martedì 11 agosto 2009

La libertà di  stampa  declina e con essa la democrazia

La libertà di  stampa  declina e con essa la democrazia

Il Quirinale  si è detto  stupito e amareggiato per la rottura tra Sky e Rai, per la quale la RAI perderà circa 60 milioni di euro l'anno. L'accordo  prevedeva che gli abbonati Sky  avessero  la visione dei sei canali Raisat. Il fallimento della trattativa ha comportato che dal primo agosto dalla piattaforma sono spariti i sei canali, tra cui RAI 1 RAI 2 e RAI 3 . Ma non solo questa è la conseguenza delle scelte del direttore generale della RAI, ex  segretario generale della Presidenza del Consiglio.  Il Presidente Napolitano  mostra “disappunto”, il che è un po' poco, essendo  non solo danneggiato economicamente il servizio pubblico, ma  in pericolo la libertà di stampa che è l'essenza stessa  della democrazia.  In quanto custode a garante della Costituzione, il Presidente della Repubblica  non può disinteressarsi  di quel servizio pubblico, finora bistrattato da Berlusconi,  su cui si imperniano principi fondamentali come il pluralismo e la libertà di informazione, sanciti solennemente dall'art 21 della Costituzione.  O interessarsene tardivamente. Il Presidente del Consiglio, dopo essere sopravvissuto politicamente alle nefandezze delle squillo a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa, alcune delle quali  assurte agli onori del Parlamento per i favori concessi al principe ,  sta distruggendo, nella disattenzione generale ,  quel minimo di libertà di informazione che era concentrata in RAI 3. Non  può passare sotto silenzio  il richiamo minaccioso  a RAI 3 del   Presidente del Consiglio, secondo cui  non può essere consentito ad una tv pubblica,  finanziata  con i soldi pubblici,  di attaccare il governo. E' una pretesa assurda:  RAI tre non attacca nessuno;  si limita a dare con grande equilibrio  notizie precise  sui comportamenti disdicevoli del Capo del Governo. E', invece,  RAI 1 del servo Minzolini  a venire meno al suo diritto-dovere di informare compiutamente  la pubblica opinione, pur essendo pagata per questo.   Non può essere consentito ad un Presidente del Consiglio di avere il silenzio-omertà sui favori sessuali di una serie di prostitute, favori ottenuti sfruttando la qualifica di Presidente del Consiglio ed usando aerei dello Stato per il loro trasporto. Né può essere permesso  che la scelta di alcuni parlamentari avvenga non per meriti personali in qualche campo ma come retribuzione per  più o meno eccellenti prestazioni  erotiche  a favore del Presidente del Consiglio o dei suoi ospiti . Non è  politicamente, moralmente  e forse  anche  penalmente  indifferente che siano  decise     candidature-nomine di squillo o mignotte  al Parlamento nazionale , ( ma la legge elettorale porcata con liste bloccate fu  voluta in funzione della  “nomina” delle squillo?) o al Parlamento europeo solo o prevalentemente per meriti erotici.  E che questo  attacco alla dignità delle istituzioni repubblicane  sia denunziato  dalla moglie del Presidente del Consiglio, che si è servito della TV pubblica per  fare la propria difesa  imperniata su una serie di bugie spudorate, tutte venute alla luce del sole.    Mi chiedo sommessamente: se un Sindaco offre la poltrona di assessore o di  consulente  ad una prostituta  per  i  favori  concessi   a letto, viene  incriminato per abuso in atti di ufficio o per corruzione per atto di ufficio ?  Non c'è dubbio!  E  se un magistrato, che  ottiene i favori  di una prostituta  in cambio di una decisione favorevole,  viene non solo incriminato per corruzione  e  cacciato dalla magistratura, perché per  il presidente del Consiglio ,   analogo   comportamento diventa titolo di merito, ed anzi  accresce la sua arroganza, al punto che egli si permette di distruggere la TV pubblica per impedire che   parli  delle nefandezze commesse? E la Unione Europea che fa di fronte a queste violazioni dei diritti inviolabili dell'uomo e delle libertà fondamentali? E il paese perché si disinteressa di queste nefandezze? Giovanni Valentini su Repubblica riconosce che un intervento più tempestivo del Colle sarebbe  valso forse ad impedire  i provvedimenti liberticidi attuati in RAI, che erano ampiamente previsti. Oggi  serve a  poco  mostrare delusione. Oggi occorre che gli italiani consapevoli scendano  in piazza ,  sostenendo  la iniziativa di Dario Franceschini, segretario del PD- relegata in un trafiletto in 11° pagina del Corriere-,  che  a settembre  ha  promosso una mobilitazione  in difesa della libertà di  stampa, presidio della democrazia.

