martedì 10 marzo 2009

Dario Franceschini e la Costituzione

Salutiamo con  rinnovata  speranza l'avvento di  Dario Franceschini al vertice del PD per il suo convinto richiamo alla Costituzione repubblicana che egli ha dimostrato di conoscere e di amare , a differenza dei suoi predecessori.  A noi piace che egli abbia, come  primo atto di neo segretario del PD, giurato sulla Costituzione, mettendo in evidenza il pericolo per la democrazia  a causa della  concentrazione  del potere nelle mani del capo del Governo. Costui sta  realizzando  di fatto  quel regime presidenziale  vanamente perseguito dalla riforma costituzionale bocciata dal referendum. Il premier, colpito nel segno dalle parole di Franceschini, ha affermato di essere un difensore della Costituzione. Che aveva tentato di cambiare nella bicamerale presieduta da Massimo D'Alema ma non da solo. Solo pochi giorni fa  l'ineffabile  bugiardo disse che la nostra Carta risentiva della influenza del comunismo sovietico e che cambiarla non era  disdicevole.

Ma è bene ricordare a quelli che sono di memoria corta quali sono stati   gli atti e i provvedimenti liberticidi del  premier  nel corso di questi anni.  Il primo vulnus  della Carta  fu  il tentativo di realizzare   nel presidente del consiglio, definito “Primo Ministro”, una concentrazione di poteri assai superiore a quella di cui dispongono tutti i capi di Stato e di governo dei paesi democratici, a cominciare dal Presidente degli Stati Uniti. Sarebbe stata  quella riforma che Franceschini  teme come violatrice della Costituzione.   Oggi, il Presidente del Consiglio fa un continuo ricorso alla decretazione di urgenza su questioni fondamentali come la giustizia, la libertà di stampa e l'economia,  senza che si sappia, da parte dei parlamentari di maggioranza e opposizione, cosa votano.

Giuliano Vassalli,   denunciò  l’eccesso “sbalorditivo” dei poteri  che venivano attribuiti al Presidente del Consiglio, fornito di un potere di ricatto nei confronti della Camera dei deputati, i cui membri  sarebbero stati sottoposti alla minaccia di scioglimento anticipato. 

  In realtà  secondo  la riforma fallita, ma sempre perseguita,  il premier  nominava e revocava i Ministri e scioglieva il Parlamento. Mentre  tendeva a modificare la composizione   della   Corte Costituzionale aumentando i membri di nomina delle regioni. Con la conseguenza che la Corte Costituzionale sarebbe divenuta un organo della maggioranza di governo.   Oggi l’iniziativa legislativa del Parlamento è stata  drasticamente ridimensionata, sia per ciò che concerne la funzione  legislativa che per quanto riguarda  il controllo politico,  funzione indispensabile  per evitare le degenerazioni autoritarie.

Il federalismo fiscale, che si vuole oggi,  violerebbe il principio di solidarietà stabilito dall'art 2 Cost. .    Già la improvvida  riforma del titolo V della Costituzione  voluta del centrosinistra  diede  luogo ad un sovraccarico di conflittualità fra i diversi livelli istituzionali. L'accusa del Presidente del Consiglio al  centro sinistra  di avere operato  una riforma federale sciagurata è purtroppo fondata.   Ricordava  Giorgio Napolitano  in un convegno di qualche anno fa che il varo  della Commissione che giunse alla riforma del titolo V avvenne su impulso “solenne dell’appena eletto Presidente  della Repubblica” Oscar Luigi Scalfaro. Che rivolse “un  rispettoso  ma fermo  invito al   Parlamento  perché procedesse alla nomina di una Commissione bicamerale con il compito di una globale e organica revisione della Carta Costituzionale nell’articolazione delle diverse istituzioni” ( G Napolitano  Convegno del 25 Novembre 2004). Con il federalismo voluto da Bassanini   si  stravolse  l’equilibrio dei poteri  indebolendo il nostro Paese nella realtà europea e  internazionale.

Un altro colpo alla democrazia è  stato inflitto dalla legge elettorale che ha eliminato il voto di preferenza , il principale diritto politico dei cittadini (art 48 Cost.), privati della libertà di scegliere i loro rappresentanti in parlamento. Questo  sconcio è avvenuto ad opera del centro destra, ma  con  l'accordo della sinistra e del PD,  tutti preoccupati di garantire la sopravvivenza dei  loro  logori esponenti.

