzonte c'é lo spettro delle elezioni politiche anticipate. E di un regime berlusconiano a tempo indeterminato. L'esperienza drammatica di oggi é figlia della insipienza di coloro che, nel centro sinistra, hanno stipulato patti scellerati con il leader di Forza Italia, per ragioni personali e non nell'interesse del Paese.

La strategia, coltivata da Massimo D'Alema e Walter Veltroni, é quella di un partito democratico onnicomprensivo e isolato dalle forze della sinistra. Ma non si vede nessun segnale di rinnovamento nel ceto politico: si prospetta un fronte elettorale con candidati, simboli e coalizioni tutti già visti. Ancora una volta prevale la scelta di sopravvivenza politica, in contrasto con la regola generale, comune ad ogni democrazia, secondo cui chi perde se ne va a casa e non ha la faccia tosta di riproporsi come salvatore della patria. Ricordando Gaetano Salvemini che scrisse, dopo l'avvento del fascismo, ai responsabili della sconfitta: “ Chi fallisce , perde fiducia, Voi siete dei falliti. Certo il successo non deve essere l'unica norma di giudizio. Ma se il successo non deve essere norma di giudizio morale, l'insuccesso, specialmente se é troppo grave, non può non essere norma di giudizio politico. E' ridicolo , dopo quel po' po' di botte, di cui abbiamo fatto la ricevuta, trovarci tra i piedi ancora della brava gente che non ha imparato nulla, che non ha mutato nulla e che ci ricanta che non c'é nulla da imparare, non c'é nulla da mutare e c'é solamente da ricominciare da capo a biascicare le vecchie giaculatorie e a riprendere le vecchie lotte”.


Ferdinando Imposimato

28 Gennaio 2008


Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0 License.

domenica 13 gennaio 2008

All'indomani del caso Forleo - Inciucio Massimo

ALL'INDOMANI DEL CASO FORLEO - INCIUCIO MASSIMO

di Ferdinando Imposimato

(Articolo pubblicato su La Voce delle Voci - Dicembre 2007 Anno XXIV n.12 )

Il distacco tra la gente e il ceto politico di maggioranza ed opposizione é reale e si é accentuato in questi ultimi tempi; esso é dovuto a ragioni serie e non ai capricci o alla immaturità dei cittadini. L’antipolitica é il frutto della malapolitica della classe dirigente di maggioranza ed opposizione, che imperversa nel nostro paese da due decenni senza ricambi e senza prospettive di rinnovamento. Sono falliti alcuni degli obiettivi principali del Governo Prodi, decisivi per la difesa della democrazia: la legge sul conflitto di interessi e la modifica della legge elettorale con l’introduzione del voto di preferenza. Così come é fallito l’obiettivo di moralizzare la politica riducendone il costo ed eliminando i privilegi di una casta immarcescibile che grava molto sul bilancio dello stato, troppo per un paese in crisi come l’Italia, con diseguaglianze e ingiustizie sociali aumentate, a dispetto delle promesse ripetute e mai onorate. La nuova irruzione di Berlusconi sulla scena politica, con il partito del popolo delle libertà, mette in crisi il progetto veltroniano di realizzare il primo partito del paese e di vincere le elezioni in vista dellinevitabile referendum che, fallite le riforme, premierebbe il partito di maggioranza relativa. Se, come é prevedibile, il nuovo partito dovesse superare il PD, la conseguenza sarebbe disastrosa: l’avvento di Silvio Berlusconi alla guida del paese per un tempo indefinito, favorito da un controllo monopolistico dell’informazione che non ha pari in nessun paese del mondo democratico.

