La riforma federalista e l’emergenza democratica
La Costituzione e la democrazia secondo Aristotele
Aristotele, nel V secolo AC, si occupò della Costituzione democratica. Egli, nel suo trattato sulla Politica, disse che “base della costituzione democratica è la libertà, che è il fine di ogni democrazia”. “Una prova della libertà consiste nell'essere governati e nel governare a turno: in realtà in democrazia la massa è sovrana e quel che i più decidono ha valore di fine, indipendentemente dal merito di ciascuno. Nelle democrazie i poveri sono più potenti dei ricchi perché sono di più e la decisione della maggioranza è sovrana”. (Aristotele politica Laterza ed Bari 2000 p.203)
Oggi in Italia non c'è democrazia ma regime, cioè dittatura della maggioranza, con il pericolo che la opposizione resterà tale per decenni e non governerà mai.
Parlando di Costituzione e riforme, è bene ricordare alcuni insegnamenti di Aristotele. In questo modo capiremo meglio i pericoli incombenti sulla nostra democrazia con altre riforme che intaccano la Costituzione.
Il primo insegnamento è che nello Stato “ è preferibile che governi la legge (la Costituzione nda) più che un qualunque cittadino e anche se governino alcuni, costoro bisogna costituirli guardiani delle leggi e subordinati alle leggi”. “Chi raccomanda il governo della legge (Costituzione), raccomanda il governo di dio e della ragione, mentre chi raccomanda il governo dell'uomo, vi aggiunge anche quello della bestia , perché il capriccio è questa bestia e la passione sconvolge, quando sono al potere, anche gli uomini migliori”. “Quelli che stanno al governo sono soliti fare molte cose per dispetto o per favore” ( Aristotele Politica. Laterza, Bari 2000 p.108-109)
Nessuno può disconoscere l'attualità ed il valore di questa analisi, ricordando scandali e arbitri di certi governanti con leggi che non si ispirano al bene comune. Al contrario Ciampi fu un guardiano della Costituzione, rifiutando la ricandidatura alla Presidenza della Repubblica.
Il secondo precetto è di “non esaltare troppo qualcuno (che governa nda) oltre le debite proporzioni, perché questo corrompe gli uomini e non è da tutti sopportare una grossa fortuna. Ma la cosa più importante in ogni Costituzione è provvedere mediante le leggi affinché le magistrature (le cariche pubbliche) non abbiano a diventare fonte di guadagno” ( Aristotele ,ib p.176) . “Bisogna con leggi impedire che nessuno raggiunga posizioni troppo preminenti per possibilità di ricchezze, se no si devono allontanare costoro mediante l'espulsione”.
Da qui la necessità di non dare poteri eccessivi al premier e di stabilire casi di ineleggibilità rigorosi evitando che persone che monopolizzano l'informazione con concessioni TV o in altro modo siano eletti in parlamento. Questo viola il principio della uguale possibilità di tutti i cittadini di accedere alle cariche pubbliche ( art. 51 Cost). Questo obiettivo di prevedere la ineleggibilità dei titolari, anche per interposta persona, di concessioni TV, pur enunciato dai governi di centro sinistra, non è mai stato perseguito; di qui il dominio assoluto di Silvio Berlusconi nelle campagne elettorali.
Il terzo precetto di Aristotele è che “quelli che si danno pensiero della Costituzione devono procurare motivi di timore in modo che i cittadini stiano in guardia e non allentino la vigilanza intorno alla Costituzione” (Aristotele Politica. Laterza Bari 2000, p.175)
Da ciò la necessità, per chi crede nella difesa della Costituzione come pilastro della democrazia, di sensibilizzare i cittadini e soprattutto i giovani sul pericolo che corre la democrazia con le riforme costituzionali, tra cui il senato federale e il premierato, che intaccano l'equilibrio tra i poteri e i diritti inviolabili dell'uomo .
