domenica 18 novembre 2012

Manifesto del movimento politico Italia Virtuosa

Manifesto del movimento politico
fondato da  Ferdinando Imposimato
con il prezioso contributo di Sardegna Virtuosa e di molti giovani di varie città italiane





Cosa è Italia Virtuosa
Italia virtuosa  è un movimento politico culturale che si ispira ai principi e valori della Costituzione Repubblicana e della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo. La stella polare di Italia Virtuosa è l'eguaglianza dei cittadini,  intesa come eguale opportunità di uomini e donne, consacrata nella Costituzione. L'eguaglianza  ha contribuito allo sviluppo delle nazioni e ha fatto grandi molti paesi dell'antichità e dell'era contemporanea. L'eguaglianza è il pilastro della democrazia, la molla che ne favorisce la diffusione: « tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. La Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese ». Laddove  la cittadinanza, intesa in senso universale, appartiene a tutti (art.3 della Costituzione). L'antitesi della democrazia è la dittatura che distrugge le potenzialità dei singoli uomini per esaltare quelle del tiranno. Nessun uomo è disposto a impegnarsi e a valorizzare le proprie potenzialità creative nell'interesse di un dittatore. Alla dittatura va equiparato il regime, che è la dittatura della maggioranza che governa nel disprezzo dei diritti della opposizione.
Italia Virtuosa agirà per rendere effettiva e concreta l'eguaglianza, fonte di sviluppo e di progresso.
Italia Virtuosa ritiene la Repubblica parlamentare immodificabile forma di solidarietà umana, una casa nella quale dobbiamo ritrovarci tutti, trovando un punto di concordia, essenziale per il bene comune, nel rispetto reciproco delle diversità dei singoli.
Il pilastro della Repubblica è la democrazia partecipata da tutti i membri della collettività che rispettino le leggi: l'esercizio dei poteri politici di direzione della cosa pubblica appartiene concretamente a tutti i cittadini, che devono avere  uguale possibilità di determinare, mediante il loro intervento diretto, la gestione della cosa pubblica, nel senso più conforme all'interesse collettivo. Ma la democrazia è anche trasparenza dell'agire e controllo costante dell'azione di chi governa sia a livello centrale che locale.
La sovranità popolare, cardine della democrazia (demos kratos=governo del popolo), ripudia il populismo, anticamera della dittatura. Essa deve essere esercitata non ad libitum, con la scelta di un “messia” che sfugge ad ogni legge, ma nel rispetto delle regole della Costituzione.
La Repubblica democratica, sempre imperfetta, deve essere costruita e perfezionata giorno per giorno, e resa possibile dall'esercizio del potere democratico dei cittadini, con una continua vigilanza contro pericoli di deformazioni e involuzioni, ma anche con una continua, positiva presenza per approfondire le idealità umane e di giustizia. Essa mira all'effettiva parità dei diritti e delle opportunità, che dia a ogni donna e a ogni uomo, indipendentemente dalla posizione sociale e dal  possesso di beni materiali, ma solo in rapporto alle sue capacità e ai suoi meriti, il posto che loro compete nella società.
Italia Virtuosa respinge l'idea della Repubblica presidenziale e si batte, per mezzo delle leggi, per  difendere il principio che « nessuno riesca a raggiungere una posizione troppo preminente », di cui sarebbe portato ad abusare. Combatte la democrazia che si traduce in regime, che è dittatura della maggioranza che governa nel disprezzo dell'opposizione elemento cardine della democrazia.  «Base delle Costituzione democratica è la libertà, fine di ogni democrazia. Una prova della libertà è nell'essere governati e nel governare, cioè l'alternanza dei governi. Nessun individuo può coprire due volte la stessa carica, le cariche sono di breve durata » (Aristotele). In questo alternarsi senza soste dei governi si realizza il continuo rinnovamento della democrazia.
Italia Virtuosa tende ad uno Stato che tuteli principalmente i soggetti più deboli, che spesso sono anche i migliori sul piano dell'etica e dell'intelligenza che si affina con la sofferenza, facendoli protagonisti della democrazia ; lavoratori, giovani e donne, oggi discriminati, vilipesi nei diritti primari al lavoro e a una giusta retribuzione ed esclusi dalla gestione della cosa pubblica, sono un enorme  patrimonio di risorse per lo sviluppo del paese.
Italia Virtuosa è convinta che la politica e l'etica non debbano essere contrapposte come è avvenuto finora. Aristotele di Stagira, nel 450 a C, pose tra i pilastri dello Stato, accanto al «rispetto della Costituzione e all'estrema capacità nei doveri della carica» il requisito «della virtù e della giustizia», un unicum inscindibile, fondamento dello Stato. Laddove la virtù equivale all'etica in politica e la giustizia alla applicazione della Costituzione.