IL REGIME TRASVERSALE

Tutto questo accade per i patti scellerati sottobanco tra Forza Italia e Democratici di Sinistra. La legge finanziaria appena approvata ha concesso una proroga di altri quattro anni a Rete 4. Questo significa due cose: la prima é che Berlusconi disporrà ancora una volta, per la campagna elettorale che già é iniziata, di tre reti private e di gran parte delle tv pubbliche che si stanno riposizionando in vista dell’avvento del Cavaliere. La seconda é che il Governo Prodi ha definitivamente rinunciato alla legge sul conflitto di interessi, essenziale per la difesa della democrazia. Ed é questo il punto chiave della nostra riflessione, che nasce da alcuni episodi risalenti nel tempo. I quali crearono le premesse di una democrazia anomala, o, meglio, di un vero e proprio regime trasversale, in cui due oligarchie immarcescibili, facenti capo a Silvio Berlusconi e a Massimo D’Alema, hanno malgovernato il paese per due decenni, senza mai prendere atto delle loro rispettive sconfitte: una falsa democrazia dell’alternanza, con due personaggi di cui l’Italia non riesce a liberarsi.

FURBETTI ANTE LITTERAM

L’inizio del declino della democrazia italiana si verificò con l’elezione al parlamento italiano di Silvio Berlusconi. Fu l’uso insipiente di una furbizia gravemente censurabile del centrosinistra a compiere il primo di una serie di errori che hanno portato il paese sull’orlo del baratro, oltre il quale sta la fine della nostra democrazia. La furbizia consistette nel volere ignorare, a dispetto dei richiami di talune delle coscienze più sensibili- come Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca e Vito Laterza - l’esistenza di un decreto presidenziale (quello del 30 marzo 1957 numero 361) che all’articolo 10 contempla esattamente il caso Berlusconi: «Non sono eleggibili coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...». Quando Berlusconi fu eletto la giunta delle elezioni, dovendo decidere sulla sua eleggibilità, concluse - errando - in senso positivo, in base ad un’assurda interpretazione della legge. Giovanni Sartori ammonì: «io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine, perché così lui vince sempre ed io perdo sempre». E questo é vero: si tratta di un non risolto problema di fondo della nostra democrazia, perché democrazia vuol dire competizione alla pari tra i partecipanti alla contesa elettorale, come stabilisce l’articolo 51 della Costituzione. Se questa regola cardine non é rispettata, si prospetta una minaccia per la nostra democrazia. Questa “furbizia” suicida fu il risultato di una serie di accordi basati sul compromesso illusorio della Bicamerale. L’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema, bisognoso del sostegno parlamentare anche dell’opposizione, disse che Mediaset non si toccava perché era un patrimonio nazionale. Il problema non era toccare Mediaset, ma applicare la legge. Invece il governo di centro sinistra si pronunciò per l’eleggibilità di Berlusconi solo per una cieca ambizione di D’Alema, che si illuse di avere i voti di Berlusconi per stravolgere la Costituzione.

