Salutiamo con rinnovata speranza l'avvento di Dario Franceschini al vertice del PD per il suo convinto richiamo alla Costituzione repubblicana che egli ha dimostrato di conoscere e di amare , a differenza dei suoi predecessori. A noi piace che egli abbia, come primo atto di neo segretario del PD, giurato sulla Costituzione, mettendo in evidenza il pericolo per la democrazia a causa della concentrazione del potere nelle mani del capo del Governo. Costui sta realizzando di fatto quel regime presidenziale vanamente perseguito dalla riforma costituzionale bocciata dal referendum. Il premier, colpito nel segno dalle parole di Franceschini, ha affermato di essere un difensore della Costituzione. Che aveva tentato di cambiare nella bicamerale presieduta da Massimo D'Alema ma non da solo. Solo pochi giorni fa l'ineffabile bugiardo disse che la nostra Carta risentiva della influenza del comunismo sovietico e che cambiarla non era disdicevole.
Ma è bene ricordare a quelli che sono di memoria corta quali sono stati gli atti e i provvedimenti liberticidi del premier nel corso di questi anni. Il primo vulnus della Carta fu il tentativo di realizzare nel presidente del consiglio, definito “Primo Ministro”, una concentrazione di poteri assai superiore a quella di cui dispongono tutti i capi di Stato e di governo dei paesi democratici, a cominciare dal Presidente degli Stati Uniti. Sarebbe stata quella riforma che Franceschini teme come violatrice della Costituzione. Oggi, il Presidente del Consiglio fa un continuo ricorso alla decretazione di urgenza su questioni fondamentali come la giustizia, la libertà di stampa e l'economia, senza che si sappia, da parte dei parlamentari di maggioranza e opposizione, cosa votano.
Giuliano Vassalli, denunciò l’eccesso “sbalorditivo” dei poteri che venivano attribuiti al Presidente del Consiglio, fornito di un potere di ricatto nei confronti della Camera dei deputati, i cui membri sarebbero stati sottoposti alla minaccia di scioglimento anticipato.
In realtà secondo la riforma fallita, ma sempre perseguita, il premier nominava e revocava i Ministri e scioglieva il Parlamento. Mentre tendeva a modificare la composizione della Corte Costituzionale aumentando i membri di nomina delle regioni. Con la conseguenza che la Corte Costituzionale sarebbe divenuta un organo della maggioranza di governo. Oggi l’iniziativa legislativa del Parlamento è stata drasticamente ridimensionata, sia per ciò che concerne la funzione legislativa che per quanto riguarda il controllo politico, funzione indispensabile per evitare le degenerazioni autoritarie.
Il federalismo fiscale, che si vuole oggi, violerebbe il principio di solidarietà stabilito dall'art 2 Cost. . Già la improvvida riforma del titolo V della Costituzione voluta del centrosinistra diede luogo ad un sovraccarico di conflittualità fra i diversi livelli istituzionali. L'accusa del Presidente del Consiglio al centro sinistra di avere operato una riforma federale sciagurata è purtroppo fondata. Ricordava Giorgio Napolitano in un convegno di qualche anno fa che il varo della Commissione che giunse alla riforma del titolo V avvenne su impulso “solenne dell’appena eletto Presidente della Repubblica” Oscar Luigi Scalfaro. Che rivolse “un rispettoso ma fermo invito al Parlamento perché procedesse alla nomina di una Commissione bicamerale con il compito di una globale e organica revisione della Carta Costituzionale nell’articolazione delle diverse istituzioni” ( G Napolitano Convegno del 25 Novembre 2004). Con il federalismo voluto da Bassanini si stravolse l’equilibrio dei poteri indebolendo il nostro Paese nella realtà europea e internazionale.
Un altro colpo alla democrazia è stato inflitto dalla legge elettorale che ha eliminato il voto di preferenza , il principale diritto politico dei cittadini (art 48 Cost.), privati della libertà di scegliere i loro rappresentanti in parlamento. Questo sconcio è avvenuto ad opera del centro destra, ma con l'accordo della sinistra e del PD, tutti preoccupati di garantire la sopravvivenza dei loro logori esponenti.