I requisiti dei capi dello Stato, dei legislatori e dei governanti
Aristotele scrisse che “tre requisiti devono avere quelli che si apprestano a coprire le magistrature supreme”, che corrispondono oggi al Capo dello Stato, ai legislatori ai governanti e ai magistrati. Il primo - disse- è “il rispetto della Costituzione in vigore, poi estrema capacità nei doveri della carica, terzo avere virtù e giustizia”. ( Aristotele, Politica. Laterza, Bari 2000 p.177)
Guardando all'Italia, dobbiamo riconoscere che questi requisiti mancano a gran parte dei politici investiti di cariche pubbliche in Parlamento e al Governo, molti essendo quelli che non rispettano la Costituzione vigente, violandola con leggi incostituzionali come quelle che prevedono un trattamento sanzionatorio preferenziale o addirittura la impunità per coloro che rivestono cariche pubbliche, leggi che tendono a ridurre il potere di repressione dei crimini più pericolosi come quelli contro la Pubblica Amministrazione: molti parlamentari e uomini di governo sono privi delle conoscenze essenziali che ciascun politico dovrebbe avere in materia di Costituzione e di trattati internazionali; carenti son infine i requisiti della virtù e della giustizia in molti parlamentari e persino in molti governanti che si abbandonano a comportamenti immorali e diseducativi, essi che dovrebbero essere esempio di virtù civiche e morali per tutti i cittadini.
Le riforme annunciate
Il Corsera del 22 giugno 2009, all'indomani dei ballottaggi, ha rilanciato il tema delle riforme costituzionali volute dal governo da realizzare al più presto. Obiettivi principali sono il senato federale e il rafforzamento dei poteri del premier. Su queste riforme sembrano d'accordo PDL, PD e Lega, Il PD non ha tratto alcun insegnamento dalla infausta riforma del titolo V della Costituzione del 2001, voluta dalle commissioni bicamerali di Ciriaco De Mita e Massimo D'Alema, ed attuata dal Governo di Giuliano Amato nel 2001, per ragioni elettoralistiche: erano legate alla volontà di creare, attraverso le Regioni con una pletora di eletti regionali, nuovi centri di potere e di controllo delle risorse pubbliche derivanti dai fondi europei e nazionali.
La nostra Costituzione, varata da spiriti eletti come Aldo Moro, Piero Calamandrei , Giuseppe Dossetti e Palmiro Togliatti, é finita, così, nelle mani di ignoranti e avventurieri, e rischia di subire un colpo mortale con la annunciata riforma federale che accentua la disgregazione derivata dalla riforma del titolo V.
Disse Aldo Moro- è bene ricordarlo- : “La Costituzione contiene nella sua struttura un pericolo abbastanza grave: che individui o gruppi, avversando in tutto o in parte le norme essenzialmente politiche della seconda parte, siano indotti ad avversare tutta la Costituzione in blocco, compresi quei principi di altra natura che vi sono inseriti”, cioè i diritti inviolabili (art 1-12). ( A Moro 1948 ed Cinque Lune).
Il pericolo si profila oggi proprio nei termini in cui lo paventò Moro. Perché la riforma federalista – dei guasti del premierato abbiamo detto più volte- non solo modificherebbe l'organizzazione politica dello Stato, ma violerebbe i principi di solidarietà ( art 2), unità, indivisibilità ( art 5), e l'equilibrio dei poteri - che sono immodificabili.
Il federalismo secondo Ciampi
Carlo Azeglio Ciampi condivide l'idea federalista come fattore di sviluppo, affermando che ogni apparente cessione di sovranità alle regioni si rivela, in realtà, come conquista di una maggiore, più vera e più forte sovranità comune (Padova 19 marzo 2002). Ma ritiene che il federalismo accettabile è solo il federalismo solidale, che non provochi spaccature nel tessuto connettivo della società italiana (Sondrio 1 luglio 2003). Come avverrebbe con le gabbie salariali proposte dalla Lega, con la divisione tra i lavoratori.