ACCORDI OCCULTI

Oggi la storia si ripete: la crisi della nostra democrazia e della politica del Governo é il risultato di una serie di intese occulte tra maggioranza e opposizione su questioni fondamentali venute alla ribalta della cronaca in questi ultimi tempi. Proviamo ad enumerarle. Nelle vergognosa vicenda delle scalate, sulla quale é calato un silenzio plumbeo, l’opinione pubblica ha ben compreso tre cose. La prima é che nelle tre grandi scalate alla Bnl, alla Banca Antonveneta e a Rcs-Corriere della Sera gli stessi finanzieri, poi incriminati per bancarotta, aggiotaggio ed insider trading in danno di milioni di ignari risparmiatori ridotti sul lastrico, facevano affari sporchi ora con la sinistra e ora con la destra, e spesso contemporaneamente con la partecipazione incrociata e concordata delle due parti politiche antagoniste del quadro politico nazionale. La seconda é che i due maggiori partiti delle due alleanze in competizione, mentre fingono di affrontarsi duramente in pubblico, continuano ad accordarsi sottobanco perdonandosi le loro rispettive colpe e i loro comportamenti delittuosi e facendo sporchi affari in privato. Il terzo punto é che la politica italiana é ispirata da un machiavellismo deteriore, anziché da una intransigenza morale contro ogni compromesso. Quando tutti si attendevano - ma non chi scrive - l’autorizzazione della Camera all’uso delle intercettazioni telefoniche con i politici dei due poli coinvolti nelle telefonate con gli scalatori, e quando gli stessi interessati fingevano di volere chiarezza su quelle conversazioni, ecco che la Camera dei deputati affermava la sua non competenza, e la competenza del parlamento europeo, a decidere sull’uso giudiziario delle intercettazioni di D’Alema sul caso Unipol, sul presupposto che il ministro degli esteri era parlamentare europeo. Su questa decisione si é lanciato come un fulmine l’avvocato Guido Calvi denunciando la gravità del comportamento del gip Glementina Forleo e sostenendo di non avere eccepito la incompetenza per rispetto della magistratura; rispetto che, dopo la serie di denunzie di inesistenti abnormità nelle ordinanze della Forleo, non sembra esserci stato. La decisione sulla competenza di Strasburgo é stata presa con il voto favorevole di Forza Italia in sintonia con i Ds. Ma, a ben riflettere, le cose non stanno nel senso deciso dai seguaci di Berlusconi e di D’Alema. Secondo il presidente emerito della Consulta Piero Alberto Capotosti, sul ministro degli esteri ci sarebbe stata «una decisione sbagliata: la legge Boato non riguarda il Parlamento UE». Infatti, secondo l’illustre costituzionalista, «la competenza a decidere sull’autorizzazione all’uso delle intercettazioni nel caso Bnl-Unipol nei confronti di D’Alema spetta alla Giunta delle autorizzazioni a procedere e alla Camera dei Deputati del Parlamento italiano». Il professor Capotosti conclude sostenendo che «alla base di questa decisione ci sia un grosso equivoco: la legge Boato parla chiaro, riguarda solo ed esclusivamente i parlamentari italiani, non si applica dunque ad altre assemblee che a quella di Montecitorio e di Palazzo Madama. Del resto, non potrebbe essere altrimenti, visto che l’articolo 68, cui fa riferimento la legge Boato, é un articolo della Costituzione italiana». In realtà non si tratta di un equivoco, ma di un accordo scellerato in violazione della Costituzione e della legge Boato che anche Boato finge di non capire. Perfino il senatore Boemi, della Rosa nel Pugno, ha compreso che la legge Boato, quando parla della “Camera di appartenenza”, si riferisce a quella attuale, cioé alla Camera dei Deputati. Dello stesso parere é il leghista Matteo Brigandì, difensore di Bossi; Brigandì ha spiegato che i magistrati, per i parlamentari UE, possono andare avanti anche senza l’autorizzazione, come é avvenuto per Bossi in ben due casi. Dello stesso avviso é anche il parlamentare Elias Vacca (Pdci), per il quale «l’uso delle telefonate tra D’Alema e Consorte non richiede alcuna autorizzazione». In realtà tutti hanno compreso che vi é stato un accordo alla base di questa decisione sbagliata, l’ennesimo segnale di un inciucio tra il vice premier e il Cavaliere che risale a molti anni fa e che sta mettendo a repentaglio la democrazia italiana.

GARGANI SALVATUTTI

L’obiettivo di salvare D’Alema verrà facilmente raggiunto grazie alla disponibilità di Giuseppe Gargani di Forza Italia, presidente della Commissione affari giuridici dell’Europarlamento; sarà Gargani a gestire il dossier su D’Alema. L’ex delfino di Ciriaco De Mita vive la vicenda come una nemesi storica. E anticipa già il finale: «si salverà, si salverà». (Corriere della Sera, 20 settembre). La verità é che la corruzione in Italia ha dimensioni epidemiche e che non esiste una maggioranza che governa con una opposizione che controlla e critica. Purtroppo appare in tutta la sua attualità l’ammonimento di Gaeteno Salvemini: «l’ufficio della minoranza non é quello di partecipare al governo, ma quello di sorvegliare l’opera della maggioranza che governa». Oggi c’é una maggioranza che governa in sintonia con la minoranza, ed entrambe sono proiettate non a risolvere i problemi del paese ma a conquistare il potere per le loro private ambizioni. E se il paese non si ridesta dal sonno, ci sarà un futuro denso di incognite.