La battaglia per la verità
La conoscenza della nostra storia recente e di quella passata è inquinata dalla disinformazione e dalla menzogna. La storia vera non sembra interessare gli storici e coloro che gestiscono l'istruzione nel nostro Paese e anche i cittadini che sono narcotizzati da media asserviti a poteri occulti che controllano la nostra vita. L'Italia somiglia sempre più a quel Paese descritto dallo storico Alexis de Tocqueville: «Vi sono certe nazioni d'Europa in cui l'abitante si considera una specie di colono indifferente al destino del luogo da lui abitato. Quando le Nazioni sono arrivate a questo punto, bisogna che esse modifichino le loro leggi e i loro costumi. O che periscano, perché la sorgente delle verità pubbliche vi si è come disseccata; vi si trovano dei sudditi schiavi, ma non più dei cittadini degni di giustizia e libertà ».
Italia Virtuosa è convinta che solo l'appassionata ricerca e conquista della verità e della giustizia può dare al miglioramento della condizione dei giovani un contributo superiore alle astuzie di una politica calcolatrice. Senza verità non c'è futuro. Per questo essa si batterà per la ricerca e la diffusione della verità vera, e non quella costruita su dati e ricostruzioni false. Senza verità, la libertà e la democrazia saranno sempre in pericolo, in balia e alla mercé di coloro che hanno costruito l'edificio sul sangue dei giusti.

No a Machiavelli
Italia Virtuosa ripudia Machiavelli, come guida spirituale della politica del nostro Paese, origine di tanti mali passati e presenti in Italia e nel mondo. Ritiene che nessuna ragion di Stato possa consentire e legittimare la conquista e il mantenimento del potere attraverso «licenza di uccidere» e di compiere stragi o attentati, ampiamente sperimentata da alcuni governanti  come strumento di lotta politica, dalla nascita della Repubblica ai nostri giorni. E' convinta che mezzi ignobili, come massacri, assassini e attentati, rimasti impuniti, non siano compatibili con fini nobili, come la difesa della libertà e della democrazia. Italia Virtuosa si impegna a riprendere la via dell'incivilimento e a operare per uscire dall'abiezione in cui è precipitato il Paese, riconsiderando  con occhi critici le nostre radici morali e i nostri vizi, riconoscendo che morale e politica vanno tenute distinte ma non contrapposte.  La diffusione delle informazioni false, l'uso dei dossier costruiti, l'impiego dei servizi segreti per atroci delitti e il ricorso ai media per manipolare la verità hanno avuto un peso decisivo nel gioco politico, un gioco sporco che ha bloccato e inquinato la nostra democrazia. Da questo gioco non siamo riusciti a liberarci, per volontà di politici a caccia del potere con ogni mezzo. La democrazia vera  e partecipata sarà possibile solo con la conquista della verità, il rilancio di una grande tensione morale, e la consapevolezza che la politica è una scienza morta se la morale non cospira con lei e non la fa regnare nella nazione.

