domenica 27 dicembre 2009

Le riforme 2010

No alle riforme ad personam; si alla Costituzione del 1948.
di Ferdinando Imposimato [27/12/2009]


La riforma prioritaria è l'assegno di disoccupazione previsto dall'art 38 Cost: “ assicurare ai lavoratori i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria”. Esiste in tutti i paesi civili del mondo; non in Italia. La seconda priorità è la legge che tolga al premier il controllo di tutte le TV pubbliche e private. La terza è l'approvazione di una legge elettorale in cui sia restituito ai cittadini il voto di preferenza.

Il Paese non sente il bisogno delle altre riforme di cui parla il Corriere della Sera : per la maggioranza la riforma prioritaria è il legittimo impedimento. Per noi è una legge su misura per il premier per rallentare i processi a suo carico e consentire nel frattempo l'approvazione di un lodo Alfano bis. Bocciamo come antidemocratiche e antisolidali le altre riforme. E lo diciamo a quelli che possono essere indotti in errore dalla disinformazione. Secondo Aristotele “quelli che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi di timore in modo che i cittadini stiano in guardia e non allentino la vigilanza intorno alla Costituzione” (Aristotele Politica.Laterza Bari 2000, 175). Per noi il senato federale (SF) e il premierato, che intaccano l'equilibrio tra i poteri e i diritti inviolabili dell'uomo . Nel silenzio della stampa , dobbiamo presagire che le riforme minacciate siano quelle annunciate dal Corsera del 22 giugno 2009, all'indomani dei ballottaggi. Obiettivi principali sono il senato federale (SF) e il rafforzamento dei poteri del premier . Su queste riforme sembrano d'accordo PDL PD e Lega. Il PD non può appoggiare queste riforme, ricordando la infausta riforma del titolo V della Costituzione del 2001, voluta dalle commissioni bicamerali di Ciriaco De Mita e Massimo D'Alema, ed attuata dal Governo di Giuliano Amato nel 2001, per ragioni elettoralistiche: la volontà di creare, attraverso le Regioni con una pletora di eletti regionali, nuovi centri di potere e di controllo delle risorse pubbliche dei fondi europei e nazionali.

La nostra Costituzione, varata da spiriti eletti come Aldo Moro, Piero Calamandrei , Giuseppe Dossetti e Palmiro Togliatti, é finita , così, nelle mani di ignoranti e avventurieri , e rischia di subire un colpo mortale con la annunciata riforma federale che accentua la disgregazione derivata dalla riforma del titolo V : Noi ci opponiamo con tutte le nostre forze. Con il Presidente Ciampi dobbiamo riconoscere che la nascita delle Regioni fu una delusione perchè non diede vita al rinnovamento delle amministrazioni locali, ma a una “proliferazione burocratica, dispendiosa e dannosa per lo sviluppo di ogni regione”. Ed una crescita della corruzione e del crimine organizzato , che si sono impossessati di gran parte delle risorse destinate alle regioni del Sud .

Il Senato Federale (SF) sarebbe un istituto ibrido, al SF in certi campi sarebbero dati poteri di scelta più ampi di quelli della Camera. Oltre il potere di eleggere 4 membri della Corte Costituzionale, mentre alla Camera ne resterebbero solo 3 ( art 135 della Cost), (mentre oggi ne spettano cinque al Parlamento in seduta comune), in tal modo, con l'aumento dei giudici di nomina politica, la Corte Costituzionale non sarebbe il giudice imparziale delle leggi, ma diventerebbe un organo controllato dalla maggioranza al Governo.

Con il SF , al Senato spetterebbe un groviglio di competenze , tra cui un potere di veto sugli stessi principi fondamentali concernenti le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ( rapporti internazionali, tutela e sicurezza sul lavoro, istruzione, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, etc art 117 comma 3 Cost), Ciò nonostante l'attribuzione di Camera politica che si darebbe alla sola Camera dei deputati. Un guazzabuglio che porta alla paralisi del Parlamento ed alla disgregazione del Paese.