Non solo si  sta verificando una grave limitazione alla libertà di stampa, ma anche un danno grave allo Stato : il prossimo bilancio RAI si impoverirà di una cospicua entrata finanziaria. Sicché un intervento della Corte dei Conti – che si è inutilmente tentato di trasformare in organo di Governo-  contro il direttore generale della RAI e i singoli consiglieri di amministrazione,  che hanno dato il loro voto favorevole, sarebbe doveroso.  La RAI , oltre a perdere l'audience , e quindi la pubblicità raccolta attraverso la Pay TV,  dovrà sostenere una quota dell'onere della nuova piattaforma TV  di Tivusat. E tutto questo per fare un favore a  Mediaset  nella sfida della concorrenza  con  Sky, come ha riconosciuto- tardivamente -  il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza Sergio Zavoli. Del resto inesistente  era stata la risposta di   Zavoli ,   durante  tre legislature,  rispetto al problema del conflitto  di interessi; é troppo comodo limitarsi, come fa Zavoli,  ad esortare   Mauro Masi, direttore generale della RAI,  a riprendere la trattativa RAI-SKY poiché ciò sarebbe conforme “all'interesse nazionale”. E ad affermare che  “riportare  i canali RAI e Raisat su Sky gioverebbe a criteri di utilità  imprenditoriale e industriale, considerando che i canali RAISAT non sono più ricevibili altrove” . Questi appelli non servono a nulla, sono ipocriti! Ben altro, che una questione economica,  è il danno al Paese da ciò che sta accadendo nella ignoranza generale. Zavoli finge di reagire ad una situazione che era prevedibile , essendo diretta conseguenza della mancata soluzione  del conflitto di interessi, del quale l'ineffabile Zavoli , amico di Gianni Letta , non si è mai curato. Ma lo scempio delle TV  pubbliche,  iniziato con la nomina di  Augusto Minzolini al vertice di RAI 1,  è proseguito con le nomine di Bruno Socillo alla Direzione Radio, di Antonio Preziosi al posto di Antonio Caprarica, al GR e a Radio 1,  di Flavio Mucciante a radio 2 , di Marino Sinibaldi a radio 3, tutti uomini fidati del despota della informazione pubblica e privata. 

Dissente Paolo Garimberti, Presidente della RAI,  che critica le nomine, ma,  come  Sergio Zavoli, resta attaccato alla poltrona  , senza un minimo di dignità. Nel frattempo la RAI perde  share  e introiti pubblicitari calcolati nell'ordine di 150 milioni di euro. Intanto Mediaset agisce per fagocitare la tv pubblica su audience e raccolta pubblicitaria. Se nella primavera del 2006  il distacco era di 3,9% di share a favore di Mediaset,  ora quel divario è aumentato del 7%, dati presentati da Mediaset agli analisti finanziari. La libertà di informazione  esiste  solo se vi  é   pluralismo della informazione;  se invece  vi  è  concentrazione degli organi di informazione nelle mani di pochi gruppi o persone,  o addirittura di una sola persona,  che non sono è editore  puro ma affarista,   la libertà di stampa  é apparente.