   Ma gli errori del centro sinistra non  giustificano altri  stravolgimenti della Costituzione, quali quelli perseguiti in passato che è bene ricordare agli italiani dalla memoria corta. Oggi  Berlusconi finge rispetto per Napolitano. In realtà un  duro attacco venne portato da Berlusconi al Presidente della Repubblica nel recente passato. Nei disegni del Presidente del Consiglio, il Capo dello Stato doveva essere  privato della  funzione di garanzia perdendo   il potere di filtro delle leggi  e di scioglimento delle camere  essendo  ridotto a una mera funzione  notarile di ratifica delle scelte del Premier cui quei poteri dovevano passare.

Il  parlamento nazionale, che  legifera  su diritti e libertà fondamentali dei cittadini, sul lavoro, sulla indipendenza dei magistrati, sul pluralismo della informazione, sui sistemi elettorali e sui conflitti di interesse,  doveva perdere la sua centralità e la sua  libertà perché    condizionato dal perverso congegno che univa voto bloccato e questione di fiducia posta dal primo ministro.   Ed è ciò che di fatto sta accadendo oggi  con una violazione sostanziale della Carta.  Il Parlamento non esiste.

L’indipendenza della magistratura sarebbe stata compromessa dallo svuotamento del potere del CSM  poiché  la selezione,  nomina e carriera dei magistrati,   sarebbero state esercitate  dal Ministro della Giustizia attraverso speciali  commissioni   controllate dall’esecutivo con organi esterni alla magistratura.  Il Governo poteva nominare capi di uffici giudiziari a sua scelta, ed avere giudici  subalterni al potere politico, come avveniva una volta, ai tempi delle stragi di piazza Fontana e  di Portella delle Ginestre.   Oggi  questo obiettivo è stato raggiunto con la riforma silente della Corte dei Conti,  trasformando  la composizione del Consiglio di Presidenza in cui i membri di nomina politica diventeranno  la maggioranza. Mentre in capo  al Presidente della Corte, di nomina governativa, con decreto legge 112 del 2008 sono stati trasferiti   funzioni di controllo dell'attività del Governo.

Il colpo finale alla informazione è venuto dalla nomina di Sergio Zavoli, amico di Gianni Letta, che ha varato - ha perfettamente ragione  Antonio Di Pietro -  una commissione di vigilanza su misura per gli interessi di Berlusconi. La Rai sarà al servizio esclusivo  del Governo. E coloro che, nel PD,  hanno voluto Zavoli sono serviti. Le possibilità di una riscossa del centro sinistra sono pari a zero.

In conclusione, le riforme   del Governo bocciate dal referendum ci vengono  di fatto  imposte con la decretazione di urgenza di cui tutti ignorano la portata devastante, il lodo Alfano che assicura la impunità del Presidente del Consiglio per i delitti di corruzione, la legge sulle intercettazioni telefoniche per limitare la libertà di stampa,  decreti  di sostegno alle famiglie che invece le danneggiano gravemente, la liquidazione del potere di controllo della Corte  sugli atti del Governo.    Nel frattempo   la situazione è aggravata   dal  controllo  sempre più intenso da parte del governo  dell’istruzione pubblica  e  della formazione dei giovani, con una  intollerabile umiliazione della scuola pubblica  .

Infine, con la legge che pretende di equiparare i repubblichini che sostennero il nazifascismo delle stragi ed i partigiani che lottarono per la Costituzione, si  viola apertamente la Carta che nella XII disposizione transitoria vieta la ricostituzione del partito fascista. Nella relazione  alla proposta di legge presentato da  postfascisti  si  invoca la pari dignità dei seguaci di Salò, che se avessero vinto, ci avrebbero riconsegnati nelle mani di Hitler e Mussolini, e  definiscono i partigiani come coloro che, agendo da traditori, si schierarono “con la parte avversa”, cioè con gli americani;  i repubblichini, “cresciuti nella temperie culturale guerriera e imperiale del ventennio, ritennero onorevole la scelta a difesa del regime”  restando fedeli alla patria  fascista, invocandosi  “la possibilità di riconoscere socialmente i meriti di coloro che hanno combattuto consapevolmente per il tricolore”, cioè per  il nazifascismo.  Un vero e proprio stravolgimento della verità e della storia, preludio del rinascente fascismo. Il Presidente della Repubblica non può avallare una simile offesa alla memoria dei partigiani.

 Moro,  Calamandrei,  Dossetti e tutti i  padri costituenti   vollero la Costituzione   “antifascista”  come il frutto - disse Moro nel 1947 all’assemblea costituente -   “della  comune opposizione di  tutti i democratici”,  cattolici  popolari,   comunisti,  socialisti,  repubblicani,  azionisti di G e L  e  liberali, di fronte a quella   lunga  oppressione fascista dei valori della personalità umana e della solidarietà sociale” .

Siamo alla tirannia del Presidente del Consiglio; a qualcosa di molto peggio del regime.

 Ferdinando Imposimato



Difesa collettiva della Costituzione contro i demagoghi