Occorrerebbe ripristinare il Titolo V artt 114- 117 della Costituzione, aumentando le competenze esclusive dello Stato, in materia di tutela di salute, sicurezza e scuola che con la riforma del 2001 sono state affidate alla competenza concorrente delle Regioni: ricordiamo al Presidente Giorgio Napolitano ciò che disse il 25 novembre 2004 , al convegno promosso dagli ex parlamentari a proposito della riforma federale; egli, dopo avere definito " inaccettabile il dilatare in modo abnorme i poteri del primo ministro, secondo uno schema che non trova l'eguale in altri modelli costituzionali europei e lo sfuggire a ogni vincolo di pesi e contrappesi, di equilibri istituzionali e di regole da condividere ", concluse che bisognerebbe rivedere il titolo V in alcune parti “orripilante”." Oggi non c' motivo per cambiare idea.

No alle riforme ad personam; si alla Costituzione del 1948.

Ferdinando Imposimato

sabato 19 dicembre 2009

La nuova strategia della tensione

La nuova strategia della tensione
...la copertura di altri obiettivi e di altre forze interessate a destabilizzare l'ordine pubblico per stabilizzare altri poteri...
di Ferdinando Imposimato [19/12/2009]

Forse siamo in presenza di una nuova strategia della tensione, simile a quella che ha flagellato l'Italia degli anni 60-80. E degli ani 90, con le stragi di Capaci e di Via D'Amelio. Ne sono un sinistro segnale i recenti attentati del Nord Italia. Credo che abbiano una stessa matrice i pacchi bomba esplosi martedì pomeriggio al Cie di Gradisca e giovedì all’Università Bocconi di Milano. A rivendicare i due attentati, è stata una improbabile Federazione anarchica informale, un gruppo anarco-insurrezionalista che negli ultimi anni avrebbe rivendicato atti terroristici compiuti in varie località italiane. Nel tardo pomeriggio del 17 dicembre un volantino firmato da "Sorelle in armi, Nucleo Mauricio Morales-Fai", inviato al quotidiano Libero, rivendicava l’attentato alla Bocconi e a Gradisca. Nel volantino si parlava di contrasto al capitalismo, di moderne galere e campi di concentramento dove relegare gli ultimi della società, e l'inizio di una attività contro i ricchi e il potere politico. Alla Bocconi l’ordigno, un cilindro metallico di circa 25 centimetri con innesco elettrico, è scoppiato alle 3.30 di notte in un tunnel che collega due edifici dell’università. Dopo la rivendicazione gli inquirenti hanno capito di esser di fronte ad un attentato. Il danno è stato minimo perché il tubo è esploso solo in parte per il cattivo funzionamento del timer dovuto, secondo i primi accertamenti, all’imperizia con la quale il detonatore elettrico è stato fabbricato. Quanto all’esplosivo, nella rivendicazione si parla esplicitamente di "due chili di dinamite", ma i primi esami della scientifica non dicono con certezza di che composto si tratti. La matrice anarchica è stata seguita dagli investigatori che indagano sulla busta esplosiva recapitata al Cie di Gradisca. Nel portafoglio da donna, imbottito di polvere pirica, c’era un volantino di rivendicazione firmato dal gruppo anarchico.
Ed ora riflettiamo su ciò che accade: “Guardare al passato per capire il presente e prevedere il futuro”, dice Tucidide. Il passato può ripetersi. Negli attentati odierni, vedo non gesti isolati e velleitari ma una strategia concreta e realistica, che ripropone una stagione di violenza, simile a quella che seguì gli attentati alla fiera di Milano della primavera 1969, culminati con la strage di piazza Fontana. Mi sembra di tornare indietro a 40 anni fa, al 12 dicembre del 1969 quando, giudice istruttore a Milano, seppi della esplosione delle prime bombe tra cui quella di piazza Fontana, cui fu data una matrice anarchica. Ero al Tribunale di Milano dal 1965 . Anche io fui indotto in errore dalle false notizie propalate da tutta la stampa, compresa quella di sinistra, che accreditarono la pista rossa. Verso la matrice anarchica fu depistato anche il mio amico Vittorio Occorsio, Pubblico Ministero, incaricato della inchiesta su quella strage. La indagine gli era stata affidata dopo una manovra giudiziaria del Procuratore generale di Roma, che sottrasse ai giudici di Milano la inchiesta. Dopo alcuni anni, Occorsio, con cui avevo cominciato a indagare sui rapporti tra criminalità e politica, comprese che era stato ingannato dall'Ufficio Affari Riservati del Viminale: la matrice era massonico-fascista. Quando stava per risalire ai mandanti occulti, fu assassinato da alcuni fascisti tra cui Pierluigi Concutelli: era l'11 luglio 1976, pochi minuti dopo aver parlato con me per dirmi che aveva dato parere contrario ad un uomo che poi si seppe essere della P2.