Albert  Einstein,  dall'America  profetizzò 65 anni fa  lo scenario odierno, dicendo: “ Le moderne democrazie , che mascherano regimi tirannici, utilizzano i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di disinformazione e di stravolgimento delle coscienze degli uomini”.  “Nelle condizioni attuali, i capitalisti privati controllano inevitabilmente in modo diretto o indiretto , le principali fonti di informazioni ( stampa radio)” ( all'epoca non c'era la TV nda). “Per cui é estremamente difficile, e nella  maggior parte dei casi  impossibile, che il singolo cittadino possa arrivare a conclusioni oggettive e avvalersi in modo intelligente dei propri diritti politici”. La stessa analisi può valere per l'Italia ove esiste un pensiero unico dominante nella informazione monopolizzata da  cinque   testate TV che brillano  per  la falsificazione delle notizie e i loro silenzi su questioni cruciali, come quelle che riguardano le condotte scellerate del Presidente del Consiglio.

Abbiamo il dovere di ripetere  che il declino della informazione  risale a precise responsabilità di Massimo D'Alema. L'inizio della fine del pluralismo risale al 1994,  con l'elezione al parlamento italiano di Silvio Berlusconi. Fu  la furbizia gravemente censurabile di Massimo D'Alema  a compiere il primo di una serie di errori, che hanno portato il paese sull'orlo del baratro oltre il quale sta la fine della nostra democrazia. La furbizia consistette nel volere ignorare, a dispetto dei richiami di talune delle coscienze più sensibili- come Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca e Vito Laterza- l'esistenza di un decreto presidenziale 30 marzo 1957 n 361 che all'articolo 10 contempla esattamente il caso Berlusconi: “Non sono eleggibili coloro che, in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...”. Quando Berlusconi fu eletto, la giunta delle elezioni , dovendo decidere sulla sua eleggibilità , concluse, errando , per la eleggibilità di  Berlusconi, in base ad un'assurda interpretazione della  legge.

Giovanni Sartori ammonì: “ io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine perché così lui vince sempre ed io perdo sempre”. E ciò é vero: si tratta di un non risolto problema di fondo della nostra democrazia, perché democrazia vuol dire competizione alla pari tra i partecipanti alla contesa elettorale, come stabilisce l'articolo 51 della Costituzione. E se questa regola cardine non é rispettata, questa é una minaccia per la nostra democrazia.

Questa  “furbizia” suicida  fu il risultato di una serie di accordi basati sul compromesso illusorio della Bicamerale. L'allora Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, bisognoso del sostegno parlamentare anche dell'opposizione, disse che Mediaset non si toccava perché era un patrimonio nazionale.  Ma il problema non era toccare Mediaset, ma applicare la legge.  Mediaset sarebbe sopravvissuta, ma il suo proprietario non era eleggibile. Ed il governo di centro sinistra si pronunciò per  l'eleggibilità di Berlusconi solo per una cieca ambizione di D'Alema che si illuse di avere i voti di Berlusconi per stravolgere  la Costituzione. Luciano Violante avrebbe poi spiegato che c'era stato un vero e proprio  impegno formale occulto   di  Massimo D'Alema  a non toccare le TV di Mediaset. E questo ha segnato per sempre il futuro della nostra democrazia in senso negativo con la rassegnazione di tutti, tranne che di Paolo Sylos Labini, che nel frattempo é morto.  Oggi dobbiamo sperare che il congresso del PD porti una ventata di rinnovamento e di trasparenza. Che non può essere D'Alema ,  lo stesso che aprì la strada alla riforma del Titolo V . Che ha portato  come conseguenza “legittima” “Le Ronde”, il “dialetto padano” nella scuola, le gabbie salariali ,  la scuola per gli immigrati separata da quella dei cittadini. Una serie di disastri che gli italiani debbono conoscere. Oggi D'Alema sta condizionando il congresso del PD anche con il sostegno a personaggi discussi e discutibili. Un suo successo, sia pure per interposta persona,  sarebbe esiziale per la democrazia.