Ciampi riconosce che la nascita delle Regioni fu un passo avanti ma anche una delusione perché non diede vita al rinnovamento delle amministrazioni locali. “Con il federalismo dovrà crescere- dice Ciampi- la capacità dei governi locali di lavorare insieme, oltre che con i governi nazionale ed europeo, ponendo attenzione ad evitare costosi doppioni”. Ed invece si è verificata con le Regioni una “proliferazione burocratica, dispendiosa e dannosa per lo sviluppo di ogni regione”. Ed io aggiungo, una crescita della corruzione e del crimine organizzato, che si sono impossessati di gran parte delle risorse destinate alla Regione campana e alle regioni del Sud. Basti ricordare la confessione ai PM di Napoli di Gaetano Vassallo, ex ministro dei rifiuti di Francesco Bidognetti, capo clan della zona dei Mazzoni ( Caserta), Vassallo disse “Per venti anni ho contaminato il suolo, il cibo, le acque e l'aria della Campania, complici, sindaci, politici , boss e contadini, ciascuno interessato ad arricchirsi sulla pelle dei cittadini”. Nell'articolo di Gianluca De Feo ed Emiliano Fittipaldi sull'Espresso si fanno i nomi dei politici di governo, dei funzionari del Commissariato di Governo e dell'agenzia regionale dell'ambiente stipendiati dalla camorra per coprire il traffico di rifiuti tossici provenienti dal nord, si parla della complicità di “uomini delle forze dell'ordine a disposizione”, di “decine di sindaci prezzolati”, gli stessi che scendono in campo contro i termovalorizzatori, di “ funzionari della provincia di Caserta che firmano licenze per siti che sono fuori dei loro territori”. Mentre un fiume inarrestabile di tangenti scorre e alimenta da sempre la corruzione e l'ascesa di politici e amministratori corrotti. A completare il quadro desolante di una terra senza speranza, in mano ad avventurieri e criminali, di un meridione senza prospettive di crescita, è la serie di processi contro amministratori locali e regionali, che restano al loro posto nonostante le accuse di abusi e corruzione. I nomi sono comparsi su tutti i giornali locali e nazionali. Sono loro i principali alleati di Bossi e del federalismo egoista e non solidale che la Lega persegue, con buone ragioni di successo : evitare di far pagare ai cittadini del nord gli sperperi delle Regioni del Sud
Il Senato Federale
Sul piano dei rapporti tra Camera e Senato, preoccupa il progetto di Senato Federale (SF), omologo a quello approvato dal Parlamento con due deliberazioni il 20 ottobre 2005 e subito dopo bocciato dal referendum popolare: Vassalli lo definì una scimmiottatura del bundesrat della Germania. E lo criticò per il predominio del Senato federale sulla Camera, e la vasta competenza che ad esso rimane sui provvedimenti della Camera dei Deputati , la cui rappresentanza è invece nazionale.“Un istituto ibrido, incomprensibile in più punti”: conclude Vassalli.
Al SF in certi campi sarebbero dati poteri di scelta più ampi di quelli della Camera. Oltre il potere di eleggere 4 membri della Corte Costituzionale, mentre alla Camera ne resterebbero solo 3 ( art 135 della Cost), (mentre oggi ne spettano cinque al Parlamento in seduta comune), in tal modo, con l'aumento dei giudici di nomina politica, la Corte Costituzionale non sarebbe il giudice imparziale delle leggi, ma diventerebbe un organo controllato dalla maggioranza al Governo.
Con il SF , al Senato spetterebbe un groviglio di competenze, tra cui un potere di veto sugli stessi principi fondamentali concernenti le materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, (rapporti internazionali, tutela e sicurezza sul lavoro, istruzione, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ecc art. 117 comma 3 Cost), Ciò nonostante l'attribuzione di Camera politica che si darebbe alla sola Camera dei deputati. Un guazzabuglio che porta alla paralisi del Parlamento ed alla disgregazione del Paese.
Impressionante è la farraginosità del sistema escogitato per disciplinare i rapporti tra Camera dei Deputati e Senato federale nella formazione delle leggi. In tale sistema si annida il pericolo di una grave stasi legislativa: una riforma per aumentare i conflitti, mentre compito della democrazia è di evitare i conflitti, di comporli, di sedarli.