Lotta a corruzione e mafia
La corruzione costa alla collettività, secondo la Corte dei conti, oltre 60 miliardi di euro all'anno, una tassa occulta che grava su lavoratori e imprese e impedisce lo sviluppo del Paese, provocando la fuga degli investitori stranieri e nazionali. Essa alimenta il crimine organizzato, altra piaga mortale per il paese, minacciando la libertà dei cittadini. La corruzione e il crimine organizzato,  divenuti, nelle mani di soggetti senza scrupoli, strumenti di lotta per la conquista del potere e causa di degenerazione della Repubblica, sono  i principali nemici della democrazia e della giustizia sociale. Essi vanno combattuti con ogni mezzo, a partire da leggi ispirate al bene comune e non a interessi di parte. E da uomini  che abbiano servito, e non tradito la legalità repubblicana, dietro il comodo schermo della ragion di Stato e del segreto di Stato.
Già in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario 2011, venne posto in luce la gravità del fenomeno corruttivo e fu evidenziato che, anche nell’ambito privato, si verificavano episodi di illegalità come evasioni fiscali, dazioni di tangenti, gravi violazioni di regolamenti urbanistici ed assunzioni illegittime e clientelari. In quella sede, quale mezzo più idoneo per combattere queste forme di criminalità, che arrecano ingenti danni all’economia del nostro Paese, venne indicato il recepimento della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del 27 gennaio 1999 e della Convenzione civile sulla corruzione, entrambe approvate dall'Italia, che, tuttavia, a distanza di ben 12 anni, non erano state ancora ratificate e incluse nell’ordinamento interno.
Finora risulta ratificata soltanto la Convenzione penale con la legge n. 110 del 28 giugno 2012.
La Convenzione penale di Strasburgo, composta da quarantadue articoli, contiene norme efficaci che conferiscono rilevanza a condotte, le quali, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della gestione pubblica, non risultavano sanzionate all’interno del sistema penale italiano; trattasi di norme, solo per citarne alcune, come la fattispecie del “traffico di influenza” finalizzata a punire la condotta di tutti quei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo di faccende corruttive, nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione, e come la “corruzione sia attiva che passiva nel settore privato”, che sono causa di enorme sperpero del pubblico denaro.
Per quanto attiene alla Convenzione civile (risarcimento dei danni derivanti da un atto di corruzione), viene statuito che, al fine di prevenire atti di corruzione, ciascuno Stato preveda, nell’ambito del suo diritto, che le persone incaricate, all’interno della società del controllo dei conti, accertino che i bilanci annuali rispecchino fedelmente la situazione finanziaria della società stessa, con l’assunzione delle conseguenti responsabilità (sanzione del falso in bilancio).
Le indagini effettuate nei confronti di 182 paesi dall’Associazione internazionale contro la corruzione, in relazione alla sussistenza e stima del fenomeno corruttivo che incide sul bilancio dello Stato, alterando gravemente i costi pubblici e falsando la libera concorrenza del mercato, collocano il nostro paese al 69° posto dopo il Ghana e prima della Macedonia.
La nuova legge contro la corruzione contiene aspetti positivi ma anche negativi.
Sotto il primo aspetto essa introduce due nuove figure di delitto come il traffico di influenze, che punisce il mediatore che illecitamente si fa dare o promettere denaro per la sua mediazione illecita, e la corruzione tra privati, che sanziona coloro che danneggiano la società privata, con violazione di doveri di ufficio e di fedeltà alla società privata. In entrambi i casi la pena va da uno a tre anni di reclusione, pena molto lieve e soggetta a prescriversi in breve tempo. Ma i risvolti negativi sono rilevanti: tra essi, in contrasto con i vincoli derivanti dalla convenzione di Strasburgo del 1999, la mancata punizione del falso in bilancio, reato strumentale abituale al pagamento delle tangenti, e l'autoriciclaggio, che dovrebbe punire chi investe il denaro proveniente da suoi stessi delitti come la corruzione o la concussione. L'aspetto più preoccupante  della legge è lo sdoppiamento della concussione in violenta o per costrizione, (punita da 6 a 12 anni) e fraudolenta o per induzione (punita da 3 a 8 anni), due ipotesi che nella vecchia legge erano unificate e punite allo stesso modo con una pena da 4 a 12 anni.
 La legge, per la parte che prevede una minore sanzione per la concussione per induzione, sembra viziata di incostituzionalità sia perché la pena non è adeguata alla gravità del reato, come vuole la Corte Costituzionale, secondo l'art 3 della Costituzione, sia perché non c'è alcuna ragione per punire di meno i concussori per induzione in modo fraudolento rispetto a quelli che agiscono con violenza e sia perché il Parlamento ha finora rifiutato l'amnistia per delitti molto meno gravi della concussione, cosa che appare ingiusta se oggi si beneficiano i ricattatori di Stato che costringono gli imprenditori a sostenere costi insopportabili, che si riflettono contro i cittadini consumatori.
Al di là delle leggi, esiste un dovere morale di avere il più sacro rispetto delle risorse pubbliche. La politica e l'etica non debbono essere contrapposte come è avvenuto finora.
 Conclusivamente si deve riconoscere che occorre diffondere la cultura dell'etica in politica, che devono congiurare tra loro per salvare lo Stato. Ma  il solo imperativo morale non basta. Non tutti hanno il rigore etico di Sandro Pertini che, nel 1974, invitato a firmare, quale Presidente della Camera dei Deputati, un decreto che prevedeva l'aumento delle indennità per i parlamentari, rifiutò sdegnosamente, minacciando le dimissioni: « ma come, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall'inflazione... voi date quest'esempio d'insensibilità? Io deploro l'iniziativa ».
E il decreto decadde.

I Partiti
La moralizzazione dei partiti e la loro trasformazione, da covi di interessi personali e familiari, spesso infiltrati da mafia, camorra e ndrangheta, a strumenti di democrazia  richiedono una legge sui partiti che stabiliscano, al posto degli inutili statuti, regole vincolanti  di partecipazione democratica, controlli per il loro funzionamento, possibilità di accesso  a tutti i cittadini che vogliano farne parte senza preclusioni e senza discriminazioni, salvo quelle di ordine giuridico, politico e morale; programmi definiti, bilanci trasparenti, divieto ai partiti persona, rotazione delle cariche direttive, periodicità dei congressi, partecipazione delle quote rosa agli organismi dirigenti, regole per l'ammissione e l'esclusione dei nuovi iscritti, misure disciplinari nei confronti di coloro che violino tali regole, organi abilitati ad erogarle.
La legge sui partiti deve prevenire, con regole chiare ed applicate, i fenomeni ricorrenti di degenerazione, cooptazione e  ricorso sistematico ai vecchi sistemi del tesseramento selvaggio.
Il finanziamento dei partiti
L’attuale Governo, mosso dallo scandalo mediatico sviluppatosi nel tempo, ha adottato la Legge 6 luglio 2012, n. 96 (norme in materia di riduzione dei contributi in favore dei partiti e dei movimenti politici). Essa è una mera finzione e inadeguata a recuperare le ingenti risorse sottratte ai cittadini, fuori da ogni controllo. Nella legge truffa, che è uno specchietto per le allodole, si istituisce una “Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici” con sede presso la Camera dei deputati, che provvede, in pari misura con il  Senato  della Repubblica, ad assicurarne l'operatività attraverso le necessarie dotazioni di personale di segreteria. La Commissione è composta da cinque componenti, di cui uno designato dal Primo presidente della Corte di cassazione, uno designato dal Presidente del Consiglio di Stato e tre designati dal Presidente della Corte dei conti. Tutti i componenti sono scelti fra i magistrati dei rispettivi ordini giurisdizionali con qualifica non inferiore a quella di consigliere di cassazione o equiparata. La Commissione è nominata, sulla base delle designazioni effettuate ai sensi del presente comma, con atto congiunto dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Va rilevato in proposito che le competenze, attribuite alla predetta commissione, rientrano puntualmente nella previsione dell’art. 100 della Costituzione trattandosi di denaro pubblico e, pertanto, all’organo Corte dei conti dovevano essere conferiti tali compiti esterni e non sotto il controllo delle Camere.
Il problema è che il finanziamento pubblico dei partiti è stato ripristinato in maniera ancor più incostituzionale. Non può essere taciuta la circostanza che pur appartenendo la sovranità al popolo, secondo il precetto costituzionale, qualunque referendum non ha conseguito alcun risultato tangibile; in particolare quello per l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti mentre, ad una parziale, minima insignificante riduzione si è giunti solo dopo il rivelarsi di fatti indecorosi o criminosi con la citata legge n. 96 del 2012.
Italia Virtuosa si batterà perché la riduzione sia consistente e non fittizia. Il finanziamento pubblico dei partiti è stato causa di corruzione trasversale a tutti i partiti, con leader che hanno acquistato case e tenute e sottratto fondi senza alcuna sanzione, dal momento che i partiti sono non soggetti pubblici ma privati.