 

Ferdinando Imposimato

10 Agosto 2009


La riforma federalista e l’emergenza democratica

La riforma  federalista  e l’emergenza democratica

 

La Costituzione e la democrazia secondo  Aristotele

 Aristotele,  nel V secolo AC,  si occupò della Costituzione democratica.  Egli, nel suo trattato sulla Politica, disse che “base della costituzione democratica è la libertà, che è il fine di ogni democrazia”.  “Una prova della libertà consiste nell'essere governati e nel governare a turno:  in realtà in democrazia la massa è sovrana e quel che i più decidono ha valore di fine, indipendentemente dal merito di ciascuno. Nelle democrazie i poveri sono più potenti dei ricchi perché sono di più e la decisione della maggioranza è sovrana”. (Aristotele politica Laterza ed  Bari 2000 p.203)

Oggi in Italia non c'è democrazia ma  regime, cioè  dittatura della maggioranza, con il pericolo che la opposizione resterà  tale per decenni e non governerà mai.

Parlando di Costituzione e riforme, è bene ricordare alcuni insegnamenti di Aristotele. In questo modo  capiremo meglio  i pericoli incombenti sulla nostra democrazia con altre   riforme che intaccano la Costituzione.

 

Il primo insegnamento  è che nello Stato “ è preferibile che governi la legge (la Costituzione nda) più che un qualunque cittadino  e anche se governino alcuni, costoro bisogna costituirli guardiani delle leggi e subordinati alle leggi”. “Chi raccomanda il governo della legge (Costituzione), raccomanda il governo di  dio e della ragione, mentre chi raccomanda il governo dell'uomo, vi aggiunge anche quello della bestia , perché il capriccio è questa bestia e la passione sconvolge, quando sono al potere, anche gli uomini  migliori”. “Quelli che stanno al governo sono soliti fare molte cose per dispetto  o per favore” ( Aristotele Politica. Laterza, Bari 2000 p.108-109)

Nessuno può disconoscere l'attualità ed il valore  di questa analisi, ricordando  scandali e arbitri di certi governanti con  leggi   che non si ispirano al bene comune. Al contrario Ciampi fu un guardiano della Costituzione, rifiutando la ricandidatura alla Presidenza della Repubblica.

 

Il secondo precetto è di “non esaltare  troppo  qualcuno (che governa nda) oltre le debite proporzioni, perché questo corrompe gli uomini e non è da tutti sopportare  una grossa fortuna. Ma la cosa più importante  in ogni Costituzione  è provvedere mediante le leggi affinché le magistrature (le cariche  pubbliche) non abbiano a diventare fonte di guadagno” ( Aristotele ,ib p.176) . “Bisogna con leggi impedire che nessuno raggiunga posizioni troppo preminenti per possibilità di ricchezze, se no si devono allontanare costoro mediante l'espulsione”.

Da qui la necessità di non dare poteri eccessivi al premier e di stabilire casi di ineleggibilità rigorosi evitando che persone che monopolizzano l'informazione con concessioni  TV  o in altro modo siano eletti in parlamento.  Questo viola il principio della uguale possibilità di tutti i cittadini di accedere alle cariche pubbliche ( art. 51 Cost). Questo obiettivo di prevedere la ineleggibilità dei  titolari, anche per interposta persona, di concessioni TV, pur  enunciato  dai governi di centro sinistra, non è mai stato perseguito; di qui il dominio assoluto di Silvio Berlusconi  nelle campagne elettorali.

 

Il terzo precetto di Aristotele è che “quelli che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi di timore in modo che i cittadini stiano in guardia e non allentino la vigilanza  intorno alla Costituzione” (Aristotele Politica. Laterza Bari 2000, p.175)

Da ciò la necessità, per chi crede  nella difesa della Costituzione come pilastro della democrazia,  di sensibilizzare i  cittadini  e soprattutto i giovani sul pericolo che corre la democrazia  con le riforme costituzionali, tra cui il senato federale e il premierato, che intaccano l'equilibrio tra i  poteri e i diritti inviolabili dell'uomo .