RAI CHIAMA MEDIASET

Avevo appena inviato il pezzo, quando una clamorosa conferma sull’esistenza di un regime trasversale é venuta dallo scandalo Rai Mediaset: i due monopolisti dell’informazione tv avevano raggiunto un accordo, alla vigilia delle elezioni, per «aggiustare notizie e programmazione al fine di favorire Silvio Berlusconi». In verità non c’era bisogno delle intercettazioni telefoniche per venire a capo dell’imbroglio bipartisan, tanto é vero che l’avevamo già scritto a proposito delle collusioni di D’Alema e Prodi negli anni passati. Sullo scandalo Rai é calato un imbarazzante ed eloquente silenzio del centro sinistra, dopo un generico atto di accusa del segretario del PD. L’unico a dire qualcosa di critico sulla vicenda é stato Gianfranco Fini, che vuole vederci chiaro: ridicolo! Più chiaro di così si muore. Walter Veltroni, preso dal delirio delle riforme istituzionali, per non urtare la suscettibilità del Cavaliere, incontrato dopo lo scandalo - e questo é uno scandalo nello scandalo - tace e pensa alla legge elettorale tedesco-spagnola; mentre D’Alema gira inutilmente il mondo e finge di non essersi accorto di nulla. Egli é forte della omertà dei media sullo scandalo delle scalate. E degli osanna su Repubblica di Giuseppe D’Avanzo, che trova il modo di dire, dopo avere consigliato a D’Alema di chiedere chiarezza sulle scalate (ma tacendo sulla decisione sbagliata della Giunta sull’invio a Strasburgo), che il vicepremier é un leader “necessario”: ma necessario a chi? Forse a lui; certamente non agli italiani. Allarmante é la presa di posizione del Presidente Giorgio Napolitano sulla necessità della segretezza delle intercettazioni Rai Mediaset, che fa il paio con il richiamo alla Forleo, “colpevole” di avere depositato le telefonate come per legge. Non é così: vogliamo e dobbiamo sapere la verità! E continueremo a invocarla con ogni mezzo. L’appello alla segretezza da parte del capo dello Stato ha dato fiato alle trombe di Berlusconi che, dalla difensiva, é passato all’offensiva, parlando di “sciacallaggio” e di “macchinazione vergognosa”. Mentre appare patetica l’iniziativa di Claudio Petruccioli, promotore di un’inutile inchiesta interna alla Rai, che sarà condotta da coloro che hanno voluto o tollerato lo scandalo. Avrei visto volentieri un richiamo del presidente Napolitano al rispetto di alcuni principi fondamentali della nostra Costituzione come quello della libertà di stampa e del pluralismo della informazione, oltre che al varo di una legge seria sul conflitto di interessi, che non può essere la legge Gentiloni, vale a dire quella del ministro che assieme a Prodi, D’Alema, Mussi e soci ha votato la proroga di Rete 4. La ciliegina sulla torta di questo scandalo é venuta dal Guardasigilli Clemente Mastella che, non essendo interessato a nessuna intercettazione compromettente, ha solidarizzato con Berlusconi. Ed é grottesco sostenere che Prodi sarebbe il solo avversario di Berlusconi, come fa il Corriere della Sera, poiché é stato proprio lui che ha varato nella finanziaria la legge a favore di Rete 4. La verità é che bisogna riconoscere che il Cavaliere ha saputo corrompere politicamente tutti i suoi avversari più pericolosi, come sta facendo oggi con Veltroni.


Ferdinando Imposimato

Dicembre 2007


Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0 License

Difesa collettiva della Costituzione contro i demagoghi