Riforma costituzionale
La durata in carica di cinque anni dei deputati e senatori (art 60 della Costituzione) appare troppo lunga e spesso  provoca una situazione di crisi  politica grave   in caso di incapacità degli eletti o di passaggio ingiustificato di un Parlamentare da un  gruppo parlamentare  ad un altro  solo per ragioni di convenienza o di opportunismo. Appare necessario  che  il periodo di durata del mandato parlamentare sia ridotto a  quattro anni. Nel caso in cui  il potere legislativo dovesse essere  attribuito solo alla Camera dei Deputati, come previsto da una possibile riforma  costituzionale, la durata deve essere limitata a due anni, come avviene in molti Stati.
Italia Virtuosa  si batterà per limitare la durata in carica di  Senatori e Deputati.

Le donne in politica
L'Italia è a uno degli ultimi posti nel mondo per rappresentanza di donne in Parlamento nazionale ed europeo. L'Italia supera di poco il 21% delle donne alla Camera dei Deputati e al Senato, anche se ha recuperato più di venti posizioni rispetto al 2005, quando occupava la 75 posizione con una percentuale dell'11 per cento. Una situazione negativa  in danno delle donne  si registra anche nella rappresentanza al Parlamento Europeo. Su 27 Paesi l'Italia è al 24 posto.
Tuttavia il recupero è stato spesso conseguenza di cooptazione dall'alto e di scelte umilianti per le donne,  non sempre legate al merito, ma alla mercificazione del sesso. Italia Virtuosa è convinta che il rinnovamento della politica passi necessariamente attraverso la valorizzazione delle donne, delle loro capacità professionali e della loro esperienza nel mondo del lavoro e della società.
Italia Virtuosa intende promuovere ogni iniziativa per fare cessare la ingiusta discriminazione delle donne in politica e dare piena e concreta attuazione all'art 51 della Costituzione, secondo cui « tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini ».