I colpevoli della strage restarono ignoti. Ma molti ufficiali dei servizi segreti (SID) furono condannati per i depistaggi sulla strage: tra gli altri fu condannato per calunnia il generale Giandelio Maletti, uno dei vertici del SID. Che la settimana scorsa ha ammesso, in una intervista all'Espresso, che la bomba di Piazza Fontana era stata confezionata con esplosivo straniero: parte dell'esplosivo della strage era arrivato da un deposito militare americano in Germania. “Era entrato in Italia dal Brennero, a bordo di uno o più Tir. Fu scaricato a Padova, dove venne affidato agli ordinovisti locali”. L'esplosivo era, secondo Maletti “trinitrotoluene. Ovvero, tritolo”. Era una notizia attribuita dal Sid alla "Fonte Turco", cioè tal Casalini, un militante del gruppo di Freda e Ventura che aveva partecipato agli attentati sui treni dell'8 e 9 agosto '69. “Gli americani fornivano mezzi ed esplosivo,- ha detto Maletti- ma il lavoro lo lasciavano fare agli indigeni. C'era un laissez-faire, un indirizzo generale, poi messo in pratica da gruppi italiani o internazionali. Se ne occupavano i servizi segreti, ma non solo la Cia”. Eppure per anni si seguì la pista rossa. E i responsabili restarono impuniti.
Oggi si ripropone uno scenario simile: ma non vogliamo attendere 40 anni per sapere la verità. La formazione anarchica informale (FAI) costituisce verosimilmente la copertura di altri obiettivi e di altre forze interessate a destabilizzare l'ordine pubblico per stabilizzare altri poteri .
Certo è che colpisce la coincidenza degli attentati con l'ennesimo attacco alla Costituzione, baluardo della democrazia. Si vuole una Repubblica presidenziale , come quella auspicata da Licio Gelli. Si vuole distruggere la Corte Costituzionale, colpevole di avere bocciato il lodo Alfano. Essa è accusata di essere formata da giudici comunisti scelti da Presidenti filocomunisti. Non mi risulta che Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi fossero comunisti. La Costituzione, approvata da popolari, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali e monarchici, non va cambiata in nessuna parte. Non eravamo e non siamo d'accordo con chi, non avendola mai letta, auspica riforme come il premierato e il federalismo. Qualunque dialogo con il centro destra sarebbe assurdo. Stupisce che non lo abbia compreso il segretario del PD, che insiste nel volere riforme condivise (Corsera 11.12.2009).
La maggioranza non vuole riformare la Costituzione, vuole farla a pezzi, è un ostacolo a precisi disegni egemonici. E' un momento buio per la democrazia: il solo argine a mire eversive è la nostra Costituzione: il testamento spirituale di 100.000 morti. Il progetto plebiscitario non è utopistico: la maggioranza degli italiani, annichilita dalle TV di regime, lo sosterrebbe. Per il Paese sarebbe la rovina. Noi ribadiamo un fermo no al federalismo, al premierato, al plebiscitarismo alla delegittimazione della Consulta. Deploriamo l’eccesso dei poteri al Presidente del Consiglio. E rammentiamo che la Corte Costituzionale, con l’aumento dei giudici designati dal Parlamento federale, diventerebbe organo della maggioranza e perderebbe il ruolo di giudice indipendente delle leggi. La Corte deve restare l’estrema barriera contro il tentativo di attentare all’essenza della democrazia.

Ferdinando Imposimato

martedì 15 dicembre 2009

No al plebiscito, No al dialogo e No a elezioni anticipate. Si a un governo per la difesa della Costituzione.


di Ferdinando Imposimato [12/12/2009]

La Costituzione è il baluardo della democrazia; e, con nostra gioia, resta l'incubo del premier. Essa non va cambiata in nessuna parte. Non eravamo e non siamo d'accordo con il Presidente della Repubblica, che auspicava riforme come il premierato e il federalismo. Oggi Berlusconi ripropone un lodo Alfano bis, la separazione delle carriere dei magistrati e la riforma del CSM: gli obiettivi di sempre. Qualunque dialogo con tale eversore sarebbe assurdo. E stupisce che lo abbiano compreso Fini e Casini, ma non Pierluigi Bersani, che insiste nel volere riforme condivise (Corsera 11.12.2009). Il premier non vuole riformare la Costituzione, vuole farla a pezzi, è un ostacolo ai suoi disegni egemonici.