 

I requisiti  dei capi dello Stato, dei legislatori e dei governanti

Aristotele scrisse che “tre requisiti devono avere quelli che si apprestano a coprire le magistrature supreme”, che corrispondono oggi al Capo dello Stato,  ai legislatori ai governanti e ai magistrati. Il primo - disse- è “il rispetto della Costituzione in vigore, poi estrema capacità nei doveri della carica, terzo  avere virtù e giustizia”.  ( Aristotele, Politica. Laterza, Bari 2000 p.177)

Guardando all'Italia, dobbiamo riconoscere che questi requisiti mancano a  gran parte dei politici investiti di cariche pubbliche  in Parlamento e al Governo, molti essendo quelli che non rispettano la Costituzione vigente, violandola con leggi incostituzionali  come quelle che prevedono un trattamento sanzionatorio preferenziale  o addirittura la impunità per coloro che rivestono cariche pubbliche, leggi che tendono a ridurre il potere di repressione dei crimini più pericolosi come quelli contro la Pubblica Amministrazione: molti parlamentari e uomini di governo  sono privi delle conoscenze essenziali che ciascun politico dovrebbe avere in materia di Costituzione e di trattati internazionali; carenti son infine  i requisiti della virtù e della giustizia in molti parlamentari e persino in molti governanti  che si abbandonano a comportamenti immorali e  diseducativi, essi che dovrebbero essere  esempio di virtù civiche e morali  per  tutti i cittadini.

 

Le riforme annunciate

Il  Corsera del 22 giugno 2009, all'indomani dei ballottaggi,  ha rilanciato  il tema delle riforme  costituzionali volute dal  governo da realizzare al più presto. Obiettivi principali  sono il senato federale  e il rafforzamento dei poteri del premier.   Su queste riforme sembrano  d'accordo  PDL,  PD e Lega,  Il  PD non ha tratto alcun insegnamento dalla infausta riforma  del titolo V della Costituzione del 2001,  voluta  dalle commissioni  bicamerali di Ciriaco De Mita  e Massimo D'Alema, ed attuata dal Governo di Giuliano Amato nel 2001,   per ragioni elettoralistiche: erano legate alla volontà di creare, attraverso le Regioni   con una pletora di eletti regionali,  nuovi centri di potere e di controllo delle risorse pubbliche  derivanti dai fondi  europei e nazionali. 

La nostra Costituzione,  varata da spiriti eletti come Aldo Moro, Piero Calamandrei , Giuseppe Dossetti e Palmiro Togliatti,  é finita, così, nelle mani di  ignoranti e   avventurieri, e  rischia di subire  un  colpo  mortale  con la annunciata  riforma federale che accentua la disgregazione derivata  dalla riforma del titolo  V.

 Disse Aldo Moro- è bene ricordarlo- :  “La Costituzione contiene nella sua struttura un pericolo abbastanza grave: che individui o gruppi, avversando in tutto o in parte le norme essenzialmente politiche della seconda parte, siano indotti ad avversare tutta la Costituzione in blocco, compresi quei  principi di altra natura che vi sono inseriti”, cioè i diritti inviolabili (art 1-12). ( A Moro  1948 ed Cinque Lune).

Il pericolo    si   profila oggi  proprio nei termini in cui lo paventò Moro.  Perché  la riforma federalista – dei guasti del premierato abbiamo detto più volte-  non solo modificherebbe  l'organizzazione politica dello Stato, ma violerebbe  i principi   di  solidarietà ( art 2), unità, indivisibilità ( art 5), e l'equilibrio dei poteri - che  sono  immodificabili.  

 

Il federalismo secondo Ciampi

Carlo Azeglio Ciampi condivide l'idea federalista come fattore di sviluppo,  affermando che ogni apparente cessione di sovranità alle regioni si rivela, in realtà, come conquista di una maggiore, più vera e più forte sovranità comune (Padova 19 marzo 2002). Ma  ritiene che  il federalismo  accettabile è solo  il    federalismo solidale, che non provochi spaccature nel tessuto connettivo della società italiana (Sondrio  1 luglio 2003). Come avverrebbe  con le gabbie salariali proposte dalla Lega,  con la divisione tra i lavoratori.

