ALL'INDOMANI DEL CASO FORLEO - INCIUCIO MASSIMO
di Ferdinando Imposimato
(Articolo pubblicato su La Voce delle Voci - Dicembre 2007 Anno XXIV n.12 )
Il distacco tra la gente e il ceto politico di maggioranza ed opposizione é reale e si é accentuato in questi ultimi tempi; esso é dovuto a ragioni serie e non ai capricci o alla immaturità dei cittadini. L’antipolitica é il frutto della malapolitica della classe dirigente di maggioranza ed opposizione, che imperversa nel nostro paese da due decenni senza ricambi e senza prospettive di rinnovamento. Sono falliti alcuni degli obiettivi principali del Governo Prodi, decisivi per la difesa della democrazia: la legge sul conflitto di interessi e la modifica della legge elettorale con l’introduzione del voto di preferenza. Così come é fallito l’obiettivo di moralizzare la politica riducendone il costo ed eliminando i privilegi di una casta immarcescibile che grava molto sul bilancio dello stato, troppo per un paese in crisi come l’Italia, con diseguaglianze e ingiustizie sociali aumentate, a dispetto delle promesse ripetute e mai onorate. La nuova irruzione di Berlusconi sulla scena politica, con il partito del popolo delle libertà, mette in crisi il progetto veltroniano di realizzare il primo partito del paese e di vincere le elezioni in vista dellinevitabile referendum che, fallite le riforme, premierebbe il partito di maggioranza relativa. Se, come é prevedibile, il nuovo partito dovesse superare il PD, la conseguenza sarebbe disastrosa: l’avvento di Silvio Berlusconi alla guida del paese per un tempo indefinito, favorito da un controllo monopolistico dell’informazione che non ha pari in nessun paese del mondo democratico.
IL REGIME TRASVERSALE
Tutto questo accade per i patti scellerati sottobanco tra Forza Italia e Democratici di Sinistra. La legge finanziaria appena approvata ha concesso una proroga di altri quattro anni a Rete 4. Questo significa due cose: la prima é che Berlusconi disporrà ancora una volta, per la campagna elettorale che già é iniziata, di tre reti private e di gran parte delle tv pubbliche che si stanno riposizionando in vista dell’avvento del Cavaliere. La seconda é che il Governo Prodi ha definitivamente rinunciato alla legge sul conflitto di interessi, essenziale per la difesa della democrazia. Ed é questo il punto chiave della nostra riflessione, che nasce da alcuni episodi risalenti nel tempo. I quali crearono le premesse di una democrazia anomala, o, meglio, di un vero e proprio regime trasversale, in cui due oligarchie immarcescibili, facenti capo a Silvio Berlusconi e a Massimo D’Alema, hanno malgovernato il paese per due decenni, senza mai prendere atto delle loro rispettive sconfitte: una falsa democrazia dell’alternanza, con due personaggi di cui l’Italia non riesce a liberarsi.
FURBETTI ANTE LITTERAM
L’inizio del declino della democrazia italiana si verificò con l’elezione al parlamento italiano di Silvio Berlusconi. Fu l’uso insipiente di una furbizia gravemente censurabile del centrosinistra a compiere il primo di una serie di errori che hanno portato il paese sull’orlo del baratro, oltre il quale sta la fine della nostra democrazia. La furbizia consistette nel volere ignorare, a dispetto dei richiami di talune delle coscienze più sensibili- come Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca e Vito Laterza - l’esistenza di un decreto presidenziale (quello del 30 marzo 1957 numero 361) che all’articolo 10 contempla esattamente il caso Berlusconi: «Non sono eleggibili coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...». Quando Berlusconi fu eletto la giunta delle elezioni, dovendo decidere sulla sua eleggibilità, concluse - errando - in senso positivo, in base ad un’assurda interpretazione della legge. Giovanni Sartori ammonì: «io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine, perché così lui vince sempre ed io perdo sempre». E questo é vero: si tratta di un non risolto problema di fondo della nostra democrazia, perché democrazia vuol dire competizione alla pari tra i partecipanti alla contesa elettorale, come stabilisce l’articolo 51 della Costituzione. Se questa regola cardine non é rispettata, si prospetta una minaccia per la nostra democrazia. Questa “furbizia” suicida fu il risultato di una serie di accordi basati sul compromesso illusorio della Bicamerale. L’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema, bisognoso del sostegno parlamentare anche dell’opposizione, disse che Mediaset non si toccava perché era un patrimonio nazionale. Il problema non era toccare Mediaset, ma applicare la legge. Invece il governo di centro sinistra si pronunciò per l’eleggibilità di Berlusconi solo per una cieca ambizione di D’Alema, che si illuse di avere i voti di Berlusconi per stravolgere la Costituzione.