Un'economia sociale
Sul piano dell'economia, Italia Virtuosa ritiene il liberismo, selvaggio ed egoista, la vera causa della crisi del nostro paese e dell'intera Europa. Italia Virtuosa tende a combattere l'anarchia economica della società capitalistica  dovuta alla concentrazione del capitale privato nelle mani di poche persone. Queste, perseguendo il profitto come unico obiettivo, hanno prodotto una crescente distruzione del lavoro e dei diritti dei lavoratori e un enorme esercito di disoccupati. Mentre hanno privilegiato in modo abnorme finanzieri, politici e affaristi i cui interessi sono interdipendenti e guidati dal più spregevole machiavellismo.
 Non possiamo accettare  che, con la complice inerzia dei governi, continuino a esistere uomini- politici, funzionari o alti dirigenti- che ricevano compensi in beni e servizi molto maggiori di quelli ricevuti da altri uomini che lavorano. Questo fenomeno è il cancro della nostra economia. Italia Virtuosa intende lavorare, in sinergia con altre forze sane, per estirparlo per recuperare risorse preziose da mettere a disposizione dei meno abbienti.
Il lavoro risorsa primaria. Il lavoro è la risorsa più grande del nostro popolo e la sua tutela interessa tutti, lavoratori e non. Compito della Repubblica è non solo promuovere le condizioni per rendere effettivo questo diritto ma di fare in modo che ogni lavoratore abbia una retribuzione che lo liberi dal bisogno e gli consenta di dedicarsi al proprio miglioramento spirituale per esercitare in modo responsabile i propri diritti politici. L'articolo 3 della Costituzione stabilisce che « la repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persone umana e l'effettiva  partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese  ».
Il progresso tecnologico, che oggi determina ulteriore disoccupazione, deve produrre al contrario un'attenuazione della fatica e una più larga diffusione del lavoro per tutti, con una maggiore possibilità per i lavoratori di esercitare i loro fondamentali diritti politici. Questo è possibile solo con un'economia  orientata verso il perseguimento di obiettivi sociali, tra cui i diritti inviolabili al lavoro dignitoso per tutti, alla casa e all'istruzione pubblica libera, cardine dello sviluppo, alla informazione dei cittadini,  attraverso la libera stampa.
 I proprietari dei mezzi di produzione, cioè l'insieme delle industrie che producono beni di consumo, come autovetture, vestiti, elettrodomestici etc, sono interessati solo al proprio vantaggio personale e di gruppo. I lavoratori, usando i mezzi di produzione, producono nuovi beni che sono di proprietà dei capitalisti. Il punto cruciale è il rapporto fra quanto i lavoratori producono e i salari che percepiscono. Dal momento che i contratti di lavoro sono liberi, i salari dei lavoratori sono determinati non dal valore reale dei beni prodotti, ma dalla domanda di forza lavoro dei capitalisti in relazione all'offerta di lavoro da parte dei lavoratori. Domanda sempre inferiore rispetto alla offerta di lavoro. In questa competizione aumenta il numero dei disoccupati e dei pagati con salari di fame. Il sistema che equipara il lavoro a una merce va combattuto.
La proposta di Italia Virtuosa è semplice: i mezzi di produzione dei beni primari devono essere utilizzati in maniera programmata, che non significa economia comunista, ma adeguamento della produzione ai bisogni della collettività, evitando lo sperpero di energie e garantendo il lavoro a tutti coloro che siano in grado di lavorare e valorizzando i più meritevoli.
L'economia programmata deve coesistere con la libera iniziativa privata, essenziale per lo sviluppo, la quale non deve porsi in contrasto con l'utilità  sociale o recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Si tratta di un obiettivo fondamentale della Costituzione, secondo cui « La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali » (art.41 Costituzione ).
Obiettivo disatteso, essendo stato privilegiato il fine del profitto rispetto a quello della utilità sociale. Ma l'economia programmata non deve consistere nelle grandi opere pubbliche o solo nelle grandi opere pubbliche, che sono occasione di corruzione e sperpero della spesa pubblica, e di arricchimento per i gradi gruppi capitalistici, ma in quella che Aldo Moro definì   « la creazione di un ordine nelle riforme, altrimenti la ricchezza rischia di andare dispersa e con essa la conquista politica ». Per questo, disse Moro, « occorre promuovere la linea di uno sviluppo armonico e continuo. E' questo il disegno della programmazione economica e sociale. La quale, per essere di tipo occidentale e non collettivistico, è di limitata coercibilità e si affida per la sua attuazione a liberi e consapevoli comportamenti ». Il che richiede che « la programmazione sia democraticamente costruita e controllata ed obiettivamente giusta, tale da escludere inammissibili sacrifici unilaterali nelle aree di maggior disagio » ( intervento di Aldo Moro sul Giorno del 9 novembre 1972).