Osserva efficacemente Augusto Barbera che il Senato federale indebolisce la funzione nazionale di Governo. “Eletto in un periodo non coincidente con la elezione della Camera politica, e con sistema elettorale diverso, potrebbe avere una composizione politica diversa da quella della Camera e non sarebbe legato ad un rapporto fiduciario con il Governo e non soggetto a scioglimento anticipato. In materie rilevanti come i principi fondamentali il Senato federale sarebbe chiamato a decidere in via definitiva mentre la Camera potrebbe solo proporre emendamenti. In nessun paese a regime federale sono attribuiti alla seconda Camera poteri di condizionamento della funzione di Governo paragonabili a quelli costruiti per il Senato Federale Italiano. Esso dovrebbe occuparsi in via definitiva di “armonizzare i bilanci pubblici e di coordinare la finanza pubblica ed il sistema tributario. L'esperienza ci dice l'impossibilità di distinguere tali materie e l'importanza che esse assumono per la politica dei governi””.
Che fare?
Che fare per arginare questo progetto disgregatore dello Stato? Occorre in primo luogo contrastare il progetto di Senato Federale, anche se su di esso fossero di accordo maggioranza e opposizione.
Occorrerebbe inoltre, dice Giuliano Vassalli, riformare il Titolo V artt 114- 117 della Costituzione , aumentando le competenze esclusive dello Stato , in materia di tutela di salute, sicurezza e scuola che con la riforma del 2001 sono state affidate alla competenza concorrente delle Regioni: la competenza concorrente ha dato luogo ad una serie di conflitti disgregatori. Della stessa idea è il Presidente Giorgio Napolitano che il 25 novembre 2004 , al convegno promosso dagli ex parlamentari a proposito della riforma federale, dopo avere definito “inaccettabile il dilatare in modo abnorme i poteri del primo ministro, secondo uno schema che non trova l'eguale in altri modelli costituzionali europei e lo sfuggire a ogni vincolo di pesi e contrappesi, di equilibri istituzionali e di regole da condividere”, concluse che bisognerebbe rivedere il titolo V riformato che ha definito in alcune parti “orripilante”, come l'art 114.
Egli disse a proposito del senato federale, “non resta che fare appello ai cittadini perché impediscano la promulgazione di una legge di riforma sconvolgente, contraddittoria, produttrice di conflittualità e di paralisi nei rapporti con le istituzioni.”
La degenerazione federalista e la secessione morbida.
Una conferma della incidenza negativa delle Regioni con maggiori poteri sullo sviluppo del Paese viene dal Procuratore Generale della Corte dei Conti che ha denunziato, nel giugno 2009, nella relazione sul rendiconto generale dello Stato per il 2008, che “la corruzione è una tassa immorale e occulta pagata dai cittadini pari a 50-60 miliardi di euro all'anno. Rispetto alla quale è insufficiente l'azione repressiva che si limita a prendere atto di danni già verificati” . “Un fenomeno che ostacola soprattutto nel Sud, gli investimenti esteri”. Nella classifica della corruzione , tra le prime cinque regioni, ce ne sono quattro proprio nel sud : la Sicilia (13% del totale delle denunzie), la Campania (11,46%) , la Puglia ( 9,44 ), la Calabria (8,19) preceduta dalla Lombardia con il 9,39 del totale delle denunce. A tutto questo si aggiunge l'aumento della spesa corrente del 4,5% ( aumenti di stipendi e pensioni ). Questo sperpero delle risorse pubbliche è dovuto anche a scelte errate di corrotti e criminali assurti a cariche pubbliche elettive locali e nazionali.
A ciò si aggiunga la mancata soppressione delle province, enti inutili che costano 10-13 miliardi di euro l'anno, la cui abolizione era nel programma del PDL , del PD e dell'UDC. Ed invece la Lega si è opposta con l'avallo del PDL e del PD, per controllare tutti insieme i miliardi di euro degli enti inutili controllati dalle Province e mantenere il proprio potere con poltrone e prebende.