ACCORDI OCCULTI
Oggi la storia si ripete: la crisi della nostra democrazia e della politica del Governo é il risultato di una serie di intese occulte tra maggioranza e opposizione su questioni fondamentali venute alla ribalta della cronaca in questi ultimi tempi. Proviamo ad enumerarle. Nelle vergognosa vicenda delle scalate, sulla quale é calato un silenzio plumbeo, l’opinione pubblica ha ben compreso tre cose. La prima é che nelle tre grandi scalate alla Bnl, alla Banca Antonveneta e a Rcs-Corriere della Sera gli stessi finanzieri, poi incriminati per bancarotta, aggiotaggio ed insider trading in danno di milioni di ignari risparmiatori ridotti sul lastrico, facevano affari sporchi ora con la sinistra e ora con la destra, e spesso contemporaneamente con la partecipazione incrociata e concordata delle due parti politiche antagoniste del quadro politico nazionale. La seconda é che i due maggiori partiti delle due alleanze in competizione, mentre fingono di affrontarsi duramente in pubblico, continuano ad accordarsi sottobanco perdonandosi le loro rispettive colpe e i loro comportamenti delittuosi e facendo sporchi affari in privato. Il terzo punto é che la politica italiana é ispirata da un machiavellismo deteriore, anziché da una intransigenza morale contro ogni compromesso. Quando tutti si attendevano - ma non chi scrive - l’autorizzazione della Camera all’uso delle intercettazioni telefoniche con i politici dei due poli coinvolti nelle telefonate con gli scalatori, e quando gli stessi interessati fingevano di volere chiarezza su quelle conversazioni, ecco che la Camera dei deputati affermava la sua non competenza, e la competenza del parlamento europeo, a decidere sull’uso giudiziario delle intercettazioni di D’Alema sul caso Unipol, sul presupposto che il ministro degli esteri era parlamentare europeo. Su questa decisione si é lanciato come un fulmine l’avvocato Guido Calvi denunciando la gravità del comportamento del gip Glementina Forleo e sostenendo di non avere eccepito la incompetenza per rispetto della magistratura; rispetto che, dopo la serie di denunzie di inesistenti abnormità nelle ordinanze della Forleo, non sembra esserci stato. La decisione sulla competenza di Strasburgo é stata presa con il voto favorevole di Forza Italia in sintonia con i Ds. Ma, a ben riflettere, le cose non stanno nel senso deciso dai seguaci di Berlusconi e di D’Alema. Secondo il presidente emerito della Consulta Piero Alberto Capotosti, sul ministro degli esteri ci sarebbe stata «una decisione sbagliata: la legge Boato non riguarda il Parlamento UE». Infatti, secondo l’illustre costituzionalista, «la competenza a decidere sull’autorizzazione all’uso delle intercettazioni nel caso Bnl-Unipol nei confronti di D’Alema spetta alla Giunta delle autorizzazioni a procedere e alla Camera dei Deputati del Parlamento italiano». Il professor Capotosti conclude sostenendo che «alla base di questa decisione ci sia un grosso equivoco: la legge Boato parla chiaro, riguarda solo ed esclusivamente i parlamentari italiani, non si applica dunque ad altre assemblee che a quella di Montecitorio e di Palazzo Madama. Del resto, non potrebbe essere altrimenti, visto che l’articolo 68, cui fa riferimento la legge Boato, é un articolo della Costituzione italiana». In realtà non si tratta di un equivoco, ma di un accordo scellerato in violazione della Costituzione e della legge Boato che anche Boato finge di non capire. Perfino il senatore Boemi, della Rosa nel Pugno, ha compreso che la legge Boato, quando parla della “Camera di appartenenza”, si riferisce a quella attuale, cioé alla Camera dei Deputati. Dello stesso parere é il leghista Matteo Brigandì, difensore di Bossi; Brigandì ha spiegato che i magistrati, per i parlamentari UE, possono andare avanti anche senza l’autorizzazione, come é avvenuto per Bossi in ben due casi. Dello stesso avviso é anche il parlamentare Elias Vacca (Pdci), per il quale «l’uso delle telefonate tra D’Alema e Consorte non richiede alcuna autorizzazione». In realtà tutti hanno compreso che vi é stato un accordo alla base di questa decisione sbagliata, l’ennesimo segnale di un inciucio tra il vice premier e il Cavaliere che risale a molti anni fa e che sta mettendo a repentaglio la democrazia italiana.