La moralizzazione della spesa pubblica
Presupposto per l'attuazione della giustizia sociale è il recupero delle risorse necessarie anzitutto attraverso la eliminazione dei privilegi della classe politica a livello nazionale e territoriale. Anzitutto Italia Virtuosa sollecita i partiti  per una riduzione del trenta per cento dei parlamentari nazionali e regionali. Tale obiettivo, coerente con la nascita delle Regioni, sarà perseguito senza che questo taglio debba comportare come contropartita una riforma costituzionale presidenzialista, come pretende la Lega e il PDL.
Vuole, altresì, una riduzione netta delle indennità dei parlamentari nazionali e regionali, da omologare a livello europeo, sostenendo quelle forze politiche che si batteranno per questi tagli. Il ricavato deve essere destinato a lavoratori, disoccupati, pensionati e portatori di handicap. L'obiettivo è un'equa distribuzione delle ricchezze del Paese, attraverso la loro redistribuzione, eliminando i gravi squilibri sociali esistenti.
Italia Virtuosa favorisce l'autonomia degli enti locali, senza ledere l'unità e indivisibilità dell'Italia e il principio irrinunciabile di solidarietà politica economica e sociale.
La riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, sganciando le Regioni dai controlli centrali, ha permesso, ma ben altre erano le finalità, che l'autonomia fosse intesa come potere in sé e non come potere al servizio del cittadino, con gravi danni per il Paese.
C'è una delegittimazione morale e di immagine proveniente da vicende di malcostume e corruzione che dimostrano la corresponsabilità di intere classi gestionali, che hanno inteso il federalismo regionale nel modo peggiore. Solo di recente si stanno ponendo in essere nuove leggi ( tra cui una nuova versione del Titolo V della Costituzione) per arginare, contenere ed evitare il più possibile risultati esiziali dovuti ad una egemonia politica e culturale che ha fra l’altro introdotto, negli ultimi decenni, normative non rispettose dei valori costituzionali.
Il patrimonio della competenze riconosciute agli Enti territoriali (Regioni, Province, Comuni) come proprie, è in funzione dei peculiari bisogni emergenti in seno alla comunità, in un dato momento e luogo. Tuttavia, si sono determinati effetti distorsivi del sistema federalistico ad opera di coloro che hanno agito o dovevano agire per le Istituzioni. L'autonomia infatti è stata riconosciuta dalla Costituzione per “servire” e, invece, di essa ci si è serviti, piegandola ad esigenze del tutto estranee alle finalità specificatamente attribuite all'apparato governativo. Molti - troppi - dirompenti episodi di corruzione o di enorme sperpero di denaro pubblico sono emersi in questi ultimi anni, grazie alla magistratura ordinaria e contabile, a dimostrare come l'autonomia sia stata intesa come mezzo per affermare e sostenere i propri interessi personali, non coincidenti con quelli della collettività, già stremata da una profonda crisi economica e quindi ancora più sconcertata ed indignata di fronte alla inadeguatezza del quadro politico ad apportare in maniera decisa gli indispensabili cambiamenti moralizzatori nella legislazione nazionale e regionale.
In relazione alla mala-gestione regionale, basta citare l’esempio delle società private, circa 400, partecipate dalle Regioni. Il fenomeno della galassia delle società private regionalizzate è, come risulta nella Relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria delle Regioni, negli esercizi 2010-2011 del 02.08.2012, un fenomeno di dilagante gravità e di cattiva gestione a cui si dovrà trovare rimedio. Ciò è tanto più impellente alla luce delle numerose indagini della magistratura ordinaria e contabile, tra arroganti sprechi e appropriazioni indebite di danaro pubblico, che stanno coinvolgendo le Regioni nel centro nord e sud, che hanno esternalizzato funzioni, servizi ed attività costituendo società, o partecipando a società già esistenti. Inoltre alle società predette si affiancano enti pubblici dipendenti, agenzie regionali e fondazioni. Solo per quanto attiene alle S.p.A. partecipate al 100%, sussiste un deficit di circa 92 milioni di euro pari a 185 miliardi di lire.
Ci batteremo per la soppressione delle 30.000 società partecipate volute da Regioni, Province e Comuni che agiscono come società per azioni, formalmente private, ma che vivono con i soldi pubblici, senza controlli della spesa. Lo scopo di queste società è la creazione di migliaia di posti per parenti, amici e clienti. Esse sfuggono al controllo della Corte dei Conti e impediscono ai più meritevoli di accedere alla Pubblica Amministrazione a causa della sistematica soppressione dei concorsi pubblici. Deve cessare la ingiusta selezione dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, in base a criteri di clientela e favoritismo e creare pari opportunità per tutti.
Perseguiremo, come facciamo da anni attraverso la rete con il movimento per il ripristino della Costituzione, una modifica razionale del Titolo V della Costituzione con la previsione di controlli preventivi e successivi e la soppressione delle società partecipate.

La nuova disciplina degli appalti pubblici
La classe politica dirigente, che ha curato i propri affari e carriere, è stata finora del tutto avulsa dalla realtà economica e dalla tragica situazione delle persone non abbienti- operai, disoccupati, pensionati, senza reddito, senza casa. Essa, in dispregio di qualunque ragionevolezza e rispetto dell'interesse collettivo, pur di conservare i propri rilevanti emolumenti e benefici, immorali ed indecorosi ove comparati a quelli percepiti nel mondo per incarichi simili, non sembra disponibile a cambiare e a rinunziare agli ingiusti privilegi, fonte di sperpero del pubblico denaro.
Il mancato rispetto di regole precise e il ricorso sistematico a straordinari strumenti di gestione, al di fuori delle prescritte regole contabili, ha dato luogo, per un periodo quasi decennale, a notevoli abusi ed a situazioni di rilevante spreco del denaro pubblico (circa 560 ordinanze per la spesa approssimativa di dieci miliardi di euro). Ci si riferisce alle ordinanze c.d. di “emergenza” della Presidenza del Consiglio riguardanti la Protezione civile che non vennero mai inviate al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.
La Corte dei conti, avuto informalmente conoscenza delle dimensioni del dilagante fenomeno di improvvida gestione di denaro pubblico, che si sottraeva alle regole degli appalti pubblici e del controllo della Corte, ha formulato, nel 2009, più volte nella sede deputata, rilievi critici sui provvedimenti del Governo, in relazione alla delimitazione del concetto dei “grandi eventi”, che giustificano la deroga  alle regole sugli appalti. Presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza non devono ritenersi sussistenti quando non viene in evidenza il danno alla vita, alla incolumità delle persone, dei beni e non si verificano situazioni di grave rischio e, pertanto, le ordinanze non rispondenti a tali requisiti, devono essere assoggettate al controllo preventivo della Corte dei conti. Ciò consentirà il recupero di ingenti risorse da destinare ai lavoratori e ai bisognosi di cure. Solo dopo lo sperpero di ingenti quantità di denaro pubblico, è stata adottata una normativa che dispone l’assoggettamento al controllo preventivo entro termini ridotti.
 Italia Virtuosa agirà nella direzione di estendere il controllo preventivo della Corte dei conti sulla protezione civile, al fine di evitare lo sperpero del denaro pubblico e la elusione degli appalti pubblici. Promuoverà una nuova legge sugli appalti che impedisca l'infiltrazione della mafia e la corruzione e dia maggiori possibilità alle piccole e medie imprese e garanzia di tutela ai lavoratori.