Ciampi riconosce che la nascita delle Regioni fu un passo avanti ma anche una delusione perché non diede vita al rinnovamento delle amministrazioni  locali. “Con il federalismo dovrà crescere- dice Ciampi- la capacità dei governi locali di lavorare insieme, oltre che con i governi nazionale ed europeo, ponendo attenzione ad evitare costosi doppioni”. Ed invece si è verificata con le Regioni  una “proliferazione burocratica, dispendiosa e dannosa per lo sviluppo di ogni regione”.  Ed io aggiungo, una crescita della corruzione e del crimine organizzato,  che si sono impossessati di gran parte delle risorse destinate alla  Regione campana e alle regioni del Sud. Basti ricordare la confessione ai PM di Napoli di Gaetano Vassallo, ex ministro dei rifiuti di Francesco Bidognetti, capo clan della zona dei Mazzoni ( Caserta), Vassallo disse  “Per venti anni ho contaminato il suolo, il cibo, le acque e l'aria della Campania, complici, sindaci, politici , boss e contadini, ciascuno interessato ad arricchirsi sulla pelle dei cittadini”. Nell'articolo di Gianluca De Feo ed Emiliano Fittipaldi sull'Espresso si fanno i nomi dei politici  di governo, dei funzionari del Commissariato di Governo e dell'agenzia regionale dell'ambiente stipendiati dalla camorra per coprire il traffico di rifiuti tossici provenienti dal nord, si parla  della complicità di “uomini delle forze dell'ordine a disposizione”, di “decine di sindaci prezzolati”, gli stessi che scendono in campo contro i termovalorizzatori, di “ funzionari della provincia di Caserta che firmano licenze per siti che sono fuori dei loro territori”. Mentre un fiume inarrestabile di tangenti scorre e alimenta da  sempre la corruzione  e l'ascesa di politici e amministratori corrotti. A completare il quadro desolante di una terra senza speranza, in mano ad avventurieri e criminali, di un meridione  senza  prospettive di crescita, è la serie di processi contro amministratori locali e regionali, che restano al loro posto nonostante le accuse di abusi e corruzione.  I nomi sono comparsi  su tutti i giornali locali e nazionali. Sono loro i principali alleati di Bossi e del federalismo  egoista e  non solidale che la Lega persegue, con buone ragioni di successo : evitare di  far pagare ai cittadini del nord  gli sperperi delle Regioni del Sud 

 

Il Senato Federale

Sul piano dei rapporti   tra Camera e Senato, preoccupa    il progetto di Senato Federale (SF), omologo a quello  approvato  dal Parlamento  con due deliberazioni  il 20 ottobre 2005  e  subito dopo  bocciato  dal referendum popolare: Vassalli lo definì una scimmiottatura del bundesrat della Germania. E lo  criticò  per il predominio del Senato federale sulla Camera,  e  la vasta competenza  che ad esso  rimane  sui provvedimenti  della Camera dei Deputati , la cui  rappresentanza è invece nazionale.“Un istituto ibrido, incomprensibile in più punti”: conclude Vassalli.

Al SF in certi campi sarebbero dati  poteri di scelta più ampi  di quelli della Camera. Oltre il potere di eleggere 4 membri della Corte Costituzionale,  mentre  alla Camera ne resterebbero  solo 3  ( art 135 della Cost), (mentre oggi ne spettano cinque al Parlamento in seduta comune), in tal modo, con l'aumento dei giudici di nomina politica,  la Corte Costituzionale non sarebbe  il giudice imparziale delle leggi, ma diventerebbe un organo controllato dalla maggioranza al Governo.

 Con il SF , al Senato spetterebbe un groviglio di competenze,  tra cui un potere di veto   sugli stessi principi  fondamentali concernenti le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni,  (rapporti internazionali, tutela e sicurezza sul lavoro, istruzione,  ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, coordinamento della finanza pubblica  e del sistema tributario, ecc art. 117  comma 3 Cost), Ciò  nonostante l'attribuzione di Camera politica che si darebbe alla sola Camera dei deputati. Un guazzabuglio che porta alla paralisi del Parlamento ed alla disgregazione del Paese.

Impressionante è la farraginosità del sistema escogitato per disciplinare i rapporti tra Camera dei Deputati e Senato federale nella formazione delle leggi. In tale sistema  si annida il pericolo di una grave stasi legislativa: una riforma  per aumentare i conflitti, mentre compito della democrazia è  di evitare i conflitti, di comporli, di  sedarli.  