GARGANI SALVATUTTI
L’obiettivo di salvare D’Alema verrà facilmente raggiunto grazie alla disponibilità di Giuseppe Gargani di Forza Italia, presidente della Commissione affari giuridici dell’Europarlamento; sarà Gargani a gestire il dossier su D’Alema. L’ex delfino di Ciriaco De Mita vive la vicenda come una nemesi storica. E anticipa già il finale: «si salverà, si salverà». (Corriere della Sera, 20 settembre). La verità é che la corruzione in Italia ha dimensioni epidemiche e che non esiste una maggioranza che governa con una opposizione che controlla e critica. Purtroppo appare in tutta la sua attualità l’ammonimento di Gaeteno Salvemini: «l’ufficio della minoranza non é quello di partecipare al governo, ma quello di sorvegliare l’opera della maggioranza che governa». Oggi c’é una maggioranza che governa in sintonia con la minoranza, ed entrambe sono proiettate non a risolvere i problemi del paese ma a conquistare il potere per le loro private ambizioni. E se il paese non si ridesta dal sonno, ci sarà un futuro denso di incognite.
RAI CHIAMA MEDIASET
Avevo appena inviato il pezzo, quando una clamorosa conferma sull’esistenza di un regime trasversale é venuta dallo scandalo Rai Mediaset: i due monopolisti dell’informazione tv avevano raggiunto un accordo, alla vigilia delle elezioni, per «aggiustare notizie e programmazione al fine di favorire Silvio Berlusconi». In verità non c’era bisogno delle intercettazioni telefoniche per venire a capo dell’imbroglio bipartisan, tanto é vero che l’avevamo già scritto a proposito delle collusioni di D’Alema e Prodi negli anni passati. Sullo scandalo Rai é calato un imbarazzante ed eloquente silenzio del centro sinistra, dopo un generico atto di accusa del segretario del PD. L’unico a dire qualcosa di critico sulla vicenda é stato Gianfranco Fini, che vuole vederci chiaro: ridicolo! Più chiaro di così si muore. Walter Veltroni, preso dal delirio delle riforme istituzionali, per non urtare la suscettibilità del Cavaliere, incontrato dopo lo scandalo - e questo é uno scandalo nello scandalo - tace e pensa alla legge elettorale tedesco-spagnola; mentre D’Alema gira inutilmente il mondo e finge di non essersi accorto di nulla. Egli é forte della omertà dei media sullo scandalo delle scalate. E degli osanna su Repubblica di Giuseppe D’Avanzo, che trova il modo di dire, dopo avere consigliato a D’Alema di chiedere chiarezza sulle scalate (ma tacendo sulla decisione sbagliata della Giunta sull’invio a Strasburgo), che il vicepremier é un leader “necessario”: ma necessario a chi? Forse a lui; certamente non agli italiani. Allarmante é la presa di posizione del Presidente Giorgio Napolitano sulla necessità della segretezza delle intercettazioni Rai Mediaset, che fa il paio con il richiamo alla Forleo, “colpevole” di avere depositato le telefonate come per legge. Non é così: vogliamo e dobbiamo sapere la verità! E continueremo a invocarla con ogni mezzo. L’appello alla segretezza da parte del capo dello Stato ha dato fiato alle trombe di Berlusconi che, dalla difensiva, é passato all’offensiva, parlando di “sciacallaggio” e di “macchinazione vergognosa”. Mentre appare patetica l’iniziativa di Claudio Petruccioli, promotore di un’inutile inchiesta interna alla Rai, che sarà condotta da coloro che hanno voluto o tollerato lo scandalo. Avrei visto volentieri un richiamo del presidente Napolitano al rispetto di alcuni principi fondamentali della nostra Costituzione come quello della libertà di stampa e del pluralismo della informazione, oltre che al varo di una legge seria sul conflitto di interessi, che non può essere la legge Gentiloni, vale a dire quella del ministro che assieme a Prodi, D’Alema, Mussi e soci ha votato la proroga di Rete 4. La ciliegina sulla torta di questo scandalo é venuta dal Guardasigilli Clemente Mastella che, non essendo interessato a nessuna intercettazione compromettente, ha solidarizzato con Berlusconi. Ed é grottesco sostenere che Prodi sarebbe il solo avversario di Berlusconi, come fa il Corriere della Sera, poiché é stato proprio lui che ha varato nella finanziaria la legge a favore di Rete 4. La verità é che bisogna riconoscere che il Cavaliere ha saputo corrompere politicamente tutti i suoi avversari più pericolosi, come sta facendo oggi con Veltroni.
Ferdinando Imposimato
Dicembre 2007
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0 License