Organi parlamentari e costituzionali
È inaccettabile la perdurante assenza di controlli e di giurisdizione sugli organi costituzionali e parlamentari. La impenetrabilità degli organi costituzionali ( Corte Costituzionale e Quirinale ) e parlamentari ( Camera dei deputati e Senato ) comporta che essi possano decidere ad libitum aumenti di indennità a proprio favore con un chiaro conflitto di interessi e senza il rispetto dell'art 53 della Costituzione, secondo cui « tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva ».  Questa regola vale anche per gli Organi Costituzionali, compreso Quirinale, Camere e Consulta.
Tale impenetrabilità e assenza di controlli non è giustificabile e non è valida nell’attuale ordinamento costituzionale che si ispira a principi di un equilibrato bilanciamento di tutte le funzioni e le attribuzioni fra i vari organi della Repubblica, cui spetta l’esercizio delle diverse funzioni nello specifico ambito di competenza.
Oggi invece la natura della giurisdizione contabile è tale da non poter ledere in nessun caso l’autonomia e l’indipendenza di detti organi. Sicché è accaduto spesso che, all'insaputa dei cittadini e contro i principi di equità sociale, quegli organi hanno aumentato a dismisura i propri privilegi economici.
Un freno a questi abusi venne posto nel 1974, a titolo personale, dal Presidente della Camera dei deputati, Sandro Pertini. Questi chiamato a firmare un decreto che aumentava le indennità dei parlamentari, si oppose minacciando le dimissioni e deplorando l'iniziativa. Egli disse, sdegnato: «Ma come, in un momento di grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall'inflazione.. voi date questo esempio d'insensibilità? Io deploro l'iniziativa. Io con queste mani, non firmo ».

Liberare l'informazione
L'oligarchia del capitale privato, il cui enorme potere non può essere controllato da regole antimonopolistiche nemmeno in una società organizzata su basi democratiche, controlla quasi tutta l'informazione. Questo accade perché i membri del parlamento sono scelti dai partiti politici largamente finanziati dai capitalisti privati. Questi separano gli elettori dal Parlamento. La conseguenza è che i rappresentanti del popolo non tutelano gli interessi delle classi più deboli della popolazione ma quelli dei proprietari. Questo predominio dei proprietari sul parlamento è reso possibile dal fatto che i capitalisti controllano in modo diretto o indiretto le principali fonti di informazione, tra cui stampa, TV, radio, istruzione, editoria. L'obiettivo di Italia Virtuosa è quello garantire un servizio pubblico di radio, TV ed editoria, indipendente dai partiti e dal Governo, che sia in grado di dare una informazione libera e completa.
Uno strumento di libertà e di corretta informazione è internet che ha rotto il monopolio della carta stampata e della TV gestita da pochi padroni che hanno manipolato finora le notizie secondo i loro interessi.
E’ inaccettabile che il finanziamento pubblico venga destinato solo alle grandi testate di proprietà dei grandi gruppi economici che controllano le notizie secondo le loro convenienze e disinformano costantemente i cittadini, e non a quelli indipendenti che fanno informazione corretta e libera.


