Il nuovo attacco alla Costituzione
Ci era stato detto da Romano Prodi, prima delle ultime elezioni politiche, che ormai sarebbe finita l'epoca della corruzione, del precariato, delle riforme eversive della Costituzione, dei conflitti di interesse irrisolti, della legge elettorale vergogna, delle guerre preventive, del precariato dei lavoratori, delle disuguaglianze sociali, dell'aumento del debito pubblico. E che la vittoria sulla CDL sarebbe stata l'inizio di una svolta politica ed istituzionale. E invece non è accaduto niente di tutto questo. Mentre si stanno preparando riforme sottobanco che intaccano la Costituzione ed i diritti sociali primari.
Dopo il referendum costituzionale, lo spettro di uno stravolgimento della seconda parte della Costituzione che intacchi i diritti inviolabili contenuti nella prima parte (lavoro, salute, casa, istruzione, libertà, ecc.) si ripropone in modo ancora più drammatico e serio che in passato nella indifferenza generale. Le riforme della legge elettorale e della Costituzione infatti vedono un accordo tra esponenti del neonato Partito Democratico e l'opposizione. Lo ha percepito subito il comitato per la difesa della Costituzione presieduto da Oscar Luigi Scalfaro che assieme a Massimo Rendina, presidente dell'Anpi nel Lazio, é andato dal Ministro delle riforme Vannino Chiti a chiedere conto delle proposte contenute in una misteriosa bozza di legge elettorale e di riforma costituzionale che dovrebbe essere presentata dal Governo. La preoccupazione é fondata. In buona sostanza si propone dal Ministro delle Riforme una legge elettorale che contiene gli stessi difetti della legge Calderoli vigente definita Porcellum. Ed intacca la Costituzione.
Converrà rinfrescarci la memoria per capire la gravità dello scandalo. Con la scusa che si vuole realizzare un risparmio al Paese, si ripropone una legge elettorale senza il voto di preferenza sulla persona all’interno del partito: i partiti ripresenteranno un elenco di nomi ciascuno con il suo numero in ordine progressivo. Se si presenteranno dei corrotti o avventurieri nelle prime posizioni delle liste, essi saranno sicuramente eletti poiché la volontà degli elettori é pari a zero. Ma non é tutto. Tre o quattro capilista potranno ancora candidarsi in molti collegi, in ogni parte del territorio nazionale, optando per quei collegi che consentiranno la eliminazione di avversari interni scomodi e non subalterni. Come é accaduto puntualmente alle ultime elezioni. La scelta dei rappresentanti del popolo avverrà prima delle elezioni ad opera di alcuni oligarchi che prepareranno le liste bloccate mentre il corpo elettorale dovrà solo ratificare ciò che é stato deciso nei partiti. Continuerà il monopolio dei dirigenti dei partiti sugli eletti. Immarcescibili burocrati decideranno quale dovrà essere la composizione del parlamento: gli eletti saranno al loro servizio senza rappresentare gli interessi dei cittadini, pena la non ricandidatura. La campagna elettorale si giocherà sul simbolo dei partiti non sulla qualità dei candidati. La democrazia si risolverà nell'arbitrio dei soliti noti che sceglieranno amici , parenti e amanti : come é avvenuto nelle ultime elezioni in entrambi gli schieramenti. Il risultato sarà ancora una volta che almeno la metà dei parlamentari verrà cooptata dall'alto.
Roberto Calderoli della Lega, in una intervista alla Padania del 13 aprile 2007, ha detto che la bozza Chiti “coincide sostanzialmente al 99% con la proposta di legge presentata dalla Lega al Senato” con l'avallo del Capo dell'opposizione Silvio Berlusconi.
La proposta Chiti contiene il federalismo fiscale e prevede di fatto una elezione diretta del Presidente del Consiglio, cui verrano attribuiti maggiori poteri a scapito del Presidente della Repubblica e del parlamento. Il Presidente del Consiglio verrà scelto dagli elettori; il capo dello Stato si limiterà a prenderne atto. Dulcis in fundo: si mutuerebbe dal tatarellum il divieto di ribaltone: se il presidente del Consiglio cade, si deve rivotare. Tutto quello che era stato cancellato dal referendum viene riproposto. Tutto ciò avverrebbe in violazione del referendum costituzionale.
