La libertà di stampa declina e con essa la democrazia
Il Quirinale si è detto stupito e amareggiato per la rottura tra Sky e Rai, per la quale la RAI perderà circa 60 milioni di euro l'anno. L'accordo prevedeva che gli abbonati Sky avessero la visione dei sei canali Raisat. Il fallimento della trattativa ha comportato che dal primo agosto dalla piattaforma sono spariti i sei canali, tra cui RAI 1 RAI 2 e RAI 3 . Ma non solo questa è la conseguenza delle scelte del direttore generale della RAI, ex segretario generale della Presidenza del Consiglio. Il Presidente Napolitano mostra “disappunto”, il che è un po' poco, essendo non solo danneggiato economicamente il servizio pubblico, ma in pericolo la libertà di stampa che è l'essenza stessa della democrazia. In quanto custode a garante della Costituzione, il Presidente della Repubblica non può disinteressarsi di quel servizio pubblico, finora bistrattato da Berlusconi, su cui si imperniano principi fondamentali come il pluralismo e la libertà di informazione, sanciti solennemente dall'art 21 della Costituzione. O interessarsene tardivamente. Il Presidente del Consiglio, dopo essere sopravvissuto politicamente alle nefandezze delle squillo a Palazzo Grazioli e a Villa Certosa, alcune delle quali assurte agli onori del Parlamento per i favori concessi al principe , sta distruggendo, nella disattenzione generale , quel minimo di libertà di informazione che era concentrata in RAI 3. Non può passare sotto silenzio il richiamo minaccioso a RAI 3 del Presidente del Consiglio, secondo cui non può essere consentito ad una tv pubblica, finanziata con i soldi pubblici, di attaccare il governo. E' una pretesa assurda: RAI tre non attacca nessuno; si limita a dare con grande equilibrio notizie precise sui comportamenti disdicevoli del Capo del Governo. E', invece, RAI 1 del servo Minzolini a venire meno al suo diritto-dovere di informare compiutamente la pubblica opinione, pur essendo pagata per questo. Non può essere consentito ad un Presidente del Consiglio di avere il silenzio-omertà sui favori sessuali di una serie di prostitute, favori ottenuti sfruttando la qualifica di Presidente del Consiglio ed usando aerei dello Stato per il loro trasporto. Né può essere permesso che la scelta di alcuni parlamentari avvenga non per meriti personali in qualche campo ma come retribuzione per più o meno eccellenti prestazioni erotiche a favore del Presidente del Consiglio o dei suoi ospiti . Non è politicamente, moralmente e forse anche penalmente indifferente che siano decise candidature-nomine di squillo o mignotte al Parlamento nazionale , ( ma la legge elettorale porcata con liste bloccate fu voluta in funzione della “nomina” delle squillo?) o al Parlamento europeo solo o prevalentemente per meriti erotici. E che questo attacco alla dignità delle istituzioni repubblicane sia denunziato dalla moglie del Presidente del Consiglio, che si è servito della TV pubblica per fare la propria difesa imperniata su una serie di bugie spudorate, tutte venute alla luce del sole. Mi chiedo sommessamente: se un Sindaco offre la poltrona di assessore o di consulente ad una prostituta per i favori concessi a letto, viene incriminato per abuso in atti di ufficio o per corruzione per atto di ufficio ? Non c'è dubbio! E se un magistrato, che ottiene i favori di una prostituta in cambio di una decisione favorevole, viene non solo incriminato per corruzione e cacciato dalla magistratura, perché per il presidente del Consiglio , analogo comportamento diventa titolo di merito, ed anzi accresce la sua arroganza, al punto che egli si permette di distruggere la TV pubblica per impedire che parli delle nefandezze commesse? E la Unione Europea che fa di fronte a queste violazioni dei diritti inviolabili dell'uomo e delle libertà fondamentali? E il paese perché si disinteressa di queste nefandezze? Giovanni Valentini su Repubblica riconosce che un intervento più tempestivo del Colle sarebbe valso forse ad impedire i provvedimenti liberticidi attuati in RAI, che erano ampiamente previsti. Oggi serve a poco mostrare delusione. Oggi occorre che gli italiani consapevoli scendano in piazza , sostenendo la iniziativa di Dario Franceschini, segretario del PD- relegata in un trafiletto in 11° pagina del Corriere-, che a settembre ha promosso una mobilitazione in difesa della libertà di stampa, presidio della democrazia.
Non solo si sta verificando una grave limitazione alla libertà di stampa, ma anche un danno grave allo Stato : il prossimo bilancio RAI si impoverirà di una cospicua entrata finanziaria. Sicché un intervento della Corte dei Conti – che si è inutilmente tentato di trasformare in organo di Governo- contro il direttore generale della RAI e i singoli consiglieri di amministrazione, che hanno dato il loro voto favorevole, sarebbe doveroso. La RAI , oltre a perdere l'audience , e quindi la pubblicità raccolta attraverso la Pay TV, dovrà sostenere una quota dell'onere della nuova piattaforma TV di Tivusat. E tutto questo per fare un favore a Mediaset nella sfida della concorrenza con Sky, come ha riconosciuto- tardivamente - il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza Sergio Zavoli. Del resto inesistente era stata la risposta di Zavoli , durante tre legislature, rispetto al problema del conflitto di interessi; é troppo comodo limitarsi, come fa Zavoli, ad esortare Mauro Masi, direttore generale della RAI, a riprendere la trattativa RAI-SKY poiché ciò sarebbe conforme “all'interesse nazionale”. E ad affermare che “riportare i canali RAI e Raisat su Sky gioverebbe a criteri di utilità imprenditoriale e industriale, considerando che i canali RAISAT non sono più ricevibili altrove” . Questi appelli non servono a nulla, sono ipocriti! Ben altro, che una questione economica, è il danno al Paese da ciò che sta accadendo nella ignoranza generale. Zavoli finge di reagire ad una situazione che era prevedibile , essendo diretta conseguenza della mancata soluzione del conflitto di interessi, del quale l'ineffabile Zavoli , amico di Gianni Letta , non si è mai curato. Ma lo scempio delle TV pubbliche, iniziato con la nomina di Augusto Minzolini al vertice di RAI 1, è proseguito con le nomine di Bruno Socillo alla Direzione Radio, di Antonio Preziosi al posto di Antonio Caprarica, al GR e a Radio 1, di Flavio Mucciante a radio 2 , di Marino Sinibaldi a radio 3, tutti uomini fidati del despota della informazione pubblica e privata.