L'Italia parte dell' Europa
Per secoli l'Europa è stata un campo di battaglia tra stati nazionali che hanno portato alla tragedia dell'olocausto di sei milioni di ebrei e di milioni di zingari e slavi. Il ritorno al nazionalismo, padre naturale del fascismo e del nazismo, sarebbe preludio di nuove guerre e del ritorno alle divisioni. L'Europa, nata come ideale necessario, esigenza fisiologica insopprimibile, istituzione ispirata alla libertà, alla giustizia, al diritto, al pluralismo e alla democrazia, è degenerata nell'Europa dei capitalisti, dei banchieri e dei finanzieri.
L'Italia non può continuare ad essere una colonia degli USA, come è stata per oltre 50 anni.
Italia Virtuosa guarda all'Italia inserita nell'Europa unita su base federale e solidale ; l'Italia continuerà ad esistere e ad essere onorata ed amata come piccola patria in una patria più grande. L'Italia non può esistere senza Europa. Sarebbe travolta da una crisi ancora più grave e irreparabile. Non c'è analisi politica degli storici indipendenti che non evochi le origini mediterranee della civiltà occidentale, come insegna il prof Louis Godart, il grande studioso della antica civiltà micenea di Creta. E non ribadisca l'esigenza di una lungimirante iniziativa europea verso i paesi che si affacciano sulla riva Sud del Mediterraneo, sempre più sconvolti dalle guerre.
La decisiva azione di sinergia  stenta a decollare con l'ampiezza e la determinazione necessaria. E questo per la semplice ragione che l'Europa non esiste come entità politica autonoma ma è condizionata da veti e voti di Paesi al servizio degli USA.
Italia Virtuosa promuoverà ogni iniziativa per promuovere il processo di integrazione politica dei 25 paesi dell'Europa, nessuno escluso, e dei suoi 450 milioni di cittadini, con il varo di una nuova Costituzione  fondata sui principi di garanzia ( uguaglianza dei cittadini, diritti inviolabili al lavoro dignitoso, alla vita, alla salute, al sapere, libertà di stampa, solidarietà ), sulla centralità del Parlamento euro mediterraneo, e sul principio di maggioranza per le decisioni in politica estera e della difesa. Italia Virtuosa spingerà per la bocciatura del diritto di veto che finora blocca la nascita di una Europa che conta come autonoma forza di pace. Italia Virtuosa crede in un governo espresso dal Parlamento, che prenda le due decisioni a maggioranza. Questo governo, retto sulla maggioranza dei cittadini, essenza della democrazia, deve ancora essere realizzato. Disse Pertini al Parlamento europeo trenta anni fa « Quello che abbiamo adesso in Europa, è uno pseudo governo perché basta che il rappresentante di un paese alzi il dito e dica “no” e ogni decisione è bloccata ». E questo accade sistematicamente per i veti posti dalla Gran Bretagna per ostacolare l'integrazione europea e una politica di pace in Medio Oriente.  L'Europa deve essere  terra di mediazione, liberandosi dall'egemonia americana.
L'Europa deve agire per il disarmo totale e controllato, con la distruzione delle armi atomiche e delle basi missilistiche, che espongono l'Europa e l'Italia a gravi rischi di rappresaglie. L'Europa, in caso  di un possibile conflitto nucleare, sarebbe rasa al suolo dai missili  forniti dall'Unione Sovietica a Teheran.
Non dobbiamo tornare alla barbarie della guerra, ma volere il trionfo della pace e della solidarietà tra tutti i popoli della terra legati dallo stesso destino.
La strada maestra per la pace e lo sviluppo è quella di superare la procedura dei rapporti unilaterali, che ha comportato disparità di condizioni nella evoluzione dei rapporti tra i Paesi del Mediterraneo, optando per un approccio globale e paritario con tutti i Paesi del Mediterraneo. Bisogna partire dall'integrazione economica tra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come premessa per il superamento di ogni contrapposizione sul piano politico tra popolazioni diverse per cultura, lingua, etnia, religione, usi e costumi. Occorre partire dall'integrazione economica per raggiungere traguardi politici e culturali, per conquistare e consolidare la pace. L'obiettivo di garantire la pace emerse già nel trattato che istituì la Comunità Europea per il Carbone e l'Acciaio (CECA). Si legge nel trattato: « considerato che la pace mondiale non può essere salvaguardata che con sforzi creativi proporzionati ai pericoli che la minacciano e risoluti a sostituire alle rivalità secolari una fusione dei loro interessi essenziali, a fondare, con la mediazione della Comunità Europea, la prima assise di una comunità più ampia e più profonda tra i popoli così a lungo contrapposti da sanguinose divisioni e a gettare le basi di istituzioni capaci di orientare un destino ormai condiviso»  «L'Europa potrà con maggiori mezzi perseguire la realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali, lo sviluppo del Continente africano ».
Una svolta importante si verificò nell'ottobre del 1972 quando il Consiglio europeo riunito a Parigi, al punto 11 del comunicato conclusivo, accolse la proposta della Commissione europea di «una politica comune nel Mediterraneo”. Il passo avanti fu significativo ma restò limitato agli aspetti commerciali, mentre restarono fuori agenda aspetti cruciali come quelli della sicurezza reciproca e delle politiche ambientali, da salvaguardare per la comune salvezza.
 Il progetto di allargare l'area dei nuovi interessi ai paesi della riva sud del Mediterraneo fu ripresa, dopo 23 anni, nella conferenza euromediterranea di Barcellona tenutasi il 27 e 28 novembre 1995. Vi parteciparono 15 Paesi dell'UE e 12 della riva Sud del Mediterraneo tra cui i tre paesi del Maghreb Algeria, Marocco, e Tunisia e quelli del Maghreb Egitto, Giordania, Libano, Siria, a cui si aggiunsero Israele, Turchia, Autorità palestinese e Cipro. Nacque così l'europartenariato sotto il controllo di un comitato incaricato di seguire il processo di Barcellona. Obiettivo del partenariato era « di fare del bacino del Mediterraneo una zona di dialogo, di scambio, di cooperazione che garantisse la pace, la stabilità e la prosperità ». Ma esso venne abbandonato per il prevalere dei nazionalismi e delle divisioni. Italia Virtuosa vuole la concordia delle genti nel rispetto della giustizia sociale tra i popoli. Non può esserci pace senza giustizia.
Noi dobbiamo la strada di una grande comunità euro mediterranea come strumento di pace e di sviluppo in tutto il mondo.

 

Difesa collettiva della Costituzione contro i demagoghi