La riforma elettorale e quella costituzionale non incidono solo sulla organizzazione politica dello Stato ma anche sui diritti inviolabili dell’uomo e sui principi di unità e collaborazione tra gli Stati. E’ bene ricordare che secondo la Costituzione la libertà non ha senso e non si materializza se non ha la base in un patto condiviso, a partire dal quale vi sono l’orgoglio dell’appartenenza a un grande paese unito. Ora quel patrimonio rischia di essere intaccato contro la volontà della stragrande maggioranza degli italiani .
La previsione di Aldo Moro rischia di avverarsi. Moro, con intuizione profetica, nell’aprile del 1948, denunciò il pericolo “ abbastanza grave, che gruppi o individui, modificando la seconda parte della Costituzione, fossero indotti ad avversare anche i principi consacrati nella prima parte inerenti alla natura ed alla dignità della persona umana, principi che – egli ammonì - non dovrebbero mai essere oggetto di revisione costituzionale perché alterarli significherebbe condannarsi al ridicolo, al disordine, alla tragedia”. “E perciò é necessario che tutti gli uomini di buona volontà siano concordi nella difesa di quei principi fondamentalmente umani e cerchino di trascriverli, prima che sulla carta, sulla viva pagina dei cuori”. ( A.Moro, scritti e discorsi 1940- 1947 e cinque lune).
Il vulnus maggiore della Carta fondamentale sarebbe una forma surrettizia di presidenzialismo attraverso un premierato che realizza nel presidente del consiglio una concentrazione di poteri assai superiore a quella di cui dispongono i capi di Stato e di governo dei paesi democratici, a cominciare da G. Bush e dal primo ministro inglese. In un incontro che ebbi con il professor Francesco De Martino poco prima della sua morte, egli mi disse che qualunque forma di presidenzialismo o semipresidenzialismo, in Italia, rischia di essere il preludio di un regime autoritario. In realtà la riforma introdurrebbe una forma di premierato assoluto in analogia con i poteri che un tempo erano propri del monarca. Il premier può nominare e revocare i Ministri e sciogliere il Parlamento. Mentre non risolve le questioni del sistema mediatico ed il conflitto di interessi.
Il federalismo non realizzerebbe un miglior governo del Paese, ma proteggerebbe gli interessi particolari della Lega contro quelli dei cittadini delle altre regioni d’Italia e d’Europa e contro gli stranieri in genere. In conclusione, la riforma sarebbe un vero e proprio mostro fondato sulla logica perversa dello scambio tra i principi costituzionali e la sopravvivenza della maggioranza. Ma laddove la Costituzione è violata, la democrazia è in pericolo. In questa situazione il Parlamento si troverebbe in una situazione di straordinaria debolezza.
La nostra Costituzione, accusata di vetustà e arretratezza, non è vecchia ed obsoleta. Essa è viva ed attuale più che mai. E’ e resta una Costituzione democratica anche a 60 anni dalla sua nascita. E deve essere attuata, soprattutto nella parte che riguarda il lavoro e la sua dignità ed il conflitto di interessi. Essa contiene i principi fondamentali di garanzia, tra i quali l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l’indipendenza della magistratura, la tutela dell’istruzione pubblica, l’informazione libera, la separazione dei poteri e la centralità del Parlamento. Principi che garantiscono condizioni di armonia e di solidarietà tra unità e pluralismo territoriale. E richiede subito una legge sul conflitto di interessi : che è la situazione apparentemente “legale” in cui si trova un governante, un amministratore, un banchiere, un politico o un giudice, che anziché fare l’interesse pubblico nella sua attività istituzionale, cura il suo interesse privato o quello di amici e prestanomi. Esso viola l’art.97 della Costituzione che impone alla PA di agire rispettando i principi del buon andamento e della imparzialità. E l'art.51 che prevede per tutti i cittadini una condizione di parità nella competizione elettorale. Il conflitto di interessi dilagante é fonte di corruzione e criminalità e di una gestione dissennata delle risorse pubbliche. Il conflitto di interessi è il principale strumento di corruzione diffuso in Italia. Un cancro che affligge le nostre istituzioni da decenni. E si aggrava nonostante le denunzie e le accuse che fioccano per gli scandali ricorrenti. Che interessano varie categorie di persone: governanti, amministratori, governatori, banchieri, imprenditori, consulenti, soggetti nei quali spesso si uniscono le funzioni di controllori e controllati. Con il permesso o nell’assenza della legge. Ci attendiamo che la Costituzione sia attuata e che la legge sul conflitto sia varata al più presto: prima che sia troppo tardi.
Ferdinando Imposimato
Roma, 25 aprile 2007
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