Osserva efficacemente Augusto Barbera che il Senato federale indebolisce  la funzione nazionale di  Governo. “Eletto  in un periodo non coincidente con la elezione della Camera politica, e con sistema elettorale diverso,  potrebbe avere una composizione politica diversa da quella della Camera e  non sarebbe legato ad un rapporto fiduciario con il Governo e non soggetto a scioglimento anticipato. In materie rilevanti come i principi  fondamentali  il Senato  federale sarebbe chiamato a decidere in via definitiva mentre la Camera potrebbe solo proporre emendamenti. In nessun paese a regime federale sono attribuiti alla seconda Camera poteri di condizionamento della funzione di Governo paragonabili a quelli costruiti per il  Senato Federale  Italiano. Esso dovrebbe occuparsi in via definitiva di “armonizzare i bilanci pubblici e di coordinare la finanza pubblica ed il sistema tributario. L'esperienza ci dice l'impossibilità di distinguere tali materie e l'importanza  che esse assumono per la politica dei governi””.

 

Che fare?

Che fare per arginare questo  progetto  disgregatore  dello Stato?  Occorre in primo luogo contrastare il progetto di Senato Federale, anche se su di esso fossero di accordo maggioranza e opposizione.

Occorrerebbe  inoltre, dice Giuliano Vassalli, riformare il Titolo V artt 114- 117 della Costituzione ,  aumentando le competenze esclusive dello Stato , in materia di tutela di salute,  sicurezza  e  scuola che con la riforma del 2001  sono state affidate alla competenza  concorrente delle Regioni: la competenza concorrente ha dato luogo ad una serie di conflitti disgregatori. Della stessa idea è il Presidente Giorgio Napolitano che il 25 novembre 2004 , al convegno promosso  dagli ex parlamentari a proposito della riforma  federale,  dopo avere  definito “inaccettabile  il dilatare in modo abnorme i poteri del primo ministro, secondo uno schema che non trova l'eguale in altri modelli  costituzionali europei e lo sfuggire  a ogni vincolo di pesi e contrappesi, di equilibri istituzionali e di regole da condividere”, concluse  che  bisognerebbe  rivedere il titolo V  riformato che  ha definito in alcune parti  “orripilante”, come l'art 114.

 Egli  disse a proposito del senato federale, “non resta che fare appello ai cittadini perché impediscano la promulgazione di una legge di riforma  sconvolgente, contraddittoria, produttrice di conflittualità e di paralisi nei rapporti con le istituzioni.”

 

La degenerazione federalista e la secessione morbida.

Una conferma della incidenza negativa delle Regioni  con maggiori poteri sullo sviluppo del Paese  viene dal Procuratore Generale della Corte dei Conti che ha denunziato, nel giugno 2009, nella relazione sul rendiconto generale dello Stato  per il 2008,  che “la corruzione è una tassa immorale  e occulta pagata dai cittadini pari a 50-60 miliardi di euro all'anno. Rispetto alla quale è insufficiente l'azione repressiva che si limita a prendere atto  di danni già verificati” . “Un fenomeno che ostacola soprattutto nel Sud, gli investimenti esteri”.  Nella classifica della corruzione , tra le prime cinque regioni, ce ne sono quattro proprio nel sud : la Sicilia (13% del totale delle denunzie), la Campania (11,46%) , la Puglia ( 9,44 ), la Calabria (8,19) preceduta dalla Lombardia con il 9,39 del totale delle denunce. A tutto questo si aggiunge l'aumento della spesa corrente del 4,5% ( aumenti di stipendi e pensioni ).  Questo  sperpero delle risorse pubbliche è dovuto anche a scelte  errate di corrotti e  criminali assurti  a cariche pubbliche elettive  locali e nazionali.

A ciò si aggiunga  la mancata soppressione delle province, enti inutili che costano 10-13 miliardi di euro l'anno, la cui abolizione era nel programma del PDL , del PD e dell'UDC. Ed invece la Lega si è opposta con l'avallo del PDL e del PD,  per controllare tutti insieme i miliardi di euro  degli enti inutili controllati dalle Province  e mantenere il proprio potere con poltrone e prebende.