Dissente Paolo Garimberti, Presidente della RAI, che critica le nomine, ma, come Sergio Zavoli, resta attaccato alla poltrona , senza un minimo di dignità. Nel frattempo la RAI perde share e introiti pubblicitari calcolati nell'ordine di 150 milioni di euro. Intanto Mediaset agisce per fagocitare la tv pubblica su audience e raccolta pubblicitaria. Se nella primavera del 2006 il distacco era di 3,9% di share a favore di Mediaset, ora quel divario è aumentato del 7%, dati presentati da Mediaset agli analisti finanziari. La libertà di informazione esiste solo se vi é pluralismo della informazione; se invece vi è concentrazione degli organi di informazione nelle mani di pochi gruppi o persone, o addirittura di una sola persona, che non sono è editore puro ma affarista, la libertà di stampa é apparente.
Albert Einstein, dall'America profetizzò 65 anni fa lo scenario odierno, dicendo: “ Le moderne democrazie , che mascherano regimi tirannici, utilizzano i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di disinformazione e di stravolgimento delle coscienze degli uomini”. “Nelle condizioni attuali, i capitalisti privati controllano inevitabilmente in modo diretto o indiretto , le principali fonti di informazioni ( stampa radio)” ( all'epoca non c'era la TV nda). “Per cui é estremamente difficile, e nella maggior parte dei casi impossibile, che il singolo cittadino possa arrivare a conclusioni oggettive e avvalersi in modo intelligente dei propri diritti politici”. La stessa analisi può valere per l'Italia ove esiste un pensiero unico dominante nella informazione monopolizzata da cinque testate TV che brillano per la falsificazione delle notizie e i loro silenzi su questioni cruciali, come quelle che riguardano le condotte scellerate del Presidente del Consiglio.
Abbiamo il dovere di ripetere che il declino della informazione risale a precise responsabilità di Massimo D'Alema. L'inizio della fine del pluralismo risale al 1994, con l'elezione al parlamento italiano di Silvio Berlusconi. Fu la furbizia gravemente censurabile di Massimo D'Alema a compiere il primo di una serie di errori, che hanno portato il paese sull'orlo del baratro oltre il quale sta la fine della nostra democrazia. La furbizia consistette nel volere ignorare, a dispetto dei richiami di talune delle coscienze più sensibili- come Paolo Sylos Labini, Giorgio Bocca e Vito Laterza- l'esistenza di un decreto presidenziale 30 marzo 1957 n 361 che all'articolo 10 contempla esattamente il caso Berlusconi: “Non sono eleggibili coloro che, in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica...”. Quando Berlusconi fu eletto, la giunta delle elezioni , dovendo decidere sulla sua eleggibilità , concluse, errando , per la eleggibilità di Berlusconi, in base ad un'assurda interpretazione della legge.
Giovanni Sartori ammonì: “ io mi rifiuto di giocare a scacchi contro qualcuno che ha due regine perché così lui vince sempre ed io perdo sempre”. E ciò é vero: si tratta di un non risolto problema di fondo della nostra democrazia, perché democrazia vuol dire competizione alla pari tra i partecipanti alla contesa elettorale, come stabilisce l'articolo 51 della Costituzione. E se questa regola cardine non é rispettata, questa é una minaccia per la nostra democrazia.
Questa “furbizia” suicida fu il risultato di una serie di accordi basati sul compromesso illusorio della Bicamerale. L'allora Presidente del Consiglio Massimo D'Alema, bisognoso del sostegno parlamentare anche dell'opposizione, disse che Mediaset non si toccava perché era un patrimonio nazionale. Ma il problema non era toccare Mediaset, ma applicare la legge. Mediaset sarebbe sopravvissuta, ma il suo proprietario non era eleggibile. Ed il governo di centro sinistra si pronunciò per l'eleggibilità di Berlusconi solo per una cieca ambizione di D'Alema che si illuse di avere i voti di Berlusconi per stravolgere la Costituzione. Luciano Violante avrebbe poi spiegato che c'era stato un vero e proprio impegno formale occulto di Massimo D'Alema a non toccare le TV di Mediaset. E questo ha segnato per sempre il futuro della nostra democrazia in senso negativo con la rassegnazione di tutti, tranne che di Paolo Sylos Labini, che nel frattempo é morto. Oggi dobbiamo sperare che il congresso del PD porti una ventata di rinnovamento e di trasparenza. Che non può essere D'Alema , lo stesso che aprì la strada alla riforma del Titolo V . Che ha portato come conseguenza “legittima” “Le Ronde”, il “dialetto padano” nella scuola, le gabbie salariali , la scuola per gli immigrati separata da quella dei cittadini. Una serie di disastri che gli italiani debbono conoscere. Oggi D'Alema sta condizionando il congresso del PD anche con il sostegno a personaggi discussi e discutibili. Un suo successo, sia pure per interposta persona, sarebbe esiziale per la democrazia.
Ferdinando Imposimato
10 Agosto 2009