Ma gli errori del centro sinistra non giustificano altri stravolgimenti della Costituzione, quali quelli perseguiti in passato che è bene ricordare agli italiani dalla memoria corta. Oggi Berlusconi finge rispetto per Napolitano. In realtà un duro attacco venne portato da Berlusconi al Presidente della Repubblica nel recente passato. Nei disegni del Presidente del Consiglio, il Capo dello Stato doveva essere privato della funzione di garanzia perdendo il potere di filtro delle leggi e di scioglimento delle camere essendo ridotto a una mera funzione notarile di ratifica delle scelte del Premier cui quei poteri dovevano passare.
Il parlamento nazionale, che legifera su diritti e libertà fondamentali dei cittadini, sul lavoro, sulla indipendenza dei magistrati, sul pluralismo della informazione, sui sistemi elettorali e sui conflitti di interesse, doveva perdere la sua centralità e la sua libertà perché condizionato dal perverso congegno che univa voto bloccato e questione di fiducia posta dal primo ministro. Ed è ciò che di fatto sta accadendo oggi con una violazione sostanziale della Carta. Il Parlamento non esiste.
L’indipendenza della magistratura sarebbe stata compromessa dallo svuotamento del potere del CSM poiché la selezione, nomina e carriera dei magistrati, sarebbero state esercitate dal Ministro della Giustizia attraverso speciali commissioni controllate dall’esecutivo con organi esterni alla magistratura. Il Governo poteva nominare capi di uffici giudiziari a sua scelta, ed avere giudici subalterni al potere politico, come avveniva una volta, ai tempi delle stragi di piazza Fontana e di Portella delle Ginestre. Oggi questo obiettivo è stato raggiunto con la riforma silente della Corte dei Conti, trasformando la composizione del Consiglio di Presidenza in cui i membri di nomina politica diventeranno la maggioranza. Mentre in capo al Presidente della Corte, di nomina governativa, con decreto legge 112 del 2008 sono stati trasferiti funzioni di controllo dell'attività del Governo.
Il colpo finale alla informazione è venuto dalla nomina di Sergio Zavoli, amico di Gianni Letta, che ha varato - ha perfettamente ragione Antonio Di Pietro - una commissione di vigilanza su misura per gli interessi di Berlusconi. La Rai sarà al servizio esclusivo del Governo. E coloro che, nel PD, hanno voluto Zavoli sono serviti. Le possibilità di una riscossa del centro sinistra sono pari a zero.
In conclusione, le riforme del Governo bocciate dal referendum ci vengono di fatto imposte con la decretazione di urgenza di cui tutti ignorano la portata devastante, il lodo Alfano che assicura la impunità del Presidente del Consiglio per i delitti di corruzione, la legge sulle intercettazioni telefoniche per limitare la libertà di stampa, decreti di sostegno alle famiglie che invece le danneggiano gravemente, la liquidazione del potere di controllo della Corte sugli atti del Governo. Nel frattempo la situazione è aggravata dal controllo sempre più intenso da parte del governo dell’istruzione pubblica e della formazione dei giovani, con una intollerabile umiliazione della scuola pubblica .
Infine, con la legge che pretende di equiparare i repubblichini che sostennero il nazifascismo delle stragi ed i partigiani che lottarono per la Costituzione, si viola apertamente la Carta che nella XII disposizione transitoria vieta la ricostituzione del partito fascista. Nella relazione alla proposta di legge presentato da postfascisti si invoca la pari dignità dei seguaci di Salò, che se avessero vinto, ci avrebbero riconsegnati nelle mani di Hitler e Mussolini, e definiscono i partigiani come coloro che, agendo da traditori, si schierarono “con la parte avversa”, cioè con gli americani; i repubblichini, “cresciuti nella temperie culturale guerriera e imperiale del ventennio, ritennero onorevole la scelta a difesa del regime” restando fedeli alla patria fascista, invocandosi “la possibilità di riconoscere socialmente i meriti di coloro che hanno combattuto consapevolmente per il tricolore”, cioè per il nazifascismo. Un vero e proprio stravolgimento della verità e della storia, preludio del rinascente fascismo. Il Presidente della Repubblica non può avallare una simile offesa alla memoria dei partigiani.
Moro, Calamandrei, Dossetti e tutti i padri costituenti vollero la Costituzione “antifascista” come il frutto - disse Moro nel 1947 all’assemblea costituente - “della comune opposizione di tutti i democratici”, cattolici popolari, comunisti, socialisti, repubblicani, azionisti di G e L e liberali, di fronte a quella lunga oppressione fascista dei valori della personalità umana e della solidarietà sociale” .
Siamo alla tirannia del Presidente del Consiglio; a qualcosa di molto peggio del regime.
Ferdinando Imposimato