D'altro canto e' stato vano  l'appello di Ciampi a “intensificare  il metodo di concertazione e di cooperazione tra  autonomie locali,  organizzazioni produttive,  centri di ricerca e di educazione,  associazioni di volontariato. A intensificare un più produttivo uso delle risorse a disposizione”. “ Non ci facciamo illusioni- disse Ciampi- il nuovo modello di governo democratico che sta nascendo  in Italia ed in Europa, proprio perché più articolato, si annuncia più complesso. Per realizzare la grande ambizione di diffondere dappertutto  in Europa un maggiore generale benessere, una maggiore diffusa giustizia sociale, un più alto livello di democrazia e di partecipazione, il federalismo  richiede un più alto livello di cultura politica, un accresciuto impegno civile di amministrati ed amministratori, insomma un nuovo patriottismo, al tempo stesso regionale, nazionale ed europeo. La nuova Italia  di ispirazione federalista  non potrà non  essere  una Italia europea” ( Ciampi 19 .9.2001 Potenza)

La struttura politica che stiamo creando non ha precedenti nella storia. Comporta una duplice devolution, un trasferimento di compiti e di poteri verso il basso e verso l'alto, cioè verso un nuovo centro di governo comune europeo. In questa struttura  democratica a tutti i livelli, ogni apparente cessione di sovranità si rivela , in realtà, quale conquista di una maggiore , più vera  e più forte sovranità comune”.   ( Padova 19 marzo 2002)

Un ultima considerazione riguarda il federalismo fiscale, che Massimo D'Alema, dopo averlo votato, ha definito sul Corriere della Sera del  29 giugno 2009, un far west; e che dovrebbe dare la possibilità alle Regioni di imporre tasse e imposte a carattere locale  in  sostituzione a quelle dello  Stato centrale.

Il disegno di legge delega sul federalismo fiscale è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri del 3 ottobre 2008. Il disegno di legge contiene una delega per dare attuazione all’articolo 119 della Costituzione, come modificato nel 2001 dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, con cui è stata stabilita l’autonomia di entrata e di spesa di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, con l’attribuzione a tali enti di tributi propri e di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, oltre ad un fondo perequativo statale, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. L'attuazione del federalismo fiscale punta – secondo il relatore ministro Raffaele Fitto- sulla responsabilizzazione dei centri di spesa, la trasparenza dei meccanismi finanziari e il controllo democratico dei cittadini nei confronti degli eletti e dei propri amministratori pubblici nel quadro di un armonico funzionamento del sistema secondo l’articolo 119.

Il nostro timore è che, con il federalismo fiscale,  le Regioni saccheggiate da politici e amministratori- secondo la relazione 2009 del Procuratore Generale della Corte dei Conti - da amministratori di centro destra ,  di centrosinistra e della lega, ( basta fare riferimento alle cinque regioni con il maggior  livello di corruzione occulta ) , invitate a  pagare gli ingenti debiti contratti per via delle tangenti,  faranno pagare ai poveri  contribuenti   i loro misfatti finanziari. E mi chiedo come sia stato possibile affidare a Raffaele Fitto, già governatore delle Puglie, il compito di partecipare alla elaborazione  del disegno di legge sul federalismo fiscale, con un chiaro conflitto di interessi. Né ci tranquillizza il fatto che il ddl sia stato approvato alla unanimità, poiché sappiamo   il pactum sceleris che avvince maggioranza e opposizione a livello regionale.

Il nostro timore è che  la Lega tenda  non ad un federalismo solidale,  rispettoso del principio della unità e indivisibilità dell'Italia, ma alla secessione morbida del Nord  dal resto dell'Italia  pensata  e voluta dal prof. Miglio.  A questa secessione noi ci opporremo con tutte le nostre forze.

Chi decide di fare politica, deve essere pronto anche a dissentire dalle scelte sbagliate dei  propri compagni di partito  e dei cittadini ignari.

 

Ferdinando Imposimato

 


Difesa collettiva della Costituzione contro i demagoghi