[16/12/2013] di Ferdinando Imposimato
L'asprezza dei toni  nel dibattito  sulla legge elettorale ha assunto 
proporzioni  troppo  violente e non fruttuose all'interesse della  
democrazia . L'obiettivo è di avere una  sistema elettorale  che 
consenta l'alternanza .  A costo di essere ripetitivo e di prendermi gli
 improperi dei  contendenti , insisto sulla necessità del sistema maggioritario a  doppio turno.
 La legge elettorale è pregiudiziale  a qualunque  riforma. Una cattiva 
legge elettorale può fare saltare  un intero sistema istituzionale. Una 
legge proporzionale pura , quale quella residuata dalla  sentenza della Corte Costituzionale , porterebbe alla frammentazione;
 nessun partito sarebbe in grado di governare senza allearsi con altri 
partiti e partitini.  Le Larghe intese sarebbero inevitabili . Avremmo 
larghe intese per sempre. Stando al sondaggio Demopolis,  le elezioni  
danno il PD al 30% , il M5S al 22,5  % , FI al 21% . Il rimanente  25 
per cento dei voti  andrebbe ad altri  6 partiti. E dunque ci sarebbe 
impossibilità non solo di governare ma anche di fare una decente legge 
elettorale. I piccoli partiti   imporrebbero la legge proporzionale 
pura  per entrare tutti in Parlamento.  Il Senatore  Mario Giarrusso, 
persona che stimo per il suo equilibrio e la sua integrità,  dice che il
 M5S voterebbe il Mattarellum, ma il Mattarellum nella 
versione Giachetti,  anche con un premio di maggioranza , non credo 
consentirebbe l'alternanza tra maggioranza e opposizione . Ed allora 
bisogna pensare a un sistema maggioritario a doppio turno, eliminando i 
partitini . In ogni caso sarebbe opportuno un dialogo costruttivo, senza insulti. La politica è l'arte della mediazione  e del possibile .    Vorrei ricordare ciò che diceva Moro   “Credo che  il metodo democratico  e le divergenze di idee, se onestamente professate
 ,  siano  un mezzo insostituibile per la ricerca di una  verità  che 
possa essere , attraverso il vaglio della discussione , comunemente 
accettata  e socialmente feconda . Riteniamo tuttavia che il senso di responsabilità
 che deve caratterizzare un cittadino democratico , e più i partiti  
organizzati,  ponga al dibattito dei limiti i quali corrispondono alla 
necessità  di non rendere il dissenso cattivo e controperante” ( Moro 
1946).  “Il primo limite è di non esasperare il dissenso per partito 
preso, di non fare della polemica per il gusto di polemizzare. Per 
esistere con perfetta autonomia , non è necessario  essere sempre e 
radicalmente diversi dagli altri, chè anzi la fondamentale e 
insopprimibile identità di vedute permette , al di là dei dissensi, una 
comunità umana. I dissensi sono spesso più visibili degli accordi come 
il male è più vistose del bene. Ciò non toglie che la vita non sarebbe 
possibile se i consensi non fossero superiori ai dissensi”. 
 