Tuttavia, attenzione, il disegno del tirannello è preciso: spingere a nuove elezioni, vincerle ed essere legittimato dal popolo a stravolgere la Carta Costituzionale. Il progetto plebiscitario non è utopistico: la maggioranza degli italiani, annichilita dalle TV minzoliniane, lo sosterrebbe. Per il Paese sarebbe la rovina. Mente il premier quando dice che non vuole le elezioni: lo hanno capito Gianfranco Fini, Bruno Tabacci e Ferdinando Casini. Il leader dell'UDC propone un governo per la democrazia per scongiurare il rischio di elezioni anticipate. Pur di evitare un plebiscito in favore del tiranno, siamo d'accordo per un governo istituzionale in difesa della Costituzione. Per arginare l'attacco del premier alla Costituzione che non ha soste. E' la sola strada percorribile in questo momento.

Il primo atto del disegno eversivo è una legge che proroga fino a 78 anni le alte cariche delle tre magistrature: Presidente della Cassazione, della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato. Costoro dovrebbero garantire al premier collegi giudicanti compiacenti. Il progetto di legge esiste . Non a caso il Premier difende i giudici di grado elevato, che lo hanno sempre assolto. Su questo punto la opposizione tace e la gente non sa nulla. Questo accade per i persistenti patti scellerati sottobanco tra PDL e PD. Di cui un segnale preciso sono i voti di parte del PD assieme a quelli del PDL contro l'arresto del sottosegretario Nicola Cosentino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa dalla Procura di Napoli. Cosentino ha ricevuto 51 voti in più rispetto a quelli della maggioranza. E' la prosecuzione di accordi risalenti al tempo dell'elezione al parlamento di Silvio Berlusconi. Quando furono ignorati i richiami di talune delle coscienze più sensibili- come Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca e Vito Laterza- sull'esistenza di un decreto presidenziale 30 marzo 1957 n 361 che all'articolo 10 contemplava esattamente il caso Berlusconi: “Non sono eleggibili coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...”. Quando Berlusconi fu eletto, Giovanni Sartori ammonì: “ io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine perché così lui vince sempre ed io perdo sempre”. Questo era prevedibile: i soli a non prevederlo furono D'Alema e Prodi, con l'assurda giustificazione che il conflitto di interessi non interessava al Paese. Ma interessava alla democrazia, perché democrazia vuol dire competizione alla pari tra i partecipanti alla contesa elettorale, come vuole l'articolo 51 della Costituzione. Questa “furbizia” suicida- dobbiamo ripeterlo a quelli dalla memoria corta- fu il risultato di accordi tra Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, bisognoso del sostegno dell'opposizione, e Silvio Berlusconi; egli disse che Mediaset era un patrimonio nazionale. Il problema non era toccare Mediaset, ma applicare la legge. La storia si ripete con il voto di parte del PD a favore di Nicola Cosentino.

Noi diciamo : no alla legge che mantiene in servizio i magistrati di vertice prossimi alla pensione. Bisogna prevenire il piano eversivo. Che prevede riforme che distruggerebbero in un sol colpo gli equilibri democratici tra i vari poteri: quelli che reggono i rapporti tra maggioranza e opposizione; e servono a scongiurare il pericolo che ci sia un potere capace di sovrastare tutti gli altri.

Noi ribadiamo un fermo no al federalismo, al premierato, al plebiscitarismo. Deploriamo l’eccesso dei poteri al Presidente del Consiglio dei Ministri. E rammentiamo che la riforma federale metterebbe in pericolo la unità del Paese . E la indipendenza della Corte Costituzionale, accusata dal premier di comunismo. La Consulta , con l’aumento dei giudici designati dal Parlamento federale, diventerebbe un organo della maggioranza e perderebbe il ruolo di giudice indipendente delle leggi incostituzionali. La Corte deve restare l’estrema barriera contro il tentativo di attentare all’essenza della democrazia.

Ferdinando Imposimato

Difesa collettiva della Costituzione contro i demagoghi