D'altro canto e' stato vano l'appello di Ciampi a “intensificare il metodo di concertazione e di cooperazione tra autonomie locali, organizzazioni produttive, centri di ricerca e di educazione, associazioni di volontariato. A intensificare un più produttivo uso delle risorse a disposizione”. “ Non ci facciamo illusioni- disse Ciampi- il nuovo modello di governo democratico che sta nascendo in Italia ed in Europa, proprio perché più articolato, si annuncia più complesso. Per realizzare la grande ambizione di diffondere dappertutto in Europa un maggiore generale benessere, una maggiore diffusa giustizia sociale, un più alto livello di democrazia e di partecipazione, il federalismo richiede un più alto livello di cultura politica, un accresciuto impegno civile di amministrati ed amministratori, insomma un nuovo patriottismo, al tempo stesso regionale, nazionale ed europeo. La nuova Italia di ispirazione federalista non potrà non essere una Italia europea” ( Ciampi 19 .9.2001 Potenza)
“ La struttura politica che stiamo creando non ha precedenti nella storia. Comporta una duplice devolution, un trasferimento di compiti e di poteri verso il basso e verso l'alto, cioè verso un nuovo centro di governo comune europeo. In questa struttura democratica a tutti i livelli, ogni apparente cessione di sovranità si rivela , in realtà, quale conquista di una maggiore , più vera e più forte sovranità comune”. ( Padova 19 marzo 2002)
Un ultima considerazione riguarda il federalismo fiscale, che Massimo D'Alema, dopo averlo votato, ha definito sul Corriere della Sera del 29 giugno 2009, un far west; e che dovrebbe dare la possibilità alle Regioni di imporre tasse e imposte a carattere locale in sostituzione a quelle dello Stato centrale.
Il disegno di legge delega sul federalismo fiscale è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri del 3 ottobre 2008. Il disegno di legge contiene una delega per dare attuazione all’articolo 119 della Costituzione, come modificato nel 2001 dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, con cui è stata stabilita l’autonomia di entrata e di spesa di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, con l’attribuzione a tali enti di tributi propri e di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, oltre ad un fondo perequativo statale, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. L'attuazione del federalismo fiscale punta – secondo il relatore ministro Raffaele Fitto- sulla responsabilizzazione dei centri di spesa, la trasparenza dei meccanismi finanziari e il controllo democratico dei cittadini nei confronti degli eletti e dei propri amministratori pubblici nel quadro di un armonico funzionamento del sistema secondo l’articolo 119.
Il nostro timore è che, con il federalismo fiscale, le Regioni saccheggiate da politici e amministratori- secondo la relazione 2009 del Procuratore Generale della Corte dei Conti - da amministratori di centro destra , di centrosinistra e della lega, ( basta fare riferimento alle cinque regioni con il maggior livello di corruzione occulta ) , invitate a pagare gli ingenti debiti contratti per via delle tangenti, faranno pagare ai poveri contribuenti i loro misfatti finanziari. E mi chiedo come sia stato possibile affidare a Raffaele Fitto, già governatore delle Puglie, il compito di partecipare alla elaborazione del disegno di legge sul federalismo fiscale, con un chiaro conflitto di interessi. Né ci tranquillizza il fatto che il ddl sia stato approvato alla unanimità, poiché sappiamo il pactum sceleris che avvince maggioranza e opposizione a livello regionale.
Il nostro timore è che la Lega tenda non ad un federalismo solidale, rispettoso del principio della unità e indivisibilità dell'Italia, ma alla secessione morbida del Nord dal resto dell'Italia pensata e voluta dal prof. Miglio. A questa secessione noi ci opporremo con tutte le nostre forze.
Chi decide di fare politica, deve essere pronto anche a dissentire dalle scelte sbagliate dei propri compagni di partito e dei cittadini ignari.
Ferdinando Imposimato